MO T''O PPIGLIO DA FACCIA Ô CUORNO D''A CARNACOTTA
Letteralmente: Adesso lo prendo per te dal corno per la carne cotta. Icastica
ed eufemistica espressione con la quale suole rispondere chi, richiesto di
qualche cosa, non ne sia in possesso né abbia dove reperirla o gli manchi la
volontà di reperirla. Per comprendere appieno la locuzione bisogna sapere che
la carnacotta è il complesso delle trippe o frattaglie bovine o suine che a
Napoli vengono vendute già sbiancate e lessate al vapore, atte ad essere consumate; son vendute o dai macellai nelle loro botteghe o da
appositi rivenditori girovaghi (‘e carnacuttare) che le servono ridotte in
piccoli pezzi su minuscoli fogli di carta oleata; i piccoli pezzi di trippa vengono
prima irrorati col succo di limone e poi cosparsi con del sale che viene
prelevato da un corno bovino scavato ad hoc proprio per contenere il sale,
corno bucato sulla punta per permetterne
la distribuzione. Detto corno viene portato dal venditore di trippa, appeso in
vita e lasciato pendulo sul davanti del corpo. Proprio la vicinanza con
intuibili parti anatomiche del corpo, permettono alla locuzione di avere un suo
significato furbesco con cui si vuol comunicare che ci si trova
nell'impossibilità reale o volontaria di
aderire alle richieste.
cuorno s.vo m.le = corno
prominenza cornea o ossea, di varia forma ma per lo piú approssimativamente cilindro-conica e incurvata, presente generalmente in numero pari sul capo di molti mammiferi ungulati; anche, ognuna delle due analoghe protuberanze sulla fronte di esseri mitologici o, nell'immaginazione popolare, del diavolo con etimo dal lat. cornu(m) con tipica dittongazione della ŏ (o intesa tale)ŏ→uo nella sillaba d’avvio della voce singolare, dittongazione che viene meno, per far ritorno alla sola vocale etimologica o, nel plurale reso femminile (‘e ccorne) laddove nel plurale maschile è mantenuta (‘e cuorne) ; rammenterò che in napoletano il plurale femm. ‘e ccorne è usato per indicare le protuberanze cornee reali della testa degli animali, o quelle figurate dell’uomo o della donna traditi rispettivamente dalla propria compagna, o dal proprio compagno, mentre con il plurale maschile ‘e cuorne si indicano alcuni tipici strumenti musicali a fiato o i piccoli o grossi amuleti di corallo rosso usati come portafortuna;ugualmente con valore di portafortuna vengono usati i corni dei bovini macellati, corni che vengon staccati dalla testa, messi a seccare, opportunamete vuotati e talvolta tinti di rosso tali cuorne, non piú ccorna devono rispondere – nella tradizione partenopea a precisi requisiti, dovendo necessariamente essere russo, tuosto, stuorto e vacante pena la sua inutilità come porte-bonheur.
russo= rosso (da non confondere con ruosso che è grosso)di colore rosso derivato del latino volgare russu(m) per il class. ruber;
tuosto= duro, sodo, tosto derivato del lat. tostu(m), part. pass. di torríre 'disseccare, tostare'con la tipica dittongazione partenopea della o→uo;
stuorto = storto, ritorto,non dritto, scentrato derivato del lat. tortu(m), part. pass. del lat. volg. *torquere, per il class. torquìre con prostesi di una s intensiva e tipica dittongazione partenopea della o→uo;
vacante= cavo, vuoto ed altrove insulso, insipiente part. pres. aggettivato del lat. volg. vacare = esser vuoto, mancante, libero di; a margine rammenterò che esiste un altro tipico cuorno quello de ‘o carnacuttaro (il girovago venditore di trippe bovine che lavate, sbiancate e lessate vengon vendute al minuto opportunamente ridotte in piccoli pezzi serviti su minuscoli fogli di carta oleata, irrorate di succo di limone e cosparse di sale contenuto in un corno bovino, seccato, vuotato, forato in punta, per consentire la fuoriuscita del sale con cui viene riempito, e tappato alla base con un grosso turacciolo di sughero; tale cuorno viene portato pendulo sul davanti del corpo, legato in vita con un lungo spago, in modo che nel suo pendere insista su di una bene identificata zona anatomica; ciò è rammentato nell’espressione esaminata: Mo t’’o ppiglio ‘a faccia ô cuorno d’’a carnacotta! (Adesso te lo procuro, prendendolo dal corno della trippa) nella quale ‘o cuorno è usato eufemisticamente in luogo d’altro termine becero, facilmente intuibile se si tiene presente la zona su cui insiste il pendulo corno del sale… l’espressione è usata con una sorta di risentimento da chi venga richiesto di azioni o cose che sia impossibilitato a portare a compimento o a procurare, non essendo le une o le altre nelle sue capacità e/o possibilità.
Brak
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