LA PREPOSIZIONE DA E LE
SUE VOCI OMOFONE NEL NAPOLETANO
Questa volta sono
state alcune care
amiche/lettrici di cui i consueti problemi di riservatezza mi
costringono ad indicare solo le iniziali di nome e cognome: B.G., C.A.,L.T. e
D.R. a chiedermi di suggerir loro quale sia – a mio parere –
il modo piú esatto di render graficamente nel napoletano la preposizione da
e le sue voci omofone. Premesso che tra
gli addetti ai lavori e tra gli appassionati non vi sono identità di vedute
cercherò di difendere il mio modo di veder la faccenda, illustrando il piú
compiutamente possibile le voci che ci occupano e che sono:
da/’a (preposizione semplice), dâ(preposizione
articolata dalla), dà(voce
verbale 3ª pers. sg. dell’ind. pr. dell’infinito dare) dá (voce verbale infinito
apocopato di dare), da’
(voce verbale 2ª pers. sg. imperativo dell’infinito dare). Esaminiamo le singole voci:
DA/’A prep.
semplice [si unisce agli art. determ. ‘o =il,lo,’a
=la, ‘e =i, gli, le formando le prep. articolate dal,
dallo, dalla, dai, dagli, dalle per le quali propongo e caldeggio la grafia
agglutinata dô, dâ,dê piuttosto
che le usuali d’ ‘o,d’’a, d’ ‘e
che possono confondersi con le omofone
d’ ‘o = del,d’’a=
della d’ ‘e =delle ;in
molti casi si usa nella forma aferizzata ‘a che in ogni caso non à soppiantato del tutto
la morfologia originaria da]
1 introduce un moto da luogo (anche in senso fig.): ‘o treno è ppartuto ‘a Roma, s’è trasferuto da ll’America a ll’Airopa; è asciuta dô magazzino; è stato prumossa dâ siconna â terza classe; cuntà da uno a ddiece [il treno è partito da Roma; trasferirsi dall'America all’ Europa; è uscita dal negozio; è stata promossa dalla seconda alla terza classe; contare da uno a dieci;] 2 esprime allontanamento: staccà ‘o lietto dâ porta;ô prossimo viculo ascimmo dô corso [staccare il letto dalla porta; al prossimo vicolo usciremo dal Corso] | separazione, distacco: ‘e muntagne ce spartono dô mare; campavano luntane ll’uno ‘a ll’ato [le montagne ci dividono dal mare; vivevano lontani uno dall'altro]; | origine o provenienza: santa Caterina da Siena; pruvene’a ‘na famiglia nobbele [discende da una famiglia illustre]; sapettemo ‘a nutizzia da ‘e ggiurnale [apprendemmo la notizia dai giornali] | distanza: da lla a Milano so’ sule vinte chilometre [da lí a Milano sono solo 20 km]; | in dipendenza da taluni verbi, in correlazione con a, indica quantità approssimativa: pesa dê quaranta ê cinquanta chile; tène da ‘e trenta a trentacinch’anne [peserà dai quaranta ai cinquanta chili; avrà da trenta a trentacinque anni] ' dopo verbi che indicano 'difesa, protezione': guardarse da ‘e nemice; arreparase dô friddo [guardarsi dai nemici; proteggersi dal freddo] 3 con il verbo al passivo introduce l'agente o la causa efficiente:chello ca facette fuje disprezzato ‘a tutte quante; ‘a porta fuje sbattuta dô viento [ciò che fece fu disprezzato da tutti; la porta fu sbattuta dal vento | con valore di semplice causa:tremmà dô friddo [tremare dal freddo]; 4 con significato temporale, indica il momento o l'epoca, l'età in cui à avuto inizio un'azione o una situazione si è determinata: campammo cca da paricchi anne; è dda Natale ca nun aggio cchiú nutizzie soje; ll’aspetto ‘a n’ora; da quanno è ppartuto è ppassato assaje tiempo. [viviamo qui da diversi anni; è da Natale che non ò piú sue notizie; l'aspetto da un'ora; è passato molto tempo da quando è partito] 5 nella morfologia a dd’ ‘o/a dd’ ‘a/ a dd’ ‘e unita a nomi propri di persona, a pronomi che si riferiscono a persona, a nomi che indicano mestiere, professione, condizione, grado, relazione di parentela, di amicizia, di lavoro e sim., introduce uno stato in luogo, per lo piú con il valore di 'presso': fermarse a ddurmí a dd’ ‘o zio; ‘ncuntrarse a dd’ ‘o nutaro[fermarsi a dormire dallo zio; incontrarsi dal notaio; | in nomi di ristoranti, bar o altri esercizi commerciali: Tratturia a dd’ ‘a Berzagliera [Trattoria dalla Bersagliera];
6 seguita dagli stessi elementi lessicali indicati al
punto precedente e in dipendenza da verbi di movimento, esprime moto a luogo: vaco
a dd’ ‘o miereco; arrive a dd’ ‘a figlia
‘nserata; saglio n’attimo a dd’ ‘o nonno [vado dal medico; arriverà dalla figlia in serata; salirò un attimo dal
nonno]
7 in dipendenza da verbi che esprimono transito, passaggio, stabilisce
un moto per luogo, talvolta sottintendendo un attraversamento con sosta: passà
dâ fenesta, dô curtiglio; ô ritorno passajemo a dd’ ‘a zia[passare dalla finestra,
dal cortile; al ritorno passammo dalla zia];
8 con valore variamente modale: aggí ‘a disgrazziato; vivere ‘a
rre;cumpurtarse da amico;[agire da lestofante; vivere da
re; comportarsi da amico]; apparentemente modale, in realtà in
funzione rafforzativa:faccio da sulo; pigliatello ‘a ppe tte; [faccio
da solo; prenditelo da te];
| con sfumatura di limitazione: cecato ‘a n’uocchio, zuoppo ‘a ‘nu pede[cieco
da un occhio; zoppo da un piede]
9 esprime una qualità, una caratteristica:’na guagliona dâ faccia
allera; n’ommo dâ capa fresca [una ragazza dal volto ilare; un uomo
dall’indole spensierata] | una stima, un prezzo, una misura: ‘na
pazziella da pochi llire; ‘na lampadina da ciento cannele [un giocattolo da pochi soldi;
una lampadina da cento candele]
10 con valore di mezzo: fuje ricunusciuto dê passe; dô culore se capisce ca è perduto.[fu
riconosciuto dai passi; dal colore si capisce che è marcio]
11 in talune locuzioni à funzione attributiva(anche se piú spesso le si
preferisce la preposizione de/’e): carta
da bbollo [carta da bollo]; festa ‘e ballo;stanza ‘e pranzo [ festa
da ballo; stanza da pranzo]
12 in funzione predicativa: ll’âmmu trattato da amice [li abbiamo trattati da amici] |
appositiva: Ciccio da ggiuvinotto campava a Milano [Francesco da giovane viveva a Milano]
13 seguita da un verbo all'infinito à valore consecutivo o finale: era
accussí stracquo da nun capí cchiú nniente;damme ‘nu libbro ‘a leggere;ce sta
niente ‘a vevere?[era tanto stanco da non capire più nulla; dammi un libro
da leggere; c'è nulla da bere?] | a malgrado sia oggi accettato, aborro e sconsiglio l'uso di da seguito da infinito in
locuzioni nelle quali in realtà il termine da cui la preposizione dipende non è
l'oggetto dell'azione espressa dal verbo: machina ‘a scrivere, ‘a cósere[macchina da scrivere, da cucire], in luogo del
corretto ed esatto pe scrivere, pe cósere [per scrivere, per cucire]
| seguita da infinito presente, con valore di 'dovere, necessità': ‘na cosa ‘a
farse a fforza[una cosa da fare necessariamente];| in frasi negative o
indefinite, con funzione non dissimile dal caso precedente: nun ce sta niente
‘a dicere, niente ‘a fà[non c'è nulla da dire, nulla
da fare]
14 concorre alla formazione di varie loc. avverbiali: da luntano, da
vicino, da parte a pparte [da lontano; da vicino, da
parte a parte]; | loc. prepositive: da cca, da lla; [di qua, di là].
[ Etimologicamente è voce dal lat. de ab nei valori
di moto da luogo, origine, agente ecc.; lat. de ad nei valori di moto a
luogo, stato in luogo, destinazione, modo, fine ecc.]
A questo punto è necessario ch’io precisi che ciò che ò
scritto circa la presenza nel napoletano
della preposizione da/’a è dovuto ad un
ripensamento (dovuto ad ulteriori ricerche fatte) rispetto a ciò che un tempo scrissi alibi e cioè che “è pur vero che in napoletano non esiste
graficamente la preposizione da (che in napoletano è sempre ‘a= da)
per cui non essendovi possibilità di confusione fra voci
omofone la voce verbale 3ª p.s. indicativo pres. potrebbe anche scriversi
tranquillamente da evitando un pleonastico accento sulla a (dà)”; mi
pento di ciò che precipitosamente
scrissi e ne chiedo venia ai miei ventiquattro lettori, ma solo gli
sciocchi o i fessi non si ravvedono o
cambiano idea! Tanto precisato andiamo oltre.
DÂ = preposizione articolata corrispondente alla
preposizione dalla dell’italiano in tutte le sue funzioni ed
accezioni; morfologicamente è formata dall’agglutinazione di da +l’articolo ‘a analogamente alla
prep. art. â formata dall’agglutinazione di a +l’articolo ‘a ed è la
forma che preferisco atteso che l’usata d’ ‘a potrebbe ingenerar confusione
con l’omografa d’ ‘a = della.
DÀ = dà(voce verbale 3ª pers. sg. dell’ind. pr. dell’infinito dare) etimologicamente dal lat. da-t; il
segno diacritico dell’accento non è etimologico, ma necessario per distinguere
la voce a margine dall’omofona da preposizione (cfr. antea)
DÁ = dare(voce verbale infinito apocopato di dare)
graficamente molti, piú che accentare la
voce, preferiscono apocoparla in da(re)→da’ ; il sottoscritto pur
sapendo e rammentando che allorché viene apocopata della sillaba
finale una parola che lascia come residuo un monosillabo détto monosillabo potrebbe benissimo segnarsi
con un apostrofo finale, atteso che (trattandosi di monosillabo) l’accento tonico non può che
cadere che su quell’unica sillaba (cfr. in napoletano fa’ infinito di fa(re)
– ji’ infinito di ghi(re)/i(re) ) tuttavia poi che
nella stragrande maggioranza dei casi si tratta
di voci verbali dell’infinito preferisco e suggerisco di accentare
anche i monosillabi per mantenere una
omogeneità di scrittura con gli infiniti degli altri verbi e dunque per l’infinito di andare meglio scrivere jí
piuttosto che ji’ e per quello di dare o fare:meglio scrivere dá
oppure fà piuttosto che da’ oppure fa’ i quali ultimi
oltretutto potrebbero esser confusi con la seconda persona dell’imperativo: fa’ per fa(je) - da’ per da(je).
Come si sarà notato ò optato per una á con un improprio [ma di
necessità virtú] accento acuto in luogo della normale à con l’accento grave che
ò riservato al dà(voce verbale 3ª pers. sg. dell’ind. pr. dell’infinito dare) cosí come nella norma.
DA’ = dai (voce verbale apocopata di da(je)→da’ [2ª per. sg.
imperativo dell’infinito dare).
Da tutto quel che ò scritto si evince che ci sono due voci
omofone, necessariamente anche quasi omografe:dà(voce
verbale 3ª pers. sg. dell’ind. pr. dell’infinito dare) ed il dá = dare(voce verbale infinito
apocopato di dare) in quanto nella linguistica nostrana non esistano
che due segni diacritici (l’accento grave o acuto e l’apostrofo) ed
allorché le voci da distinguere son piú di due, è giocoforza che qualcuna sia
omografa d’ un altra. Nella fattispecie son del parere di accentare l’infinito
apocopato da(re)→dá(contrassegnandolo per comodità – sia pure impropriamente – con un accento
acuto [che di per sé è di pertinenza delle vocali chiuse e la A è la piú aperta
delle vocali]) piuttosto che farlo omografo dell’imperativo da’ e ciò per renderlo omogeneo con tutti gli
altri infiniti che vanno accentati [per salvaguardarne la tonicità] e non
apocopati; il contesto e l’accento acuto
chiariranno se si tratta di un dá
infinito o di un dà, voce verbale 3ª
pers. sg. dell’ind. pr. dell’infinito dare.
E qui penso di poter
far punto convinto d’avere esaurito l’argomento, soddisfatte le amiche B.G.,
C.A.,L.T. e D.R. ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e
piú genericamente chi dovesse imbattersi
in queste paginette.Satis est.
R.Bracale Brak
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