martedì 18 maggio 2021

CELIBE

CELIBE.

Questa volta è stato il  caro amico P. G. (i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad indicare solo le iniziali di nome e cognome) a  chiedermi via e-mail di indicargli in quali modi si possa rendere in napoletano la voce italiana in epigrafe. Gli ò cosí risposto: caro amico, premesso che la voce italiana di cui mi chiedi [derivata da un lat. celibe-m] indica onnicomprensivamente  una persona di sesso maschile che viva fuori del matrimonio, ti significo che l’idioma  napoletano, al solito, piú esatto, preciso e rigoroso della lingua italiana, à numerosi termini di varia sfumatura usati per render la parola in epigrafe; te li elenco esaminandoli qui di sèguito:

zito/zitolo s.vo m.le  doppia morfologia [di cui la seconda diminutiva della prima] di voce usata per indicare lo sposo novello, quello che à appena contratto il matrimonio, ma non lo à ancòra consumato; quanto  all’etimologia occorre riferirsi ad una base fonosimbolica “cit” usata per indicare alcunché di piccolo; è attestata, con medesimo significato ed origine anche il femminile zita;

zetiello s.vo ed agg.vo m.le voce di medesima etimologia della pregressa, usata però per indicare precisamente in riferimento a  chi è tanto giovane da non essere in età da marito e pertanto ancóra celibe.

surdiero/sultiero s.vo ed agg.vo  m.le  doppia morfologia di una voce etimologicamente dall’iberico “soltero” usata per indicare colui che rifiuta sistematicamente le nozze restando celibe ed in solitudine di affetti perché preferisce, temendoli, non aver legami matrimoniali.

scasato s.vo ed agg.vo m.le voce di uso essenzialmente ironico riferita a colui che, pur essendo in età da marito rifugge dal formare una propria casa, restando ospite in quella dei genitori; quanto  all’etimologia  è voce deverbale di un ricostruito “scasare” opposto di “accasare” ambedue derivati di casa; è attestata, con medesimo significato ed origine anche il femminile scasata

scuitato s.vo m.le antichissima e, purtroppo, pressoché desueta voce dall’iberico “descuidado”di pari significato usata per indicare un giovane che non prende moglie per mantenersi privo di preoccupazioni e senza i problemi derivanti dal metter su famiglia; non è attestata la voce al femminile.

scapulone  s.vo ed agg.vo m.le altra voce usata esclusivamente in senso ironico, riferita ad uomo da gran pezza maturo che non si è accasato, ne lo intende fare cosí come suggerisce l’etimologia della parola deverbale di un lat. “scapolare” ossia fuggire ai legami; l’accrescitivo “one” serve appunto a sottolineare la fermezza del comportamento di eludere il matrimonio a dispetto del tempo che corre.

Schitto   s.vo ed agg.vo m.le = scapolo, celibe; etimologicamente è  da ritenersi voce derivata da una lettura metatetica del greco ektòs (posseduto, tenuto come marito) con la prostesi di una s (distrattiva) ottenendosi un sektòs (solo,senza compagnia, non tenuto come marito) lètto sketòs→scheto e poi schito ed infine schitto con raddoppiamento espressivo della dentale. Il tutto con buona pace di Pianigiani, Filopatridi, Cortelazzo/Marcato & altri.

In coda e quale aggiunta per similitudine rammento che il corrispondente femminile di celibe e cioè nubile agg.vo femminile [dal lat. nubĭlis «(in età) da marito», der. di nubĕre «maritarsi»]è resa con piú precisione in napoletano come agg.vo e sostantivo in due modi: figliola = ragazza, giovanetta [ voce dal lat. filiola-m]con riferimento a ragazza dai sedici ai venti anni ancóra vergine; con riferimento a ragazza dai venti anni ai quaranta anni ancóra vergine si usa la voce zetella.

E qui penso di poter far punto convinto d’avere esaurito l’argomento, soddisfatto l’amico P.G. ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e piú genericamente  chi dovesse imbattersi in queste paginette.Satis est.

 Raffaele Bracale

 

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