venerdì 18 febbraio 2011

BOTTEGAIO – VENDITORI & DINTORNI

BOTTEGAIO – VENDITORI & DINTORNI


Questa volta per contentar l’amico Edoardo C. ( peraltro dettosi molto soddisfatto di quanto, su suo invito, scrissi circa i Contenitori & altro) per contentar, dicevo, l’amico Edoardo C. che me ne à richiesto,cercherò di illustrare le voci in epigrafe e quelle corrispondenti del napoletano, considerando però solo le voci generiche senza addentrarmi in quelle specifiche quali ad es potrebbero essere :orefice, gioielliere ( che nel napoletano ànno il corrispondente in arefice), salumiere (che nel napoletano à il corrispondente in casadduoglio), o merciaio(che à nel napoletano i corrispondenti zarellaro/zagrellaro/zagarellaro).
Ciò detto, cominciamo col dire che, partendo dalla voce piú comune, in italiano abbiamo:
- commerciante s. m. e f. chi per professione esercita un commercio: commerciante in legnami, di tessuti etc.; la voce commercio che è alla base del verbo commerciare (= svolgere un’ attività di intermediazione nello scambio delle merci, scambiare merci con denaro o altra merce, barattare, mettere in vendita) donde deriva quale part. pres. la voce a margine, viene dal lat. commerciu(m), comp. di cum 'con' e merx-mercis 'mercanzia, merce';
- negoziante s. m. e f. chi per professione gestisce un negozio di vendita al pubblico: negoziante di vini; negoziante al minuto, all'ingrosso: chi esercita un commercio di merci vendute al dettaglio o in grandi quantità; quanto all’etimo la voce a margine è il part. pres. del verbo negoziare che deriva dal lat. negotiari, deriv. di negotium 'affare, negozio' e che nell’ordine vale:
1)trattare per la compravendita,
2)condurre le trattative per raggiungere un accordo, spec. in ambito politico,
3)acquisire i diritti di un titolo di credito anticipandone l'importo, salvo rimborso in caso di mancato pagamento da parte del debitore,
ma in senso esteso e nell’accezione che ci occupa, sta per 4) esercitare il commercio, commerciare: negoziare in olio, in granaglie etc.;
- venditore s. m. [f. -trice, pop. -tora] chi vende o à venduto qualcosa; piú specificamente, proprietario o gestore di un negozio di vendita, oppure chi, in una organizzazione di vendita, è a diretto contatto con il cliente ' venditore ambulante, chi esercita un commercio al minuto spostandosi da luogo a luogo con tutta la sua mercanzia ' venditore di fumo, (fig.) millantatore, ciarlatano; la voce etimologicamente è dal lat. venditore(m);
- bottegaio s. m. [f. -a]
1) proprietario, gestore di una bottega, spec. di generi alimentari,
2)(in senso spreg.) persona venale e gretta; trafficante, speculatore;
la voce a margine, quanto all’etimo (cfr. infra bottega) è un derivato del lat. apothēca, addizionato del suff. di appartenenza arius→aio;
- trafficante s. m.o f.
1) mercante,
2) [anche f.] chi esercita traffici, soprattutto se illeciti: un/una trafficante di droga |
3)(fig.) persona che briga per conseguire i propri interessi; quanto all’etimo la voce a margine è il part. pres. del verbo trafficare che vale: a)commerciare in qualcosa: trafficare in vini b) esercitare traffici illeciti: trafficare con merce rubata
c) darsi da fare, affaccendarsi: à trafficato tutto il giorno per casa;
usato in senso spregiativo vale
a1) commerciare, vendere: trafficare cariche
b1) maneggiare;
quanto all’etimo la voce a margine deriva dal catal. trafegar "travasare", e piú genericam. "spostare da un luogo a un altro", ricondotto a un lat. *transfaecare "liberare dalla feccia".

Le voci di pertinenza o riferimento di quelle appena esaminate sono:
bottega s. f.
1) locale al piano terreno, per lo piú aperto sulla strada, dove si espongono e si vendono merci di vario genere; negozio: la bottega del panettiere | aprire, mettere su bottega, mettersi a fare il negoziante; cominciare un commercio, un'attività | chiudere bottega, cessare la propria attività commerciale o (fig.) interrompere ciò che si sta facendo, abbandonare un'impresa | stare di bottega, avere il negozio in un dato luogo | fondi, scarto di bottega, merce residua di una vendita; (fig.) roba di nessun valore | far bottega di tutto, (fig.) far commercio di qualsiasi cosa, anche di ciò che non andrebbe trattato come merce | essere uscio e bottega, (fig.) abitare vicino alla bottega o, per estens., al posto di lavoro | avere la bottega aperta, (scherz.) i pantaloni sbottonati. DIM. botteghina, botteghino (m.) accr.: bottegone (m.) vezz.: botteguccia
2) laboratorio, officina dove lavora un artigiano: la bottega del calzolaio | andare, stare, mettersi a bottega da qualcuno, imparare presso di lui il mestiere, fare l'apprendista
3) nel medioevo e nel rinascimento, il laboratorio di un artista famoso, frequentato da aiutanti e allievi; anche, la sua scuola artistica: la bottega di Giotto | opera di bottega, opera non attribuibile a un artista, ma eseguita dalla sua scuola;
quanto all’etimo l’italiano bottega - come ò già accennato - è un derivato del lat. apothēca
negozio, s. m.
1) affare, operazione commerciale: trattare, concludere un negozio; fare un cattivo negozio | negozio giuridico, (dir.) la dichiarazione di volontà del privato volta al raggiungimento di fini pratici protetti dall'ordinamento giuridico; può essere unilaterale (p. e. un testamento) o bilaterale (p. e. un contratto di compravendita)
2) nel senso che ci occupa,, locale direttamente accessibile dalla strada, generalmente al pian terreno, dove si vendono merci al minuto; anche, l'impresa commerciale che gestisce tale locale; bottega: un negozio ben fornito, di lusso; un negozio di articoli sportivi, di parrucchiere; aprire, rilevare un negozio | giovane di negozio, (antiq.) garzone. dim. negozietto accr. negozione spreg. negoziuccio pegg. negoziaccio
3) (lett.) attività, occupazione
4) (ant.) incarico, mansione;
quanto all’etimo negozio è un derivato del lat. negotiu(m) 'affare, occupazione, interesse', comp. di nec 'non' e otium 'riposo dagli affari, tempo libero, ozio';
- esercizio, s. m.
1) l'esercitare, l'esercitarsi: esercizio della memoria, di una professione; libero esercizio dei propri diritti; esercizio delle proprie funzioni, l'adempimento di esse | tenere, tenersi in esercizio, esercitare, esercitarsi | fare esercizio, esercitarsi; in partic., fare del moto | essere in esercizio, fuori esercizio, allenato, non allenato; riferito a impianto, essere, non essere in funzione
2) prova o insieme di prove che servono ad acquistare pratica in una materia o in un'attività: libro, quaderno degli esercizi; fare un esercizio di traduzione, di matematica; esercizi atletici, ginnici; esercizi di pianoforte | (lett.) prova severa: esercizio di pazienza ' esercizi spirituali, pratica religiosa che consiste nel ritirarsi temporaneamente dalle normali occupa,zioni per trascorrere alcuni giorni in preghiera e in meditazione
3) nel senso che ci occupa, gestione, conduzione di un'azienda, di un negozio; anche, l'azienda, il negozio stesso: licenza d'esercizio; aprire un esercizio di generi alimentari | pubblico esercizio, albergo, ristorante, bar, sala di spettacolo e sim.
4) periodo di gestione, per lo piú annuale, di un ente, di un'impresa: esercizio finanziario; l'esercizio 2007 si è chiuso in deficit; costi d'esercizio, riguardanti la normale gestione, non già l'acquisizione di beni capitali | esercizio provvisorio, autorizzazione che il parlamento dà al governo ad erogare le spese e a riscuotere le entrate corrispondenti all'ordinaria amministrazione, in attesa di una ritardata approvazione del bilancio preventivo;
quanto all’etimo la voce esercizio è un derivato del lat. exercitiu(m) deriv. di exercíre 'tenere in esercizio, esercitare'
- rivendita, s. f.
1) il rivendere,
2) nel senso che ci occupa, spaccio in cui si vendono merci al minuto: rivendita di generi alimentari, di tabacchi;
quanto all’etimo rivendita è un deverbale di rivendere che è dal lat. tardo revendere, comp. di re-, con valore iterativo, e vendere 'vendere';
- emporio s. m. 1) grande centro commerciale, luogo di raccolta e di smistamento di merci: il Pireo fu il maggiore emporio della Grecia antica | (fig. lett.) centro di diffusione di cultura:
2) nel senso che ci occupa,, grande magazzino dove si vendono merci di ogni genere; negozio che vende prodotti varî
3) (estens.) grande quantità di cose diverse, spec. se ammucchiate disordinatamente;
quanto all’etimo la voce in esame è un derivato del lat. emporiu(m), dal gr. empórion, deriv. di émporos 'viaggiatore per commercio, mercante', comp. di en 'in' e póros 'passaggio, cammino';
- laboratorio, s. m.
1) locale o complesso di locali attrezzati per ricerche scientifiche: laboratorio chimico, farmaceutico; laboratorio di analisi; esperienze di laboratorio | laboratorio linguistico, dotato di apparecchiature che rendono piú agevole l'apprendimento di una lingua straniera | laboratorio spaziale, situato in un satellite artificiale o veicolo spaziale; per estens., il satellite o il veicolo stesso
2) nel senso che ci occupa,officina annessa ad un negozio; locale dove si svolgono attività artigianali: il laboratorio di una gioielleria; laboratorio di sartoria;
quanto all’etimo laboratorio è un derivato del lat. mediev. laboratoriu(m) 'lavorabile', deriv. del class. laborare 'lavorare',
- officina s. f. 1) complesso di impianti adibiti a lavorazioni di carattere artigianale o industriale; il locale o i locali in cui sono installati tali impianti | nell'uso corrente, laboratorio meccanico per la riparazione di veicoli a motore: portare l'automobile in officina; officina mobile, montata su autofurgoni o altri mezzi di trasporto | nave officina, attrezzata per riparazioni in mare; 2) bottega, laboratorio di un artista | (fig.) ambiente in cui si producono opere artistiche, letterarie, scientifiche; centro di propulsione di attività intellettuali, spirituali; molto interessante l’etimologia di officina che è dal lat. officina(m), derivato da un piú ant. opificina, deriv. di opifex -ficis 'operaio', comp. di opus -eris 'opera' e un corradicale di facere 'fare'.
Ed ora veniamo al napoletano dove per indicare il bottegaio, abbiamo le seguenti voci generiche:
accattevvénne s.m.e f. mercante soprattutto al minuto, bottegaio, o commerciante girovago di merci varie,o anche di merci usate(soprattutto abiti) commercio effettuato però (per evitare giacenze di magazzino o deposito) senza far correr eccessivo lasso di tempo tra l’acquisizione delle merci e la loro rivendita; manca nell’italiano una precisa voce che ripeta questa napoletana a margine; l’unica che potrebbe, ma relativamente accostarvisi, sia pure soltanto per ciò che riguarda il commercio delle merci usate(soprattutto abiti), è cenciaiuolo/cenciaio= chi compra e rivende stracci e cenci: ma per l’esatta voce del napoletano che indica codesto cenciaiuolo/cenciaio vedi infra sapunaro;
quanto all’etimo la voce a margine risulta essere l’agglutinazione di due voci verbali: accatta e venne; accatta (3 per. sg. ind. pres. dell’infinito accattare/accattà= comprare, acquistare, ma in origine prendere, conquistare giusta l’etimo dal lat. ad+ captare che è un frequentativo di capere=prendere); venne (3 per. sg. ind. pres. dell’infinito vennere= vendere, cedere ad altri la proprietà di qualcosa ricevendone un corrispettivo ; l’etimo di vennere è dal lat. vendere, da vínum dare 'dare in vendita' con la tipica assimilazione progr. nd→nn; l’agglutinazione di accatta con venne attraverso la congiunzione e à prodotto la caduta della a finale di accatta e la geminazione della v di venne; per cui si è avuto accatta e vvénne→accattevvénne;
- bazzariota s.m. voce antica e desueta che in origine indicò un rivenditore girovago, un treccone cioè un venditore al minuto di generi alimentari (spec. verdure,legumi, uova, pollame ecc.); rivendugliolo cioè chi rivende al minuto, per lo piú cibo o merci di poco conto, in baracche o con carrettini, | (spreg.) venditore disonesto; poi per ampliamento semantico indicò il perdigiorno, il briccone, il giovinastro sfaccendato (detto alibi icasticamente stracquachiazze e cioè propriamente il bighellone aduso ad un cosí lungo, continuo, ma inconferente girovagare tale da addirittura consumare, stancar le piazze; di per sé il verbo stracquà che forma la voce stracquachiazze unito con il sostantivo chiazze plurale di chiazza (=piazza dal latino platea) indicherebbe lo spiovere, il venir meno della pioggia, ma nel caso di stracquachiazze estensivamente sta per il venir meno… delle forze o della consistenza strutturale delle ipotetiche piazze calpestate, senza tregua dal perdigiorno o dal bazzariota di turno;
quanto all’etimo bazzariota deriva dall’arabo bazàr=mercato attraverso un greco mod. bazariotes o pazariotes= mercante, negoziante;

- putecaro s.m. (al f. –ara) che letteramente indica
1)il titolare di una (vedi infra) puteca, proprietario, gestore di una bottega, spec. di generi alimentari,
(in senso spreg.) 2) persona venale e gretta;
3)trafficante;
la voce putecaro etimologicamente – come ò accennato – parte dal sost. puteca ( che è dal greco apothéki→(a)pot(h)éki→puteca ) con l’aggiunta del consueto suff. di competenza arius→aro;
- sapunaro s. m. letteralmente venditore girovago, chi al grido di “Sapunaro! Rrobba vecchia!” compra e rivende roba usata di scarso valore, rigattiere, robivecchi; tale venditore girovago aduso a comprare e rivendere, per poche lire, roba vecchia, usata, di scarso valore tra cui pentolame, cenci, ed abiti dismessi era solito offrire in cambio di dette merci in luogo di (sia pure poco) danaro, del sapone voce che è dal tardo lat. sapone(m), e che indicò in origine una 'miscela di cenere e sego per tingere i capelli', voce di orig. germ. (vedi sapp) solo successivamente indicò le paste usate quali detergenti. Rammenterò che i saponi conferiti dai saponari nei loro scambi, non erano le saponette industriali che conosciamo, ma un tipo di sapone artigianale molto morbido e di colore ambra (da usare per detergere abiti e biancheria e non per la pulizia personale), che veniva ceduto avvolto in fogli di carta oleata, affettato, staccandolo con una lama da un parallelepipedo compatto; tale sapone ceduto dai robivecchi in cambio di roba usata e/o cenci ed abiti dismessi, era comunemente detto sapone ‘e piazza= sapone della piazza, che s’ebbe tale nome perché venduto non in una qualche specifica bottega (come è invece per altre merci) , ma esclusivamente per istrada /piazza dai venditori girovaghi e/o rigattieri, robivecchi (saponari ) che ne erano anche i produttori artigianali secondo antiche ricette ; ricorderò che il cosiddetto sapone ‘e piazza non va confuso con un precedente sapone niro (sapone,che a causa degli scadenti ingredienti usati per prepararlo s’ossidava facilmente prendendo un un colore scuro, da cui il nome: infatti tale sapone familiar/artigianale scadente era prodotto servendosi di oli e/o grassi animali irranciditi ed aveva una consistenza di pomata, tanto da esser prelevato con una spatola; leggermente migliori erano gli ingredienti usati per produrre l’artigianale sapone ‘e piazza che era piú consistente tanto da poter essere affettato ed era d’uno scintillante colore ambra-dorata che gli proveniva probabilmente dagli olii vegetali con cui veniva prodotto(palma, olivo etc.); rammento che ormai quasi del tutto scomparsa la figura del saponaro ed i pochissimi rigattieri girovaghi che ancóra percorrono le vie della città non offrono piú sapone di piazza in cambio di merci usate, ma poco danaro o utensili in plastica ed il sapone di piazza non viene piú prodotto artigianalmente dai medesimi saponari, ma se ne puó trovare una sorta di scadente imitazione prodotta industrialmente e venduta in modeste pezzature predeterminate in forma di piccolo parallelepipedo avvolte in fogli di plastica trasparente, laddove il sapone di piazza d’antan prodotto artigianalmente aveva la forma di un grosso parallelepipedo che veniva affettato volta a volta nelle quantità richieste cedute involte in foglietti di carta oleata. Va da sé che la voce a margine saponaro deriva da sapone(m) + il suff. di competenza arius→aro;

- sciammuttajuolo s. m. antica e desueta voce con la quale si indicò quel generico commerciante, sorta di rigattiere che si dedicava a gli sciammuottoli= piccoli traffici, contenuti affarucci, scambi e baratti o all’aria aperta o in minuscole bottegucce nei mercatini rionali, contentandosi di sciammuttulïà= guadagnucchiare, fare piccolissimi guadagni, ottenuti spesso con varî generi di espedienti ( tra i quali talvolta non mancava il furtarello);
non tranqullissimo l’etimo del verbo sciammuttulïà donde derivano anche sia sciammuottolo che sciammuttajuolo; qualcuno ipotizza uno *sciambà (da un lat. *examplare= rendere ampio, ma non mi riesce di cogliere il collegamento semantico, neppure per traslato , esistente tra il rendere ampio ed il guadagnucchiare, fare piccolissimi guadagni; preferisco (quantunque non chiarissima...) l’idea del Faré che riferendosi al concetto di baratto, scambio ipotizzò un metaplasmo operato partendo da un lat. tardo cambiare→scambiare , di orig. gallica attraverso un fr. échanger, temo però comunque che occorrerà tornare su queste voci per tentare di venire a capo dell’esatto percorso semantico e morfologico dell’etimo proposto dal Faré ;
suggeco s.m. altra antica voce desueta che tuttavia compare – con qualche aggiustamento (subico - suggicu – subiugo) - in Calabria e Sicilia; voce che indicò il venditore al minuto (con botteguccia o piú spesso, carrettino o banco fisso in mercatini rionali) di cibi crudi e/o cotti; l’etimo della voce a margine è dal lat. subiugus= soggetto al giogo che nella fattispecie, semanticamente è quello dell’ assisa (=tassa, imposta,sorta di calmiere, voce derivata dal fr. ant. assise, che è dal lat. mediev. accisia, deriv. di accidere 'tagliare');il suggeco si ebbe questo nome trattandosi infatti di un commerciante soggetto alle ricognizioni continue degli ufficiali deputati della grascia voce che derivata dal lat. volg. *crassia(m), che è da crassus;indicò1)nel medioevo, ogni sorta di vettovaglia da cui era costituito l'approvvigionamento di una città; anche, il dazio che si doveva pagare per introdurvela
2)la magistratura cittadina che sovrintendeva agli approvvigionamenti;
va da sé che gli ufficiali della grascia nelle loro visite, come primo provvedimento esigessero la tassa dell’assisa, o multassero chi non applicasse i prezzi stabiliti con il calmiere; non mi risulta che esista nell’italiano una voce che corrisponda al napoletano suggeco;
- trafecante s.m. commerciante, negoziante generico chiunque compra e rivende qualcosa; per estensione e figuratamente: maneggione cioè chi à per le mani molti traffici e affari, soprattutto se poco puliti;
quanto all’etimo si tratta del part. pres. del verbo trafecà dal catal. trafegar "travasare", e piú genericam. "spostare da un luogo a un altro", ricondotto a un lat. *transfaecare "liberare dalla feccia".

Come ò fatto per le voci dell’italiano, tratto ora
le voci napoletane di pertinenza di queste appena illustrate; abbiamo:

bazzarre s.m. = 1) bazar,
2) negozio in cui si vendono le merci piú svariate,
3) emporio di articoli spesso di scarso valore. ...
4) (fig.) luogo pieno di oggetti ammassati alla rinfusa.
quanto all’etimo la voce a margine deriva dall’arabo bazar (marcato sull’omonimo persiano bazar 'mercato'); la voce del napoletano ( che – come risaputo - rifuggia dalle parole terminanti per consonante: unica eccezione nun) à comportato il tipico raddoppiamento espressivo della consonante erre e la paragoge della vocale finale evanescente (cfr. alibi tramme←tram, bisse←bis, barre←bar,gasse←gas, autobbusso←autobus)
nijozio s.m. brutta vecchia voce peraltro pochissimo usata nel parlato popolare (che gli preferí sempre la voce successiva), ma in uso nel linguaggio dei letterati o di autori di canzonette, linguaggio dove accanto al significato di negozio, ebbe varî significati traslati: cosa di cui non soccorre il nome, notizia, generica cosa, membro virile quanto all’etimo siamo in presenza d’un osceno adattamento dell’italiano negozio sconcezza operata da non so bene quale improvvido letterato aduso a trattare piú con i volumi della propria bibloteca che con l’eloquio del popolo;
puteca s.f. bottega, locale al piano terreno, per lo piú aperto sulla strada, dove si espongono e si vendono merci di vario genere; negozio, ma anche ripostiglio, magazzino;
l’etimo – come ò già accennato - è dal greco apothéki→(a)pot(h)éki→potèki→puteca )
fraseologia: casa e puteca - metterse ‘e casa e puteca Ad litteram: casa e bottega soprattutto nell’espressione mettersi di casa e bottega Id est: applicarsi grandemente a qualcosa con attenzione e dedizione; cosí si dice di chi per evitare di perder tempo, volendolo dedicare tutto al lavoro, abbia preso dimora in una di quelle piccole abitazioni che – un tempo – erano sovrastanti le botteghe, abitazioni che per esser molto prossime al luogo di lavoro consentivano a chi le abitava di non perder tempo per recarsi al lavoro, ma consentivano di trovarsi subito sul luogo del lavoro e dedicarvi tutto il tempo occorrente; oggi - per traslato la frase in epigrafe è usata per sottolineare la grande dedizione che qualcuno ponga nel proprio impegno sia concreto che morale, quasi che realmente abbia preso dimora nei pressi di dove tale impegno si esplica o si debba esplicare.

sciammuottolo s.m. antichissima voce in uso nel linguaggio popolare ed attesta per iscritto in Biaso Valentino scrittore di metà seicento di cui fallano precise notizie biografiche-? † fine 1600 ca (di professione scrivano e mediocre poeta, a credere al Galiani), voce usata nei significati di botteguccia, piccolo negozio oltre che (vedi antea – anche per l’etimo - sub sciammuttajuolo) in quelli di baratto, affaruccio.
E qui penso di poter far punto, convinto, se non di avere esaurito l’argomento, di averne détto a sufficenza.
raffaele bracale

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