domenica 27 giugno 2010

RANCORE, ASTIO, LIVORE,& dintorni

RANCORE, ASTIO, LIVORE,& dintorni

Raccolgo qui di sèguito l’ennesima sfida/ provocazione del mio carissimo amico N.C. (i consueti problemi di privatezza mi impongono l’indicazione delle sole iniziali di nome e cognome)che mi chiede di parlare delle voci dell’italiano in epigrafe, di altri sinonimi e delle corrispondenti voci del napoletano. L’accontento súbito e comincio con il parlare di

rancore s.vo m.le astr. moderato sentimento di odio nascosto; debole, ma continuo risentimento, malanimo: avere, nutrire, serbare rancore contro, verso qualcuno; dimenticare i vecchi rancori; lasciarsi senza rancore. Quanto all’etimo la voce è dal lat. tardo rancore(m), propr. 'rancidezza', deriv. di rancíre 'essere rancido'; semanticamente il collegamento tra rancore (forte risentimento) e la rancidezza è da trovarsi proprio nel fatto che come la rancidezza si dice di sostanza grassa che si è alterata ed à preso un odore e un sapore forte o pungente e sgradevole, cosí l’odio nascosto, il risentimento, il malanimo son da accreditarsi di sgradevolezza e figuratamente di duraturo sapore forte o pungente;
astio, s.vo m.le astr. moderato rancore,contenuto malanimo: provare, nutrire astio verso, contro qualcuno; guardare, rispondere con astio. Voce derivata dal got. haifsts 'lite'
livore, s.vo m.le astr.
1 sentimento di aspra e sorda invidia; intenso astio, forte rancore: animo pieno di livore
2 (ant.) lividezza, aspetto livido.
Voce dal lat. livore(m), deriv. di livíre 'essere livido'
animosità, s.vo f.le astr.
1 in primis vale coraggio
2 per ampiamento semantico come nel caso che ci occupa: malanimo duraturo, ostilità fattiva e progettuale, rancore concreto: giudicare onestamente senza animosità
Voce derivata dal lat. tardo animosita(tem) 'coraggio'

odio s.vo m.le astr. ed è la piú generica delle voci italiane esaminate. 1 sentimento di grandissima ostilità ed avversione per cui si desidera il male altrui: odio cieco, feroce, mortale, implacabile; parole di odio; nutrire odio contro qualcuno; portare odio a qualcuno; covare un odio profondo; essere accecato dall'odio; aizzare, fomentare gli odi | avere in odio, odiare | essere in odio a qualcuno, essere odiato da lui | venire in odio a qualcuno, diventargli odioso | odio di classe, ostilità tra le classi sociali, e in partic. della classe sfruttata contro gli sfruttatori
2 senso di ripugnanza, di contrarietà, d'intolleranza per qualcosa: avere in odio le chiacchiere, i convenevoli, i compromessi.
Voce derivata dal lat. odiu(m), deverbale di odisse 'odiare'.
A questo punto occorre fare una precisazione e dire che nella lingua italiana le voci fin qui esaminate sono spessissimo usate quali sinonimi, essendo ormai invalso l’uso (anche per colpevole neghittosità (per evitar di parlare di ignoranza…) della classe insegnante) di non far distinzioni e di non insegnare ai discenti che esistono sottili differenze tra i significati termini suddetti, differenze che invece esistono e sono sostanziali attesa la graduazione e/o intensità del sentimento o sensazione che accompagna or l’uno or l’altro termine; uguale se non maggiore è la graduazione e/o intensità del sentimento o sensazione che connotano le voci napoletane che ripetono quelle dell’epigrafe. Vediamole:
àsteo s.vo m.le astr. contenuto sentimento di malanimo e di rancore covato verso persona da cui si ritiene d’avere ricevuto gravi torti, o causato da invidia o gelosia; è voce derivata per adattamento locale dal prov. àstiu;
arzillo s.vo m.le astr. sentimento di pungente intensa e durevole invidia;è voce desueta che etimologicamente deriva dal lat. asilu(m)”tafano” di cui semanticamente richiama il pungente fastidio con epitesi di una erre eufonica e raddoppiamento espressivo della consonante laterale alveolare (l) secondo il percorso asilu(m)→arsilu(m)→arsillu(m)→arzillo;
éncia – enciaría – ingiaría (angiaría)
s.vi f.li astr.
I vocaboli a margine fanno parte di quel gruppo di parole desuete che è ormai quasi impossibile cogliere sulle labbra anche dei napoletani piú anziani ed a stento si ritrovano nei versi di qualche poeta d’antan e bisogna far ricorso ad un qualche calepino per intenderne il significato, se non lo si riesce a cogliere dal contesto.
Cominciamo con lo stabilire che i primi tre vocaboli qui a margine , (il quarto, messo tra parentesi, è solo una corruzione dei primi ed è usata dal popolino o dai meno versati nell’idioma napoletano) come che derivanti da un’unica radice son quasi dei sinonimi nel significato di: in primis rabbia dispettosa, puntiglio, e poi grandissimo odio; per vero tali significati si attagliano precisamente alla parola encia, mentre enciaría ed ingiaría nonché la corrotta angiaría tutte forgiate su éncia significano piú acconciamente: ingordigia,stizza,soperchieria e solo estensivamente vessazione derivante da odio .
Ciò detto rammenterò che talvolta mi è occorso di udire, da vecchi napoletani – come ò detto - angiaria patente corruzione dei termini in epigrafe e non corruzione del toscano angheria che à altro significato ed altra etimologia.
Sgombrato cosí il campo e precisato che il toscano angheria à un etimo latino (aggaría dal greco aggaros) e significa costrizione, dirò che la parola encia deriva dall’antico francese haenge (odio) e sulla medesima parola addizionate del suff. di pertinenza aría sono forgiate enciaría, ingiaría nonché la corrotta angiaría.
Purtroppo queste parole sono scomparse a mano a mano per esser sostituite dalle significate parole toscane pronunciate naturaliter in modo sciatto e raffazzonato, per farle apparire dialettali, determinando invece non un arricchimento dell’idioma locale, ma un suo malinconico, colpevole, stupido depauperamento;
mpicca s.vo f.le astr. in primis
1puntiglio dovuto a risentimento, orgoglio, ostinazione; poi
2 per ampliamento semantico rancore pungente; è voce desueta che etimologicamente è un deverbale del fr. piquer 'passare con una punta', poi 'punzecchiare', di orig. onomatopeica; da notare che la voce in origine fu picca passata poi a mpicca con protesi eufonica d’una n(diventata m davanti all’esplosiva (p)) enne che come tale non necessita di alcun segno diacritico essendo originariamente solo una consonante eufonica di comodo e non residuo di un in aferizzato ‘n;
‘nteressía s.vo f.le astr. in primis
1discordia,malumore, contrasto ostinato; poi
2 per ampliamento semantico disprezzo, ostilità, acredine, dispetto persistente, insistente, durevole; è voce desueta che viene quasi esclusivamente usata nell’espressione mettere ‘nteressía= mettere zizzania ed è voce etimologicamente deverbale dell’infinito lat. interesse (= essere, stare,porsi, trovarsi in mezzo) con aferesi della i di in→’n ed aggiunta del suffisso di origine greca (-ía) usato per
formare sostantivi indicanti per lo piú una nozione astratta, o derivati da aggettivi italiani (allegría, filosofía, gelosía); è suffisso checompare anche nei nomi di grandi regioni geografiche (Bulgaría, Romanía).
‘nzammurramiento s.vo m.le astr. in primis
1discordia,malumore,disamore,indifferenza, disinteresse astioso; poi
2 per ampliamento semantico grande disprezzo, ostilità continuata, freddezza, disinteresse, antipatia, distacco, noncuranza, uggia, malevolenza, acrimonia, acredine, asprezza persistente; durevole; è voce desueta che etimologicamente è denominale di ammore con il prefisso distrattivo ins→’nz, raddoppiamento espressivo della consonante liquida vibrante ( r ), ed aggiunta del suffisso iento adattamento locale per dittongazione di un originario ente/o suffisso del part. pres. dei verbi in -ere e -ire, molti dei quali aggettivati o sostantivati (perdente, morente), derivato dal suff. lat. -ĕnte(m) con cui si formavano i part. pres. della II, III e IV coniugazione;
ruzza/ruzzimma s.vo f.le concreto nel suo significato primo, astratto in quello traslato che ci occupa;
1 sostanza di colore bruno-rossastro, costituita da ossidi idrati di ferro, che si forma per ossidazione sulla superficie del ferro e di leghe ferrose esposte all'aria e all'umidità; la sua formazione è continua e prosegue sempre più in profondità, disgregando il materiale || Usato anche come agg. e s.vo m.le invar. ( ruzzo)del colore della ruggine:’nu canciello ruzzo (un cancello color della ruggine) mela, pera ruzza, con la buccia color ruggine
2 (fig.ed è il ns. caso) malanimo, astio, rancore: tené ‘na ruzza cu quaccuno(avere della ruggine con qualcuno); tra vvuje ddujenun se po’ levà ‘sta ruzza ‘a miezo?(non è possibile eliminare questa ruggine tra di voi?)
3 (agr.) malattia che colpisce i cereali, dovuta a un fungo parassita; si manifesta con macchie rossicce sulle foglie: ‘sta chianta è cchiena ‘e ruzzimma! (questa pianta è piena di ruggine!); etimologicamente le due voci (di cui la seconda è solo un allungamento della prima servendosi del suffisso imma) derivano da un lat. volg. *(ae)rugia(m)→ruggia→ruzza per il class. aerugine(m), deriv. di aes aeris 'rame';
‘nsavuorio s.vo m.le astr.voce ampiamente desueta che un tempo venne usata quale avverbio (in odio, a dispetto,), ma che come sostantivo vale odio intensissimo e duraturo, disgusto spiccato, dispregio deciso di persona o cosa,pronunciata ripugnanza,marcata antipatia; non semplicissima la questione etimologica della voce a margine: anticamente il D’Ambra e successivamente molti epigoni suoi ipotizzò un insan(um)+ŏdiu(m)→insanŏdiu(m)→’nsanuodio→’nzavuorio; orbene se si possono accettare il normale passaggio di (i)nsa a ‘nza, la dittongazione uo della ŏ di ŏdiu(m) e la rotacizzazione osco-mediterranea d→r che condurebbero ŏdiu(m) a uorio in alcun modo, neppure per dissimilazione si spiega il passaggio a v della seconda n di insan(um), per cui penso che sia da scartare l’ipotesi del D’Ambra, come respingo l’idea del D’Ascoli che fantasiosamente e senza alcun aggancio semantico propose una derivazione da un *’nzawerre che pensò costruito su di un longobardo werra=guerra. A mio sommesso avviso è piú ragionevole pensare ad un insavore(m)→’nsavore(m)→’nzavuorio denominale del lat. sapōre(m) con la o lètta breve, deriv. di sapere 'avere sapore' addizionato in posizione protetica di un in→’n distrattivo; la mia ipotesi si spiegherebbe semanticamente con il fatto che ciò (cosa,o persona) che manca di sapore può essere disgustoso se non ripugnante ed esser tenuto in dispregio.
Ed a questo punto penso d’avere esaurito l’argomento, d’aver contentato l’amico N.C.e qualche altro dei miei ventiquattro lettori e poter ben dire Satis est.
Raffaele Bracale

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