IL ROTACISMO NELL’IDIOMA NAPOLETANO.
Con questa pagina mi auguro di fare, demum, un po’ di luce e
di chiarezza su di una faccenda che non
trova concordi né gli addetti ai lavori, nè gli appassionati ognuno dei quali
si regola ad libitum, ma senza suffragare
mai con ragioni acclarate o acclarabili le proprie soluzioni. Mi corre
l’obbligo di rammentare in premessa che l’idioma napoletano si legge cosí come
si scrive fatta eccezione per le pretoniche e postoniche, che son di timbro
evanescente e per le sillabe finali delle parole che, se non
accentate, son pure loro tutte di timbro
evanescente, cosa che consente [in poesia] far rimare acconciamente ad es. voci
terminanti in –ATO con voci terminanti in –ATA e cosí via voci terminanti in
-UTO/ETO/ ITO/OTO con voci terminanti in –UTA/ETA/ITA/OTA. Tanto premesso dico
súbito che non v’à ragione,come invece accade, soprattutto nella città bassa e talora anche tra gli addetti ai lavori o gli
appassionati di leggere R la consonante
D di parole che sono scritte con détta
consonante D; voglio dire che se si trova scritto ad es. Madonna non v’à
ragione di leggere o addirittura cantare Maronna. E ciò valga anche ad es. per pède da non leggere père o anche tridice da non leggere tririce
e cosí via. Preciso cioè che se un autore intende far leggere Maronna o
père,broro, tririce etc. deve scrivere Maronna o père,broro, tririce etc.e non
Madonna o pède,brodo, tridice etc. che se vergati con la dentale (D) vanno
lètti con la dentale. Ricordo che tale opportunità di alternare la dentale
etimologica di una parola con una liquida (R) è un fenomeno linguistico che prende
il nome di rotacismo, fenomeno che nell’idioma napoletano à un’origine
osca/mediterranea. E qui penso di poter far punto convinto
d’avere esaurito l’argomento.
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