IL VERBO PARÉ E LA SUA FRASEOLOGIA. Parte 8°
41– Pare ‘o carro ‘e Bbattaglino
Letteralmente: sembra il carro di Battaglino. Id est: ogni mezzo di locomozione che sia stipato di vocianti viaggiatori si dice che sembra il carro di Battaglino; ugualmente ogni altra riunione di persone caotica, disordinata e confusa oltre che rumorosa si dice che sia simile ad un famoso carro che veniva usato a Napoli per una processione votiva della sera del sabato santo, processione promossa dalla Cappella della SS. Concezione a Montecalvario. Detta Cappella era stata fondata nel 1616 dal nobile Pompeo Battaglino( ne mancano precise notizie biografiche , ma tra il 1619ed il 1625 fu presidente della R. Camera della Sommaria che (1444-1806) fu un organo amministrativo, giurisdizionale e consultivo dell'antico regime angioino operante nel Regno di Napoli; fu fondata nel 1444 da Alfonso V d'Aragona, che - nell'ambito della sua riforma dell'ordinamento giudiziario - unificò due organi: la Magna Curia Magistrorum Rationarum (Corte dei Maestri Razionali) e la Summaria audentia rationum (Camera dei Conti). Si tenga conto, peraltro, del fatto che, in latino, ratio significa anche conteggio, enumerazione, calcolo (da cui il termine ragioneria). La Regia Camera fu proclamata da re Ferrante (noto con il nome di Ferdinando I di Napoli (2 giugno 1423 –† 28 gennaio 1494), figlio naturale di Alfonso V di Aragona e I di Sicilia e di Napoli, fu re di Napoli dal 1458 al 1494.) Tribunale Supremo, con competenza a giudicare in materia fiscale.); sul carro che dal nobile Pompeo Battaglino prese il nome, era portata in processione l'immagine della Madonna accompagnata da un gran numero di musici e cantori.In ricordo di détto accadimento carro, ogni mezzo di locomozione che sia stipato di vocianti viaggiatori, o ogni riunione disordinata e chiassosa si dice che sembri il carro di Battaglino.
carro s.vo m.le carro, veicolo da trasporto a due o quattro ruote, trainato da uno o piú animali da tiro; voce dal lat. carru(m) df’origine gallica.
42 – Pare ‘o pastore ‘a maraviglia
Letteralmente: Sembra un pastore della meraviglia.
Détto icasticamente ed a mo’ di dileggio di chi (uomo o donna) mostri di avere l'aria imbambolata, incerta, statica ed irresoluta quale quella di certune figurine (pastori) del presepe napoletano settecentesco raffigurate appunto in pose stupíte ed incantate per il prodigio cui stavano assistendo; tali figurine in terracotta dall’aria inebetita, il popolo napoletano suole chiamarle appunto pasture d''a meraviglia, traducendo quasi alla lettera l'evangelista san Luca che scrisse: pastores mirati sunt.
pastore s.vo m.le letteralmente pastore, 1 chi guida al pascolo le greggi e ne à la cura e il governo: fare il pastore; la vita dei pastori; un pastore di pecore, di capre | (fig.) membro dell'Accademia dell'Arcadia.
2 (fig.) capo, guida; in partic., guida spirituale, sacerdote: pastore di anime; il Buon Pastore, Cristo | nelle chiese protestanti, il ministro del culto
3 denominazione di cani di diversa razza, adatti alla guardia delle greggi.
Ma nell’espressione con il termine pastore non si intende segnatamente l’accezione sub 1 chi guida al pascolo le greggi e ne à la cura e il governo:, ma qualsiasi personaggio (statuine di terracotta)che popoli il presepe napoletano settecentesco.
La voce è dal lat. pastore(m), deriv. di pascere 'pascolare'.
maraviglia s.vo f.le meraviglia, 1 (come nel caso che ci occupa) sentimento di viva sorpresa suscitato da qualcosa di nuovo, strano, straordinario o comunque inatteso; 2 persona o cosa che per la sua bellezza o il suo carattere straordinario suscita ammirazione.
La voce è dal lat. mirabilia, propr. 'cose meravigliose', neutro pl. poi inteso femminile dall'agg. mirabilis 'meraviglioso' da mirabilia si perviene a maraviglia per il tramite d’un’ assimilazione regressiva della prima i alla successiva a, alternanza b→v (cfr. bocca→vocca – barca→varca etc.) ed ilia→ilja→iglia (cfr. familia→familja→famiglia – filia→filja→figlia;)
43 – Pare ‘o ciuccio ‘e Fechella: trentatré chiaje e pure ‘a cora fràceta!
Ad litteram: Sembra l’asino di Fichella: trentatré piaghe ed anche la coda marcia. Divertente, sarcastica espressione (nata,e ne dirò, in àmbito sportivo intorno al 1929), usata in riferimento a chi realmente sia o a chi faccia le viste di essere di salute estremamente malferma, continuamente in preda ad acciacchi, malesseri piccoli o grandi cosa che gli impedisce di attendere con costanza e congruenza ai proprî uffici con conseguente fastidio di parenti o colleghi che devono sobbarcarsi anche il suo lavoro. Questo( ma non si sa quanto veridicamente) malmesso, malaticcio, cagionevole individuo viene paragonato ad un famoso asino, di proprietà d’un tal Fechella (di cui dirò), usato per piccoli trasporti di derrate alimentari e/o oggettistica, asino che gravato di basto ne aveva la schiena piagata in piú punti, asino di cui si diceva che perfino la coda fosse marcita; a differenza però dell’individuo cui è paragonato il solerte asino, a malgrado delle sue afflizioni continuava ad essere adibito costantemente al suo lavoro e non se ne lagnava. Tuttavia il paragone tra il piagato asino e chi sia piú o meno autenticamente in modo continuo oppresso, abbattuto, prostrato, avvilito, tormentato, perché afflitto da malanni, acciacchi, malattie ricorrenti, m’appare ugualmente icasticamente calzante! Ciò precisato diamo dapprima un rapido sguardo alle voci dell’espressione, riservandoci di dire in coda del Fechella e della storia del suo asino.
ciuccio s.vo m.le = asino (cfr. antea sub 22);
trentatré agg. num. card. invar.
1 numero naturale corrispondente a trenta unità più tre; nella numerazione araba è rappresentato da 33, in quella romana da XXXIII
2 posposto al sostantivo, con valore di ordinale;
3 come s.vo m.le la parola che il paziente è invitato a pronunciare durante l'auscultazione del torace, perché genera un fremito dal quale il medico può trarre indicazioni circa la presenza di affezioni broncopolmonari: dica trentatré!. dal lat. pop. volg. tr(i)enta+tre(s) per il cl. trigintatre(s);
chiaje s.vo f.le pl. di chiaja = piaga, 1 lesione della pelle o di una mucosa, piú o meno profonda, che presenta difficoltà a rimarginarsi:tené ‘o cuorpo cupierto ‘e chiaje (avere il corpo coperto di piaghe) | essere tutto ‘na chiaja(essere tutto una piaga), averne in tutto il corpo.
2 (fig.) grave male, flagello: ‘e chiaje d’ Eggitto( le piaghe d'Egitto), secondo il racconto biblico, le dieci calamità con cui Dio puní gli egizi che tenevano gli ebrei in schiavitú
3 (fig.) dolore cocente: tené ‘na chiaja dint’ ô core(avere una piaga nel cuore); arapí ‘na vecchia chiaja(riaprire una vecchia piaga), rinnovare un dolore non del tutto sopito ' mettere ‘o dito ‘ncopp’â chiaja (mettere il dito sulla, nella piaga), toccare un argomento doloroso, delicato, imbarazzante; anche, rilevare il punto critico di una situazione
4 (fig. scherz.) persona molto noiosa, lamentosa: sî ‘na chiaja(sei una piaga, fai la piaga).
Voce dal lat. plaga(m) con tipico mutamento di pl in chi (cfr. platea→chiazza - plumbeum→chiummo etc.)
córa s.vo f.le = coda, estremità posteriore del corpo degli animali vertebrati, formata, nei mammiferi e nei rettili, da un prolungamento della colonna vertebrale. Voce dal lat. volg. coda(m), per il class. cauda(m) con tipica rotacizzazione osco-mediterranea d→r.
fràceta agg.vo f.le (al m.le fràceto) fradicia/o,marcia/o, marcita/o dal lat.fracida(m) f.le di fracidu(m) con sostituzione espressiva della occlusiva dentale sonora (d)
con l’occlusiva dentale sorda (t).
Fechella letteralmente piccola fica in quanto la voce a margine è il diminutivo (cfr. il suff. ella) di fica (= albero e frutto del fico e per traslato vulva; con etimo dal lat. *fica(m) femminilizzazione di ficu(m) marcato sul greco súkon che à anche il significato osceno; piú spesso in luogo del diminutivo f.le a margine se ne usa uno m.le: ficuciello con suff. m.le iello e suono di transizione – c – (cfr. balcone→balcun-c-iello); nel caso che ci occupa la voce a margine fu un soprannome cioè un appellativo familiare, scherzoso o ingiurioso, di una persona, diverso dal cognome e dal nome proprio, che prende generalmente spunto da qualche caratteristica individuale, fu un soprannome assegnato ad un piccolo, rinsecchito, vizzo omettino (un tale don Mimí(Domenico) Ascione, originario di Torre del Greco, ma non meglio identificato) che negli anni tra il 1928 ed il 1930, servendosi di un vecchio e malmesso somaro provvisto di basto e/o piccolo birroccio forniva servizio di piccolo trasporto di vettovaglie e/o masserizie. nella zona del cosiddetto Rione Luzzatti (rione di case popolari edificato nella zona orientale della città cioè a Poggioreale, voluto da Luzzatti Luigi uomo politico ed economista italiano, presidente del Consiglio nel periodo 1910-1911 (Venezia 1841 -† Roma 1927). Orbene nella zona suddetta don Mimí Ascione/Fechella ed il suo asino erano notissimi cosí che quando nella zona fu edificato per le partite di calcio della squadra del Napoli (la Società Sportiva Calcio Napoli S.p.A., abbreviata in SSC Napoli e nota come Napoli, fu ed ancóra è la principale società calcistica della città di Napoli, militante all’attualità in Serie A; fu fondata il 1º agosto 1926 su iniziativa dell'industriale napoletano, ma di ascendenze semitiche, Giorgio Ascarelli(Napoli, 18 maggio 1894 – †12 marzo 1930) con il nome di Associazione Calcio Napoli, ed assunse poi l'attuale denominazione nel 1964.
Il simbolo del club attualmente è l'Asinello,ma in origine fu quello del Cavallo rampante sfrenato il medesimo del municipio cittadino, mentre il colore sociale è l'azzurro-cielo e non il blu-savoia di talune improvvide, iettatorie divise talvolta indossate. Gioca attualmente le partite interne allo stadio San Paolo, inaugurato nel 1959.)Ripeto: cosí che quando nella zona fu edificato per le partite di calcio della squadra del Napoli uno stadio progettato da Amedeo D'Albora su commissione del primo presidente del Napoli l’industriale Giorgio Ascarelli ed edificato nei pressi della zona nota come "Rione Luzzatti", sulle tribune costruite in legno dell'impianto, inizialmente denominato "Stadio Vesuvio"),sulle tribune, tra i 20.000 spettatori ce n’erano numerosissimi provenienti appunto dalla predetta zona; la squadra di calcio del Napoli alle sue prime esibizioni non ebbe eccessiva fortuna ed i risultati ottenuti furono tutt’altro che esaltanti, cosí avvenne che all’ennesima sconfitta rimediata dalla squadra napoletana tra le mura amiche si levò la voce anonima d’uno spettatore, peraltro tifoso azzurro da quel momento diventato anonimamente famoso, che esclamò:” Ato ca cavallo sfrenato, chisto me pare ‘o ciuccio ‘e Fechella!” (Altro che cavallo sfrenato, questo mi sembra l’asino di Fichella!); da quel momento l’emblema del Napoli calcio non fu piú il cavallo rampante e sfrenato, ma l’umile paziente laborioso asinello.
E qui penso di poter chiudere queste lunghissime pagine, augurandomi d’avere accontentato l’amico A.B. ed interessato qualcuno dei miei ventiquattro lettori.
Satis est.
Raffaele Bracale
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