1'E meglie pariente stanno â Zecca.
Letteralmente: i migliori parenti stanno alla zecca, intesa non come zona della città, ma come luogo dove si batte moneta, in quanto la locuzione proclama – e forse non a torto – che il danaro è miglior congiunto, quello da cui si possono ricevere gli aiuti che necessitano e che non vengono prestati da altri congiunti.
2 A 'stu nunno sulo 'o càntaro è nicessario.
Letteralmente: la sola cosa necessaria a questo mondo è il pitale. Id est: niente e - soprattutto - nessuno sono veramente necessarii alla buona riuscita dell'esistenza: la sola cosa che conta è nutrirsi bene e digerire meglio. In effetti con la parola càntaro - oggetto destinato ad accogliere gli esiti fisiologici - si vuole proprio adombrare la buona salute indicata da una buona digestione, che intanto avviene se si è avuta la possibilità di nutrirsi. Si tenga presente che la parola càntaro non à l'esatto corrispettivo in italiano essendo il pitale(con la quale parola si è reso in italiano) destinato ad accogliere gli esiti prettamente liquidi, mentre il càntaro era destinato ad accogliere quelli solidi.
Rammenterò qui che in lingua napoletana esiste la voce càntaro= pitale, vaso di comodo e la voce cantàro = quintale. Le due voci non vanno assolutamente confuse essendo la prima càntaro= pitale, vaso di comodo una parola derivata dal lat. càntharu(m) che è dal greco kàntharos;invece la voce cantàro = quintale è voce derivata dall’arabo qintàr
3 Aizammo 'a gallina e avasciammo 'a cecoria...
Letteralmente: Aumentiamo la gallina e diminuiamo la cicoria... Id est: diamo maggior consistenza alla minestra aumentando la carne e diminuendo i vegetali. La locuzione viene usata quando si voglia convincere qualcuno a curar maggiormente la sostanza delle faccende in cui si è impegnati e a non esagerare con il conferimento di aggiunte attinenti piú alla forma che alla sostanza.
4 Dicette Nunziatina: "A bbuonu fine, m''a faccio 'na rattata 'e suttanino!".
Letteralmente: Disse Nunziatina: "Affinché me ne venga del bene, me la faccio una grattata di sottoveste!" La cultura popolare napoletana non fa mai considerare superflui gli scongiuri ed i gesti apotropaici ritenuti apportatori di benessere. Quello della locuzione, attribuito ad una ipotetica Nunziatina (diminutivo di Annunziata), fa riferimento ad una benefica grattata di sottoveste, termine usato eufemisticamente per indicare parti intime del corpo che, per solito, sono nascoste dalle vesti.
5 Meglio curnute ca male sentute.
Letteralmente: meglio(esser) cornuti che mal compresi. Id est: meglio subire l'onta del tradimento uxorale che esser mal compresi e pertanto esser ritenuti titolari di giudizi o idee che - per non essere stati ben compresi -stravolgono gli autentici giudizi o pensieri di un individuo.
6 Dicette ‘o si’ prevete â sie’ badessa: Senza denare nun se cantano messe!
Ad litteram: Il signor prete disse alla signora abadessa: Senza denari, non si celebrano messe cantate!
Antico icastico proverbio partenopeo, il cui assunto indica che nella vita nulla viene fatto gratuitamente, ma ogni cosa – persino la piú sacra – à un suo prezzo, dal quale non si può prescindere se si vogliono ottenere i risultati pratici agognati. Infatti se persino i sacerdoti pretedono un corrispettivo per la celebrazione di una S.Messa , sia pure cantata, quanto e piú potrà fare chiunque altro cui si chieda di prestare la propria opera!
È inutile attendersi gratuità!
NOTA
Comincio col dire che spesso sulla bocca del popolino, meno conscio o attento della/alla propria lingua, il proverbio in epigrafe è reso con la trasformazione del corretto si’ (che è di per sé l’apocope di signore ) con uno scorretto zi’ (che è l’apocope di uno zio/a etimologicamente derivante da un tardo latino thiu(m) e thia(m) da un greco tehîos ) per cui si ottenengono gli scorretti zi’ prevete e zi’ badessa in luogo dei corretti si’ prevete e sié badessa dove il si’ (ò detto) è l’apocope di si-gnore (che etimologicamente è dal francese seigneur forgiato sul latino seniore(m) comparativo di senex=vecchio,anziano mentre il sié è l’apocope ricostruita di signora dalla medesima voce francese femminilizzata e metatetica di seigneur→ sie-gneuse.
E passiamo ad analizzare ora qualche singola parola:
- prevete e cioè: prete,presbitero, sacerdote, uomo consacrato, addetto al culto, che abbia ricevuto il sacramento dell’ordinazione; etimologicamente il napoletano prevete da cui poi per sincope della sillaba ve si è probabilmente formato il toscano prete è dal tardo latino presbyteru(m), che è dal greco presbyteros, propriamente: più anziano; cfr. presbitero;
la via seguíta per giungere a prevete partendo da presbyteru(m) è la seguente: presbyteru(m)→pre’bytero/e→prebeto/e→preveto/e;
- badessa e cioè: superiora in un monastero femminile: madre badessa, ma ironicamente anche donna autoritaria, che si dia arie di superiorità; etimologicamente il termine badessa è una forma aferetica per (a)-badessa che viene dal latino abbatissa voce femminilizzata di abbas/abbate(m) che trae dal caldeo e siriaco âbâ o âbbâ= padre.
- Messe propiamente il plurale di messa che è – come noto - nella religione cattolica, il sacrificio del corpo e del sangue di Gesù Cristo che, sotto le specie del pane e del vino, è offerto dal sacerdote a Dio sull'altare, per rinnovare il sacrificio della croce; etimologicamente la parola napoletana messa tal quale la identica toscana, è il participio passato femminile del verbo latino mittere e cioè missa= inviata, mandata; per comprendere appieno il perché di questo nome dato alla celebrazione liturgica bisogna risalire al 1°,2° sec. quando i primi cristiani, per celebrare il loro rito della eucaristia (etimologicamente da un tardo latino eucharistia(m), dal gr. eucharistía, comp. di êu bene e un derivato di cháris -itos : grazia; propr. riconoscenza, gratitudine) si riunivano nelle catacombe (etimologicamente da un tardo latino catacumba(m), comp. del gr. katá: giù, sotto e il lat. cumba :cavità); al termine della celebrazione liturgica, il presbitero che aveva consacrato l’eucaristia ne affidava alcune particole = piccole parti ai diaconi che erano i suoi assistenti, affinché essi le recassero a tutti i fedeli che, per varî motivi assenti, non avevano partecipato al rito; fatto ciò, congedava gli altri fedeli annunciando loro: Ite, missa est! id est: Andate via, l’ò mandata! Quel missa finale finí per dare il nome alla celebrazione liturgica relativa.
7 Pizzeche e vase nun fanno pertose e maniate 'e zizze nun fanno criature.
Letteralmente: pizzicotti e baci non perforano e carezze di seni non generano creature. Id est: in amore ed in ogni altra occasione, se non si vogliono avere risultati indesiderati, non bisogna superare i limiti di un contatto superficiale, accontendandosi di una toccata e fuga.
8 'Na mugliera 'ncignata alla Chiazzetta
Una moglie che ha fatto le prime esperienze sessuali alla Chiazzetta. A Napoli,la Chiazzetta era una contrada del quartiere Porto, densamente abitata da gente di bassa condizione sociale e dedita a loschi affari. Tra queste persone abbondavano le donne di malaffare che svolgevano la piú antica professione del mondo in parecchie case che abbondavano in loco. Per cui quando un giovane impalmava una donna dai precedenti non proprio chiari si diceva che aveva preso 'na mugliera 'ncignata (sverginata) alla Chiazzetta. Estensivamente la frase in epigrafe è usata anche furbescamente con riferimento a situazioni le cui premesse non siano del tutto chiare.
9 Ô puorco, miettece 'a sciassa, sempe 'a coda ce pare.
Letteralmente: al porco puoi anche mettere una marsina, mostrerà sempre la coda. Id est: è inutile affannarsi a ricoprire di begli abiti un essere sporco e lercio, qualcosa appaleserà comunque la sua vera natura. Estensivamente la frase in epigrafe è usata anche con riferimento a situazioni nelle quali, per quanto si faccia è impossibile celarne le origini dubbie, se non truffaldine.
sciassa = marsina derivato dal francese châsse giacca elegante dalle falde contenute, non eccessivamente lunghe, giacca originariamente di colore rosso, usata su aderenti pantaloni da cavallerizzo,per la caccia(in francese châsse);
10 Te se pozza purtà, 'a lava d''e Virgene!
Letteralmente: Che possa essere trascinato via dalla lava dei Vergini. È il malevole augurio che si rivolge ai fastidiosi, ai tediosi cui si augura che un'improvviso fenomeno alluvionale li trascini con sè portandoli via. Quando non esistevano approntati percorsi fognarii, lo scolo delle acqua piovane era affidato alla naturale pendenza dei luoghi, pendenza che trasportava le acque verso il mare. La zona della Sanità era ed è posta, a Napoli, a ridosso dei contrafforti della collina di Capodimonte ed era sommersa dal copioso torrente d'cqua piovana che, precipitandosi da Capodimonte imboccava il declivio sottostante - via dei Vergini - e ingrossandosi a mano a mano prendeva forza, trascinando con sè tutto che incontrava sul suo cammino. Il popolo chiamò quel terribile torrente con il nome di lava come se si fosse trattato della lava scaturente da un vulcano.
lava =lava sost. femm.le che etimologicamente è dal lat. labe(m) 'caduta, rovina', deriv. di labi 'scivolare' e non indica solamente la massa fluida e incandescente costituita di minerali fusi, che fuoriesce dai vulcani in eruzione: colata di lava., ma anche un a copiosa, quasi torrentizia caduta di acqua; ed è a quest’ultima che qui si fa riferimento (con l’espressione ‘a lava d’’e Virgene si intende infatti quel tumultuoso torrente di acqua piovana che a Napoli fino agli inizi degli anni ’60 del 1900, quando furono finalmente adeguatamente sistemate le fogne cittadine, si precipitava dalla collina di Capodimonte sulla sottostante via dei Vergini (così chiamata perché nella zona esisteva un monastero di Verginisti antica congregazione religiosa di predicatori) e percorrendo di gran carriera la via Foria si adagiava, placandosi, in piazza Carlo III, trasportando seco masserizie,ceste di frutta e verdura e tutto ciò che capitasse lungo il suo precipitoso percorso).
11 Fa' comme t'è ffatto, ca nun è peccato...
Letteralmente: fa' ciò che ti è stato fatto, id est: rendi la pariglia, perché la cosa non costituisce peccato. È una delle rare volte che la filosofia popolare partenopea si pone agli antipodi della morale cristiana, che consiglia invece di perdonare le offese ricevute e porgere l'altra guancia, la filosofia popolare qui si pone in linea con l'antico brocardo latino: vim, vi repellere licet, ovvero con il piú recente toscano: render pan per focaccia.
12 San Cristoforo cu 'o munno 'ncuollo.
Letteralmente: san Cristoforo con il mondo addosso. Nella locuzione c'è la commistione se non confusione della figura di san Cristoforo, che nell'iconografia ufficiale è rappresentato nell' atto di portare sulle spalle il Redentore bambino, e quella di ATLANTE raffigurato con sulle spalle il globo terrestre. Il popolo nella sua locuzione à unito le due figure ed à riferito a CRISTOFORO l'incombenza di sorreggere il mondo. La locuzione viene riferita per bollare di inettitudine fisica e morale tutti coloro che, chiamati ad un risibile lavoro comportante un piccolissimo impegno fisico e/o morale, fanno invece le viste di sopportare grandi e gravi fatiche, lamentandosi a sproposito di ciò che essi stanno facendo, magari bofonchiando, sbuffando, quasi portassero veramente il mondo sulle spalle.
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