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VVINTINOVE E TTRENTA.
Questa volta è stato il 
carissimo amico D. S. (i consueti problemi di riservatezza mi
costringono ad indicare solo le iniziali di nome e cognome) a  chiedermi via e-mail di chiarirgli  significato e portata dell’ espressionione partenopea   in epigrafe. Gli ò cosí risposto:
l’espressione in esame  è il modo
napoletano di rendere l'italiano PER UN'INEZIA,PER UN NIENTE e ciò perché tra
29 e 30 corre un niente; è vero che si sarebbe potuto scegliere altra coppia di
numeri prossimi, ma temporibus illis 
si  scelsero quei  due numeri e non altri possibili per una
faccenda furbesca, in quanto 29 e 30 richiamavano alla mente  i numeri della smorfia 29 e 30  ed il prima indica  il pene, mentre il secondo si riferisce  ai testicoli che, nella morfologia dell’uomo,
al pene  sono prossimi di un niente,
un’inezia!). A margine di quanto détto vale forse la pena di illustrare i due
numeri summenzionati: 29 – PICCIONE E OVE/‘O PATE D’’E CCRIATURE=
il padre di bambini/e e cioè l’organo maschile della riproduzione, senza del
quale si pensava fosse impossibile mettere al mondo dei nati, il péne; il giro
di parole fu eufemisticamente usato per evitare di pronunciare parole piú
disdicevoli; per vero tale circonlocuzione non è solo napoletana, ad un dipresso
la si ritrova anche altrove; nel dialetto romanesco il poeta G.G.Belli
trattando del medesimo organo riproduttivo intitolò un suo divertente sonetto
addirittura Er padre de li santi e in riferimento all’organo femminile La madre
de li santi.
Prendiamo in esame la voce ‘e ccriature; scritta con la
geminata iniziale cc essa è il plurale di criatura/o  (che etimologicamente vengono dal latino
creatura(m)) comprendente i due generi maschile e femminile: insomma ‘e ccriature  sono onnicomprensivamente i nati maschi e
femmine e talvolta anche solo le nate femmine; mentre usando la c scempia: ‘e
criature  si indica il plurale del
maschile criaturo e dunque i soli nati maschi. Con il numero a margine si
indicò un tempo altresí la chiave  ed il
baco da seta per un collegamento in ogni caso furbesco: il primo da cercarsi
nel fatto che la chiave entrando nella toppa si comporta ad un dipresso come il
péne che penetra altra toppa;  nel
secondo caso il baco da seta per la sua forma può essere furbescamente
accostato  al padre delle creature e
dunque al numero 29 che semanticamente  è
accostato all’organo riproduttivo maschile 
per una mera questione di rima che si coglie tra ventinove e la prima
parte della spiegazione del numero piccione e ove  dove piccione è ovviamente il pene e le
ove,  i testicoli!
30 – ‘E PPALLE D’’O TENENTE  e cioè le munizioni dell’obice di competenza
del tenente, ma per traslato furbesco i testicoli  che intesi, impropriamente, sferici vengono
assomigliati alle sferiche palle da cannone; va da sé che il tenente richiamato
è ampiamente pretestuoso, suggerito come fu dalla facile rima con trenta.
Rammenterò che nei tempi andati, durante le estrazioni
dei numeri nel corso di tombole familiari 
e perciò ridanciane quando chi estraeva i numeri annunciava: Trenta! ‘E
ppalle d’’o tenente! invariabilmente trovava un capo ameno che commentava per
dileggio: Tu ‘e sciacque e i’ tengo mente… (tu le sciacqui ed io guardo!) e va
da sé che non intendesse riferirsi alle munizioni…
Quanto all’etimo la parola tenente  è part. presente del verbo tenire  corradicale di tendere ed identifica
l’ufficiale di grado superiore a sottotenente e inferiore a capitano, ma
essendo un riferimento ameno non mette conto soffermarsi oltre. Con il numero a
margine si indicò un tempo altresí la mozzarella  ed il pallone da calcio per un collegamento
con le palle del tenente dunque al numero 30, in ambedue i casi  facile da cogliere e da ricercare nella
sfericità sia delle munizioni (palle) del tenente, che delle mozzarelle, che
del pallone da calcio.  Anche in questo
caso semanticamente il 30 è accostato alle palle del tenente   per una mera questione di rima che si coglie
tra trenta e tenente. Rammento che in napoletano essendo le vocali finali atone
tutte evanescenti è normale e consentita la rima tra voci terminanti in  enta e voci terminanti in  ente.
 E
qui penso di poter far punto convinto d’avere esaurito l’argomento, soddisfatto
l’amico D.S. ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e piú
genericamente  chi dovesse imbattersi in
queste paginette.Satis est. 
 Raffaele Bracale

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