20 ICASTICHE LOCUZIONI.28.3.21
1. PISCIÀ ACQUA SANTA P''O VELLICULO.
Letteralmente: orinare acqua santa
dall'ombelico. La locuzione, usata sarcasticamente nei confronti di coloro
che godano immeritata fama di santità significa, appunto, che coloro cui è
diretta sono da ritenersi tutt'altro che santi o miracolosi, come invece lo
sarebbero quelli che riuscissero a mingere da un orifizio inesistente,
addirittura dell'acqua santa.
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2. Ê TIEMPE 'E PAPPAGONE
Letteralmente: Ai tempi di PAPPAGONE Id est:
in un tempo lontanissimo. Cosí vengono commentate cose di cui si parli che
risultano risalenti a tempi lontanissimi, quasi mitici. Il PAPPAGONE della
locuzione non è la famosa maschera creata dal compianto attore napoletano
Peppino De Filippo; ma è la corruzione del cognome PAPPACODA antichissima e
nobile famiglia partenopea che à lasciato meravigliosi retaggi architettonici
risalenti al 1400, in
varie strade napoletane.
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3. ARRETÍRATE, PIRETO!
Letteralmente: Ritirati, peto! Imperiosa ed
ingiuriosa invettiva rivolta verso chi, per essere andato fuori dei limiti
consentiti, si cerchi di ridimensionare esortandolo, anzi imponendogli di
rientrare nei ranghi, anche se non si capisce come un peto, partito dalla sua
sede vi possa rientrare a comando...
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4. A 'NU PARMO D''O CULO MIO, FOTTE CHI PO’.
Letteralmente: ad un palmo dal mio sedere, si
diverta chi puó. Id est: fate pure i vostri comodi, purchè li facciate
lontano dal mio spazio vitale, non mi coinvolgiate e soprattutto non mi
arrechiate danno!
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5. DICETTE 'O MIEDECO 'E NOLA: CHESTA È 'A RICETTA E CA DDIO
T''A MANNA BBONA...
Letteralmente: Disse il medico di Nola:
Questa è la ricetta e che Dio te la mandi buona. La locuzione viene usata
quando si voglia sottolineare che, dinnanzi ad un problema, si sia fatto
tutto quanto sia nelle proprie possibilità personali e che occorra ormai
confidare solo in Dio dal quale si attendono gli sperati risultati positivi.
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6. FÀ 'NU QUATTO 'E MAGGIO.
Letteralmente: fare un quattro di maggio. Id
est: sloggiare, cambiar casa, trasferirsi altrove. Da intendersi anche in
senso figurato di allontanarsi, o recedere dalle proprie posizioni. Nel
lontanissimo 1611 il vicerè Pedro de Castro, conte di Lemos, nell'intento di
porre un po' di ordine nel caos dei quasi quotidiani traslochi che si
operavano nella città di Napoli, fissò appunto al 4 di maggio la data fissa
soltanto nella quale si potevano operare i cambiamenti di casa. Il giorno 4,
da allora divenne la data nella quale gli inquilini erano soliti conferire
mensilmente gli affitti ai proprietarii di immobili concessi in fitto.
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7. S'À DDA ÒGNERE L'ASSO.
Letteralmente: occorre ungere l'asse. Id est:
se si vuole che la faccenda si metta in moto e prosegua, bisogna, anche obtorto collo, sottostare
alla ineludibile necessità di ungere l'ingranaggio: inveterata necessità che
viene di lontano quando i birocciai solevano spalmare con grasso animale gli
assi che sostenevano gli elementi rotanti dei loro calessi, affinché piú
facilmente si potesse procedere con meno sforzo delle bestie deputate allo
scopo. Il traslato in termini di "mazzette" da distribuire è ovvio
e non necessita d'altri chiarimenti.
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8. PARÉ 'NU PIRETO ANNASPRATO.
Letteralmente: sembrare un peto inzuccherato.
Lo si dice salacemente di chi si dia troppe arie, atteggiandosi a superuomo,
pur non essendo in possesso di nessuna dote fisica o morale atta all'uopo.
Simili individui vengono ipso facto paragonati ad un peto che, non si sa
come, sia inzuccherato, ma che per quanto coperto di glassa dolce resta
sempre un maleodorante, vacuo flatus ventris.
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9. L'ACCÍOMO Ê BBANCHE NUOVE.
Letteralmente: l' Ecce homo ai Banchi nuovi.
Cosí oggi i napoletani sogliono indicare quei giovani, che - per essere alla
moda - non si radono, mantenendo ispidi ed incolti quei pochi peli che
dovrebbero costituire l'onor del mento, e per apparire in linea con i dettami
della moda si mostrano smagriti e pallidi. La locuzione rammenta una scultura
lignea sita in un'edicola posta ai Banchi Nuovi - quartiere napoletano
sviluppatosi a ridosso della Posta Vecchia e Santa Chiara - scultura
rappresentante il CRISTO reduce dai tribunali di Anna e Caifa, ed appare il
Cristo, dopo le percosse e gli sputi subiti dai saldati romani, sofferente,
smagrito, con la barba ispida, lo sguardo allucinato, proprio come i giovani
cui la locuzione si attaglia.
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10. CHI TÈNE CUMMEDITÀ E NUN SE NE SERVE, NUN TROVA 'O PREVETE
CA LL'ASSOLVE.
Letteralmente: Chi à comodità e non se ne
serve, non trova un prete che l'assolva. Id est: chi à avuto, per sorte o
meriti, delle comodità deve servirsene, in caso contrario commetterebbe non
solo una sciocchezza autolesiva, ma pure un peccato cosí grave per la cui
assoluzione non sarebbe bastevole un semplice prete, ma bisognerebbe far
ricorso al penitenziere maggiore.
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11. QUANNO NUN SITE SCARPARE, PECCHÉ RUMPITE 'O CACCHIO Ê
SEMMENZELLE?
Letteralmente: poiché non siete ciabattino,
perché infastidite le semenze? La locuzione barocca, anzi rococò viene usata
quando si voglia distogliere qualcuno dall'interessarsi di faccende che non
gli competono non essendo supportate, né dal suo mestiere, né dalle sue
capacità intellettive o morali. Le semenze sono i piccolissimi chiodini con
cui i ciabattini sogliono sistemare la tomaia sulla forma di legno per
procedere alla fattura di una scarpa.
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12. 'A RIGGINA AVETTE BISOGNO D''A VICINA.
Letteralmente: la regina dovette ricorrere
alla vicina. Iperbolica locuzione con la quale si sottolinea che nessuno è
bastevole a se stesso: persino la regina ebbe bisogno della propria vicina,
figurarsi tutti gli altri esseri umani: siamo una società dove nessun uomo è
un'isola.
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13. SENZA ‘E FESSE NUN CAMPANO 'E DERITTE.
Letteralmente: senza gli sciocchi non vivono
i furbi; id est: in tanto prosperano i furbi in quanto vi sono gli sciocchi
che consentano loro di prosperare.
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14. 'O PURPO S'À DDA COCERE CU LL'ACQUA SOJA.
Letteralmente: il polpo si deve cuocere con
l'acqua propria.Id est: bisogna che si convinca da se medesimo, senza
interventi esterni. La locuzione fa riferimento a tutte quelle persone che
recedono da certe posizioni solo se si autoconvincono; con costoro è inutile
ogni opera di convincimento, bisogna armarsi di pazienza ed attendere che si
autoconvincano, come un polpo che per cuocersi non necessita di aggiunta
d'acqua, ma sfrutta quella di cui è composto.
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15. DÀ 'NCOPP' Ê RECCHIE.
Letteralmente: dare sulle orecchie. La
locuzione consiglia il modo di comportarsi nei confronti dei boriosi, dei
supponenti, dei saccenti adusi ad andare in giro tronfi e pettoruti a testa
elevata quasi fossero i signori del mondo. Nei loro confronti bisogna usare
una sana violenza colpendoli, sia pure metaforicamente, sulle orecchie per
fargliele abbassare.
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16. N' AGGIO SCAURATO STRUNZE, MA TU ME JESCE CU 'E PIEDE 'A
FORA...
Letteralmente: ne ò bolliti di stronzi, ma tu (sei cosí
grosso)che non entri per intero nella ipotetica pentola destinata all'uso della bollitura.
Iperbolica e barocca locuzione-offesa usata nei confronti di chi si dimostri
per pensiero e/o azione, cosí
esageratamente pezzo di merda da eccedere
i limiti della ipotetica pentola in cui dovrebbe esser bollito.
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17. TANTE GALLE A CCANTÀ NUN SCHIARA MAJE JUORNO.
Letteralmente: tanti galli a cantare non
spunta mai il giorno. Id est: quando si è in tanti ad esprimere un parere
intorno ad un argomento, a proporre una soluzione ad un problema, non si
addiviene a nulla di concreto... Perché dunque farsi meraviglia se il
parlamento italiano composto da un numero esorbitante di deputati e senatori
non riesce mai a legiferare rapidamente e saggiamente? Parlano in tanti... come si vuole che giungano ad una
conclusione pratica
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18. SÍ, SÍ QUANNO CURRE E 'MPIZZE...
Letteralmente: sí quando corri ed infili! La
locuzione significa che si sta ponendo speranza in qualcosa che molto
difficilmente si potrà avverare, per cui è da intendersi in senso ironico,
volendo dire: quel che tu ti auguri avvenga, non potrà avvenire, nè avverrà. La locuzione fa riferimento ad
un'antica gara che si svolgeva sulle piazze dei paesi meridionali. Si
infiggeva nell'acciottolato della piazza del paese un'alta pertica con un
anello metallico posto in punta ad essa pertica, libero di dondolare al
vento. I gareggianti dovevano, correndo a cavallo, far passare nell'anello la
punta di una lancia, cosa difficilissima da farsi.
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19. MADONNA MIA, MANTIENE LL'ACQUA!
Letteralmente: Madonna mia reggi l'acqua. Id
est: fa’ che la situazione non peggiori o non degeneri. L'invocazione viene
usata quando ci si trovi davanti ad una situazione di contesa il cui esito si
prospetti prossimo a degenerare per evidente cattiva volontà di uno o piú dei
contendenti.
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20. OMMO 'E CIAPPA.
Letteralmente: uomo di bottone e, per
traslato, uomo importante, di vaglia. La locuzione à origini antichissime
addirittura seicentesche allorché a Napoli esistette una consorteria
particolare, la cd repubblica dei togati che riuniva un po' tutta la classe
dirigente della città. Le ciappe (dal latino=capula) erano i grossi bottoni
d'argento cesellato che formavano l'abbottonatura della toga simbolo,
appunto, di detta consorteria.
Brak
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