TROCOLA/TROCCOLA/TROCIOLA
Il chiarissimo professore, amico S.V. [i consueti problemi di riservatezza mi
impongono di indicarne le generalità con le sole iniziali] mi à chiesto di
spendere qualche parola per illustrare il termine in epigrafe,che mi risulta
attestato con tripla morfologia di cui nella seconda è previsto il
raddoppiamento espressivo della C, mentre la terza è caratterizzata dall’infisso durativo -i-
nella voce di partenza. L’accontento qui di sèguito rammentando che a Napoli e
provincia con la voce in esame si fa riferimento ad una sorta di strumento
estemporaneo; esso è costituito da una tabella di legno d’abete dello spessore
di circa tre centimetri, lunga cinquanta centimetri e larga quindici
centimetri, provvista di un taglio superiore in funzione di manico e
caratterizzata da dieci o dodici maniglie di ferro avvitate su due file, ma
libere di piegarsi per modo che scuotendo vigorosamente e ruotando a dritta e
mancina la tabella, le maniglie battendo alternativamente in alto
ed in basso sul piano ligneo producano un secco rumore; la
trocola/troccola/trociola viene usata esclusivamente durante la settimana santa
(cioè dal lunedí dopo la domenica delle palme al sabato antecedente la Pasqua)
in sostituzione di campane e/o campanelli che sono vietati e spesso legati per
essere sciolti solo la domenica di Pasqua);
tale strumento in italiano è reso con i termini raganella oppure battola. E veniamo all’etimologia della voce
napoletana che nella sua morfologia originaria di trocola deriva dal greco
kròtalon [marcato sul verbo kròtalizo=scuotere] con la tipica metatesi
napoletana che qui muta di posto alla T ed alla K intesa C.
Mi pare non ci sia altro da aggiungere. Penso
di poter far punto convinto d’avere esaurito l’argomento, soddisfatto l’amico
S.V. ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e piú
genericamente chi dovesse imbattersi in
queste paginette.Satis est.
Raffaele Bracale
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