BABÀ NAPOLETANO
per la pasta
500 g farina americana
(manitoba),
• 50 g zucchero,
• 1
etto di strutto, oppure150 g
burro ammorbidito a temperatura ambiente,
150
gr. di uva sultanina ammollata in acqua calda zuccherata,
• sale fino – un cucchiaino da caffè,
8 uova,
2 panetti di lievito di birra.
per bagnare
2 l acqua
600 g zucchero
1 buccia intera di limone non trattato,
rum q.s.
Procedimento
Mettere nella ciotola girevole dell’ impastatrice la farina, lo zucchero, il burro a pezzettini o lo strutto, il sale ed il lievito sbriciolato. Avviare le fruste e miscelare il tutto. Aggiungere le uova ad uno ad uno ( e solo quando il precedente sia stato assorbito)ed alla fine unire i 150 gr. di uva sultanina ammollata in acqua calda zuccherata, e portare al termine l’impasto; la pasta dovrà risultare elastica e rimanere attaccata alle fruste. Per ottenere ciò è importante la quantità di uova: evitare di sceglierle troppo grandi; se lo fossero mettere le prime sette, sempre uno alla volta, ed eventualmente aggiungerne solo metà dell’ultimo. Impastare con le fruste fino a che la pasta non salga sulle fruste sino a ricoprirne quasi le astine e non risulti gommosa. Per verificarlo prendere un pizzichino di pasta tra l'indice e il pollice ed allargare le dita: se risulta elastica e quasi gommosa è pronta. Far crescere la pasta nella ciotola stessa sino a che non raggiunga il bordo. Trasferire in un unico stampo con buco centrale imburrato (o in piú stampi piccoli a tronco di cono) e far crescere di nuovo fino a raggiungere i bordi. Infornare in forno caldo a 180°C per circa 20 minuti. Preparare il bagno: Scaldare l'acqua, lo zucchero, la buccia di limone ed il rum (la quantità dipenderà dai gusti) fino a far sciogliere lo zucchero. Eliminare la buccia del limone. Mettere il babà su una grata (va bene quella del forno) e poggiarla su una teglia o un recipiente abbastanza grande. Praticare dei fori con uno stuzzicadenti sulla superfice superiore del babà (quella piú lucida) e cominciare a bagnare usando un mestolo. Girare il babà e continuare a bagnare piú volte. Quando il bagno termina recuperarlo dalla teglia su cui poggia la grata (serve a questo), eventualmente riscaldarlo nuovamente e continuare a bagnare il babà. Lasciare poi gocciolare il babà sulla grata per qualche ora. Servire le fette di babà aggiungendo ancora altro liquido (che sarà stato messo a parte) se necessario o gradito.Qualora si siano usati piccoli stampi i babà risultanti potranno esser bagnati immergendoli rapidamente per intero nel bagno e recuperandoli con una schiumarola.
nota
il babà, come è universalmente conosciuto, è un dolce soffice e cedevole principe (accanto a sfogliatella e pastiera) della cucina/pasticceria partenopea.
Esso dolce pur essendo originario della Polonia pervenne a Napoli (divenendo uno dei dolci piú graditi della pasticceria partenopea) attraverso i cuochi francesi (i famosissimi monzú) chiamati a Napoli dalla regina Maria Carolina d’Asburgo (Vienna 1752 -† ivi 1814) (sorella della notissima Maria Antonietta, quella che finí i suoi giorni ghigliottinata con il consorte Luigi XVI al tempo (1793 - rispettivamente 21/1 il re e 16/10 la regina) della rivoluzione francese in occasione delle proprie nozze ( 7 aprile 1768) con Ferdinando IV Borbone – Napoli. Il dolce deve il suo nome alla morbidezza e cedevolezza dell’impasto atto alla malferma dentatura delle persone anziane;baba in lingua polacca vale:nonna,donna vecchia; quando poi il baba polacco, al sèguito del re Stanislao Leszczinski, ((Leopoli 1677 - †Lunéville 1766) che qualcuno vuole ne sia stato casualmente l’inventore)re di Polonia dal 1704 al 1735, giunse in Francia dapprima a Luneville e di lí a Parigi alla pasticceria Sthorer, dove tutti lo conobbero ed apprezzarono, esso vide il suo nome pronunciato alla francese con la a finale accentata babà e tale fu a Napoli (che anzi ne raddoppiò espressivamente la seconda esplosiva labiale e babà diventò babbà e preceduto dall’articolo addirittura ‘o bbabbà); a Napoli, come ò detto, prese stabile dimora per il tramite dei monzú francesi (cuochi di corte); ed anzi fu dolce tanto amato ed apprezzato da pervenire in talune locuzioni napoletane; Cito,ad es. : Sî ‘nu bbabbà! (Sei un babà) detto di persona (uomo) d’indole buona e mansueta fino alla prona accondiscenza, mentre riferito ad una donna Sî ‘nu bbabbà vale Sei tanto bella e buona (che meriteresti d’esser mangiata, come un babà!).
Esiste poi una espressione partenopea che pur nella sua ruvidezza è icastica e divertentissima; essa recita:
“Aje voglia ‘e mettere rumma: ‘nu strunzo nun addiventa maje bbabbà!” che tradotto è:
“Puoi irrorarlo con quanto rhum tu voglia, uno stronzo non diverrà mai un babà!”
Id est: Per quanto tu tenti di edulcorarlo, uno stronzo non potrà mai diventare un dolce saporito come un babà; alla stessa stregua: per quanto lo si cerchi di migliorare uno sciocco non potrà mai cambiare in meglio la propria natura.
Il babà può essere indifferentemente accompagnato da liquori dolci (rosolî) o secchi (cognac e/o brandy)
Mangia Napoli: bbona salute e scialàteve!
Raffaele Bracale
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