1Pe ttreccalle 'e sale, se perde 'a menesta.
Letteralmente: per pochi soldi di sale si perde la minestra. La locuzione la si usa quando si voglia commentare la sventatezza di qualcuno che per non aver voluto usare una piccola diligenza nel condurre a termine un'operazione, à prodotto danni incalcolabili, tali da nuocere alla stessa conclusione dell'operazione. 'O treccalle era la piú piccola moneta divisionale napoletana pari a stento a mezzo tornese ed aveva un limitatissimo potere d'acquisto, per cui era da stupidi rischiare di rovinare un'intera minestra per lesinare sull'impiego di trecalli (la parola originaria fu tre calle dove calle era il plurale di callo contrazione della voce ca(va)llo che era imciso su una delle facce della moneta) per acquistare il necessario sale.
2 S'è aunito 'o strummolo a tiritéppete e 'a funicella corta.
Letteralmente: si è unita la trottolina scentrata e lo spago corto. Id est: ànno concorso due fattori altamente negativi per il raggiungimento di uno scopo prefisso, come nel caso in epigrafe la trottolina di legno non esattamente bilanciata e lo spago troppo corto e perciò inadatto a poterle imprimere il classico movimento rotatorio.
tiritéppete voce onomatopeica intraducibile e riproducente il rumore che fa ballonzolando in modo inesatto ed incontrollato la piccola trottolina di legno a forma di cono con infissa al vertice una punta metalicca che se non è ben centrata provoca l’irregolare prillare della trottolina détta in napoletano
strummolo chèdalb.lat.*strombolu(m)→strommolu(m)→strommolo→strummolo il tutto dal greco strómbos.
3 Ll'aucielle s'apparono 'ncielo e 'e chiaveche 'nterra.
Letteralmente: gli uccelli si accoppiano in cielo e gli uomini spregevoli in terra. È la trasposizione in chiave piú icasticamente rappresentativa del latino: similis cum similibus, con l'aggravante della spregevolezza degli individui che fanno comunione sulla terra. Il termine: chiaveche è un aggettivo sostantivato, formato volgendo al maschile plurale il termine originario: chiaveca che dal b. lat. clavica(m) per il class. cloaca indica la la fogna, ma anche piú genericamente una sozzura, una porcheria etc. ; tenendo ciò presente si può capire quale valenza morale abbiano per i napoletani, gli uomini detti chiaveche.
4 'E ciucce s'appiccecano e 'e varrile se scassano.
Letteralmente: Gli asini litigano e i barili si rompono. Id est: i comandanti litigano e le conseguenze le sottortano i soldati. Cosí purtroppo va il mondo: la peggio l'ànno sempre i piú deboli, anche quando non sono direttamente responsabili d'alcunché. La cultura popolare napoletana à tradotto icasticamente il verso oraziano: quidquid delirant reges, plectuntur Achivi (Qualsiasi delirio dei re, lo pagano gli Achei...).
5 A vvessenterìa, nun s' à dda stregnere 'o culo.
Letteralmente: Alla diarrea non si deve (opporre) il restringimento dell'ano. Id est: Non ci si deve opporre al naturale fluire delle cose, anzi occorre sapersi adattare alle circostanze, anche le piú spiacevoli. E ciò ovviamente anche in senso traslato: in ogni occasione occorre accompagnare il correr delle cose, non tentare di opporvisi.
6 'A trummetta 'a Vicaria
Letteralmente: la trombetta della Vicaria. Id est: il propalatore di notizie, il divulgatore non desiderato di faccende altrui. In senso ironico: chi non sappia mantenere un segreto. La locuzione prende l'avvio da un personaggio veramente esistito in Napoli durante il periodo viceregnale, allorché - in mancanza di altri mezzi mediatici - per diffondere i pubblici bandi ci si serviva appunto di un banditore che girava la città e, fermandosi ad ogni cantonata, dava lettura dell'atto da comunicare dopo lo squillo di una tromba che serviva per richiamare l'attenzione degli astanti. La trombetta (voce derivata dall’alto ted. trumb) è detta della Vicaria perché dalla Vicaria (sede dei tribunali della città) cominciava il suo lavoro il banditore.
7 A carocchie, a carocchie Pulecenella accedette 'a mugliera.
Letteralmente: con ripetuti colpi in testa, Pulcinella uccise la moglie. Id est: i risultati si ottengono perseguendoli poco per volta, giorno dopo giorno, anche con reiterate piccole azioni.
La carocchia (voce che è da un lat. reg. *caraclum/caroclum forgiata sul greco kara= testa) è un colpo assestato sul capo con la mano chiusa a pugno mossa dall'alto verso il basso e con la nocca del medio protesa in avanti a formare un cuneo. Un singolo colpo non produce gran danno, ma ripetuti colpi possono anche ferire una persona e lasciare il segno.
8 Guagliú, levate 'o bbrito!
Letteralmente: ragazzi, togliete il vetro... Id est: Ragazzi togliete di mezzo i bicchieri. Fu il comando che proprietari delle bettole o cantine dove si mesceva vino a pagamento, rivolgevano ai garzoni, allorchè si avvicinava l'ora di chiusura dell'esercizio, affinché ritirassero dai tavoli i bicchieri e le bottiglie usati dagli avventori e li portassero alla rigovernatura. Per traslato, la frase viene usata quando si voglia far capire che si è giunti ormai alla fine di qualsivoglia operazione e non si è intenzionati a cominciarne altra.
9 'A cora è 'a cchiú brutta 'a scurtecà.
Letteralmente: la coda è la cosa peggiore da scarnificare. Id est: il finale di un'azione è il piú duro da conseguire, perché un po' per stanchezza, un po' per sopraggiunte difficoltà non preventivate, i maggiori ostacoli si incontrano alla fine delle operazioni intraprese. In fondo, anche i latini asserivano la medesima cosa quando dicevano: in cauda venenum (il veleno è nella coda).
scurtecà = scorticare, levare la corteccia dritto per dritto dal tardo lat. ex-corticare.
10 'O gallo ‘ncopp' â mmunnezza.
Letteralmente: il gallo sull'immondizia. Cosí, a buona ragione, viene definito dalla cultura popolare partenopea, il presuntuoso,il saccente, il millantatore, colui che - senza particolari meriti, ma per mera fortuna o per naturale fluire del tempo - abbia raggiunto una piccola posizione di preminenza, e di lassú intenda fare il buono e cattivo tempo, magari pretendendo di far valere il proprio punto di vista, proprio come un galletto che, asceso un cumulo di rifiuti, ci si sia posto come su di un trono e, pettoruto, faccia udire i suoi ripetuti chicchirichí.
‘mmunnezza= immondizia, rifiuti sost. femm.le dal latino medioevale: *in + munditia(s)facere = pulire (con la scopa) espressione di pertinenza dei monasteri (cfr. Du Cange Glossarium ad scriptores mediae et infimae latinitatis. pag. 777); da *in-munditia si arriva a ‘mmunnezza secondo il seguente percorso morfologico che prevede una doppia assimilazione: una prima regressiva: nm→ mm ed una seconda progressiva: nd → nn ed un’ aferesi della i di in : in-munditia diventa mmunditia donde mmunnitia ed infine mmunnezza anzi per me che preferisco render ben visibile la strada etimologica percorsa ‘mmunnezza con due emme e con il segno dell’aferesi per la caduta della i di in.
brak
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