lunedì 15 gennaio 2018

PE VVINTINOVE E TTRENTA.




PE VVINTINOVE E TTRENTA.
Questa volta è stato il  carissimo amico D. S. (i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad indicare solo le iniziali di nome e cognome) a  chiedermi via e-mail di chiarirgli  significato e portata dell’ espressionione partenopea   in epigrafe. Gli ò cosí risposto: l’espressione in esame  è il modo napoletano di rendere l'italiano PER UN'INEZIA,PER UN NIENTE e ciò perché tra 29 e 30 corre un niente; è vero che si sarebbe potuto scegliere altra coppia di numeri prossimi, ma temporibus illis  si  scelsero quei  due numeri e non altri possibili per una faccenda furbesca, in quanto 29 e 30 richiamavano alla mente  i numeri della smorfia 29 e 30  ed il prima indica  il pene, mentre il secondo si riferisce  ai testicoli che, nella morfologia dell’uomo, al pene  sono prossimi di un niente, un’inezia!). A margine di quanto détto vale forse la pena di illustrare i due numeri summenzionati: 29 – PICCIONE E OVE/‘O PATE D’’E CCRIATURE= il padre di bambini/e e cioè l’organo maschile della riproduzione, senza del quale si pensava fosse impossibile mettere al mondo dei nati, il péne; il giro di parole fu eufemisticamente usato per evitare di pronunciare parole piú disdicevoli; per vero tale circonlocuzione non è solo napoletana, ad un dipresso la si ritrova anche altrove; nel dialetto romanesco il poeta G.G.Belli trattando del medesimo organo riproduttivo intitolò un suo divertente sonetto addirittura Er padre de li santi e in riferimento all’organo femminile La madre de li santi.
Prendiamo in esame la voce ‘e ccriature; scritta con la geminata iniziale cc essa è il plurale di criatura/o  (che etimologicamente vengono dal latino creatura(m)) comprendente i due generi maschile e femminile: insomma ‘e ccriature  sono onnicomprensivamente i nati maschi e femmine e talvolta anche solo le nate femmine; mentre usando la c scempia: ‘e criature  si indica il plurale del maschile criaturo e dunque i soli nati maschi. Con il numero a margine si indicò un tempo altresí la chiave  ed il baco da seta per un collegamento in ogni caso furbesco: il primo da cercarsi nel fatto che la chiave entrando nella toppa si comporta ad un dipresso come il péne che penetra altra toppa;  nel secondo caso il baco da seta per la sua forma può essere furbescamente accostato  al padre delle creature e dunque al numero 29 che semanticamente  è accostato all’organo riproduttivo maschile  per una mera questione di rima che si coglie tra ventinove e la prima parte della spiegazione del numero piccione e ove  dove piccione è ovviamente il pene e le ove,  i testicoli!
30 – ‘E PPALLE D’’O TENENTE  e cioè le munizioni dell’obice di competenza del tenente, ma per traslato furbesco i testicoli  che intesi, impropriamente, sferici vengono assomigliati alle sferiche palle da cannone; va da sé che il tenente richiamato è ampiamente pretestuoso, suggerito come fu dalla facile rima con trenta.
Rammenterò che nei tempi andati, durante le estrazioni dei numeri nel corso di tombole familiari  e perciò ridanciane quando chi estraeva i numeri annunciava: Trenta! ‘E ppalle d’’o tenente! invariabilmente trovava un capo ameno che commentava per dileggio: Tu ‘e sciacque e i’ tengo mente… (tu le sciacqui ed io guardo!) e va da sé che non intendesse riferirsi alle munizioni…
Quanto all’etimo la parola tenente  è part. presente del verbo tenire  corradicale di tendere ed identifica l’ufficiale di grado superiore a sottotenente e inferiore a capitano, ma essendo un riferimento ameno non mette conto soffermarsi oltre. Con il numero a margine si indicò un tempo altresí la mozzarella  ed il pallone da calcio per un collegamento con le palle del tenente dunque al numero 30, in ambedue i casi  facile da cogliere e da ricercare nella sfericità sia delle munizioni (palle) del tenente, che delle mozzarelle, che del pallone da calcio.  Anche in questo caso semanticamente il 30 è accostato alle palle del tenente   per una mera questione di rima che si coglie tra trenta e tenente. Rammento che in napoletano essendo le vocali finali atone tutte evanescenti è normale e consentita la rima tra voci terminanti in  enta e voci terminanti in  ente.
 E qui penso di poter far punto convinto d’avere esaurito l’argomento, soddisfatto l’amico D.S. ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e piú genericamente  chi dovesse imbattersi in queste paginette.Satis est.
 Raffaele Bracale

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