1.A CCHI TROPPO PRUMETTE, NUN CREDERE TROPPO
Non prestare eccessiva fede a chi promette eccessivamente
Se questo proverbio avesse avuta piú larga notorietà e si
fosse accolto il consiglio in esso contenuto, quanti onorevoli oggi starebbero
invece che in parlamento, in casa loro e farebbero minor danno di quel che
fanno.
2.A CCHI TROPPO S'ACALA, 'O CULO SE VEDE
Chi troppo si prona, finisce per mostrare il culo
Id est: chi si mostra eccessivamente docile, succubo e
remissivo, finisce per doversene vergognare, giacché metterà in mostra le
proprie nudità reali o figurate.
3.A CCHIÀGNERE 'O MUORTO SO' LLÀCREME PÈRZE.
Ad litteram: A piangere un morto son lacrime perdute. Id
est: Le persone si curano e/o si rispettano quando sono vive, a rimpiangerle da
morte non giova a nessuno né al vivo, né al morto!
4.'A CCHIESIA NUN CACCIA SANTE, NÈ 'A SCOLA, SCENZIATE
La chiesa non rende santi, nè la scuola, scienziati.
Id est: non è sufficiente frequentare una chiesa per
diventar santo, nè una scuola per giungere ad essere uno scienziato; occorrono
ben altre lunghe sostanziali, pratiche applicazioni.
5.A CCHILLU PRIMMU JUORNO STA LLU FATTO: 'O FFORTE È Ô
PRINCIPIO, PO ADDÓ CE TRASE 'A CAPA CE PASSA 'A CODA
Nel primo giorno sta il problema: il difficile sta ad
iniziare, poi dove entra la testa, passerà la coda.
Id est: In ogni accadimento, tutto sta a superare il primo
ostico momento, poi le difficoltà dimunuiscono e si giunge felicemente alla
conclusione dell'intrapreso.
6.A CCRAJE A CCRAJE COMME Â CURNACCHIA.
Letteralmente: a cra, a cra come una cornacchia. La
locuzione, che si usa per commentare amaramente il comportamento
dell'infingardo che tende a procrastinare sine die la propria opera, gioca
sulla omofonia tra il verso della cornacchia [cra-cra] e la parola latina cras
che in napoletano è resa con craje e che significa: domani, giorno a cui suole
rimandare il proprio operato chi non abbia seria intenzione di lavorare.
Brak
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