venerdì 6 agosto 2021

ALTERIGIA SUPERBIA, ARROGANZA, BORIA, TRACOTANZA, PROSOPOPEA, SPOCCHIA & affini

 

ALTERIGIA SUPERBIA, ARROGANZA, BORIA, TRACOTANZA, PROSOPOPEA, SPOCCHIA & affini

 

Sollecitato dalla richiesta dell’amico G.V.(questioni di risevatezza m’impongono le sole iniziali) che  segue ciò che scrivo passim,  qui di sèguito prendo in esame le voci che si riferiscono al disdicevole comportamento   di tutti coloro che  nei rapporti interpersonali si mostrano scostanti, antipatici, scorbutici, scontrosi, intrattabili o si    relazionano con il prossimo da una posizione arrogante e/o boriosa, boria che poggia però sul nulla, non avendo la persona che inalberi quel tal comportamento arrogante veri motivi o  conclamate ragioni su cui poggiarlo. Tutto ciò è reso in italiano – volta a  volta con uno dei seguenti s.vi astratti o dai corrispondenti aggettivi. Abbiamo dunque

-       alterígia s. f. a.  sprezzante ostentazione di superiorità voce derivata dall’agg.vo altero che è da alto (lat. altus) ;

-       altezzosità/ alterezza s.f.a.  il comportamento di chi o che à o rivela un'alta opinione di sé; superbia  e per ampiamento,  fierezza, orgoglio; anche queste due voci sono derivate dall’agg.vo alto (lat. altus);

-       albagía s.f. a. boria, presunzione,arroganza che derivano da una considerazione troppo alta di sé; non tranquilla l’etimologia: qualcuno si trincera (procurandomi attacchi d’orticaria…) dietro un etimo incerto o sconosciuto o oscuro (inopinatamente cosí anche il D.E.I.), qualche altro postula una derivazione da alba, attraverso un fantasioso  significato  di «vento dell’alba»;c’è infine chi propone non disdicevolmente,  una derivazione da albàgio (dal lat. albasius)  sorta di panno elegante di colore bianco usato nella confezione di abiti destinati alle persone di alto rango.

-       arroganza s.f. a. atteggiamento borioso,  superbo, supponente, spocchioso, tronfio,proprio di chi è  saccente, vanaglorioso, vanitoso. Voce dal lat. arrogantia(m);

bòria s. f. astratto = atteggiamento di superiorità, di ostentazione della propria posizione o dei propri meriti veri o piú spesso presunti, ma millantati; altezzosità; l’etimo  è forse, ma  fantasiosamente,   dal lat. borea(m) 'vento di tramontana', da cui 'aria (d'importanza)', ma un’altra scuola di pensiero pensa, probabilmente piú giustamente,  ad un forma aggettivale (vapòrea) da un iniziale vapor=vapore;benché sia difficile  decidere a quale idea aderire.., molto mi stuzzica l’idea del vapore secondo il percorso vapòrea→(va)pòrea→pòria→bòria;

supèrbia s. f. astratto = atteggiamento di superiorità, di ostentazione della propria posizione o dei propri meriti veri o piú spesso presunti, ma millantati; eccessiva stima di sé accompagnata da ambizione smodata e da disprezzo verso gli altri; voce che è dal lat. superbia(m), deriv. di superbus 'superbo'.

Tutte le voci dell’italiano esaminate si possono riferire indifferentemente  sia a  soggetti maschili che a soggetti femminili,poi che la lingua italiana non è attenta a sottigliezze distintive. Cosa molto diversa avviene con l’idioma napoletano che volta a volta à voci diverse per indicare   il comportamento   di uomini o donne  che nei rapporti interpersonali si mostrino scostanti, antipatici, scorbutici, scontrosi, intrattabili o si    relazionino con il prossimo da una posizione arrogantemente boriosa; trattandosi di uomini le voci che piú si confanno sono in ordine crescente

arbascía, ària, auterézza, presumènzia,‘nfamità,sfarzètto

vàvia; esaminiamole singolarmente:

arbascía s.f. a. = albagía, vanità, vanagloria, atteggiamento (tipico dell’uomo) di superbia, di boria, di presunzione tenuto soprattutto nell’incedere o nel proporsi; la voce            come l’ italiana   albagia di cui appare adattamento attraverso la rotacizzazione della liquida e la palatizazione della sillaba gía→scía, quanto all’etimo risulta una derivazione da albàgio (dal lat. albasius)  sorta di panno elegante di colore bianco usato nella confezione di abiti destinati alle persone di alto rango.

ària, s.f. a. =  aspetto, atteggiamento vanitosi (soprattutto degli uomini) ; apparenza, espressione di sussiego, contegno grave e sostenuto, da cui traspare una spudorata altezzosità; voce derivata dal  lat. aëra, accus. alla greca di aer aëris masch., gr. ἀήρ.

auterézza, , s.f. a. =  aspetto, atteggiamento (soprattutto maschile: il corrispondente aspetto o atteggiamento riferito  al sesso  femminile è autanza)   di chi (uomo) abbia  o riveli un'alta opinione di sé; superbo, altezzoso;voce costruita su un lat. volg. *alteritia  con il consueto passaggio di al a au  come in auto che è da altus.

presumènzia, s.f. a. =  aspetto presuntuoso, atteggiamento (soprattutto maschile: il corrispondente al femminile è ‘mpettatura)  di chi à o rivela un'alta opinione di sé;di chi inceda con andamento superbo ed  altezzoso e si esprima  presumendo troppo di sé, come chi  creda di poter fare cose superiori alle proprie capacità;voce costruita su un lat. volg. tardo *praesumentia(m), deriv. di praesumíre 'presumere';

ufanità,/ofanità , s.vo f.le astratto dalla doppia morfologia di cui la seconda è un adattamento letterario della prima che è la voce piú usata nel parlato;

1aspetto, atteggiamento gradasso e sussiegoso  (tipicamente maschile; non esiste  un corrispondente al femminile),

2 boria, vanagloria, vano orgoglio di chi, per eccessiva stima di sé e per il gusto di essere lodato dagli altri, si vanta fatuamente di qualità e meriti inesistenti; voce derivata dallo spagnolo ufanía di significato analogo;

sfarzètto, s.f. a. = iattanza,alterigia,   aspetto, atteggiamento sussiegoso, (soprattutto maschile: il corrispondente al femminile è fummo) voce derivata quale diminutivo (cfr. il suff. etto) dal s.vo sfarzo  'vanto infondato', deriv. di sfarzare 'simulare, ostentare', dallo sp. disfazar 'fingere, mascherare' 

 vàvia s. f. astratto = boria, presunzione, alterigia,  superbia, arroganza, tracotanza, prosopopea, spocchia; sufficienza, sussiego; la voce a margine (di pertinenza quasi esclusivamente maschile, ma talvolta anche femminile) è un derivato di vava (bava)= liquido viscoso che cola dalla bocca di taluni animali, spec. se idrofobi, o anche da quella di bambini, vecchi, o di  persone che si trovino in un'anormale condizione fisica o psichica come càpita in chi viva uno stato continuo di superbia tracotante; etimologicamente la voce a margine si è formata partendo   da  *baba, voce onom. del linguaggio infantile voce che in napoletano, con consueta alternanza b/v (cfr. bocca→vocca – barca →varca etc.), diventa vava ed aggiungendovi il suffisso latino atono delle voci astratte ia  si ottiene vàvia; si fosse adottato il suff. greco tonico  si sarebbe ottenuto vavía.

 

Esaminate le voci di esclusiva (o quasi) pertinenza del maschile, passiamo a quelle usate in riferimento alle donne che si mostrino scostanti, antipatiche, scorbutiche, scontrose, intrattabili o si    relazionino con il prossimo da una posizione boriosa; per le donne si useranno volta a volta i sostantivi seguenti: autanza,fummo,’mpettatura, scemanfú.

 

autanza , s.f. a. =  aspetto, atteggiamento (soprattutto di persona di sesso  femminile: il corrispondente riferito  al sesso maschile, come visto,  è autérezza)   di chi à o rivela un'alta opinione di sé; superba, vacuamente altezzosa;voce costruita marcandola  su un lat. volg. *alteritia  con il consueto passaggio di al ad au  come in auto che è da altus e con cambio di suffisso usando cioè antia→anza  dei sostantivi astratti(cfr. ignor-anza, iatt-anza, fall-anza etc.)in luogo di itia→ezza;

 

fummo s.m. a. = iattanza,alterigia,   aspetto, atteggiamento sussiegoso, (soprattutto femminile con  il corrispondente al maschile in sfarzetto)   di chi à o rivela un'alta opinione di sé, opinione che in realtà poggia sul nulla; la voce a margine in primis indica il residuo gassoso della combustione, che trascina in sospensione particelle solide (ceneri, fuliggine ecc.) assumendo forma di nuvola bianca o grigiastra: il fumo di un incendio, di una ciminiera, di un camino | segnali di fumo, quelli ottenuti soffocando parzialmente e a intermittenza un fuoco | far fumo, emanarlo | prendere, sapere di fumo, acquistare, avere un sapore sgradevole di fumo (detto di cibi cotti) | andare, andarsene in fumo, bruciare completamente; (fig.) svanire, fallire | mannà ‘nfummo quaccosa, bruciarla completamente; e figuratamente mandare a vuoto, far fallire: |sempre  figuratamente (ed è il caso che ci occupa)  si dice di persona (donna) boriosa, ma  di poco valore | vennere fumo, (fig.) raccontare fandonie, vantarsi di un credito che non si à |assaje fummo e poco arrusto ( molto fumo e poco arrosto), (fig.) si dice di persona o cosa che, nonostante l'apparenza, conclude o vale poco ed in tal caso è riferito sia al maschile che al femminile | vedé quaccosa o quaccuno come ô fummo dinto a ll’ uocchie  (vedere qualcosa o qualcuno come il fumo negli occhi), (fig.) averlo in forte antipatia |  la voce a margine è dal lat. fumu(m) con raddoppiamento espressivo della labiale.

‘mpettatura, s.f. a. =    aspetto, atteggiamento fastidioso tipico di certe donne  che non solo incedono  tenendo  il corpo ben diritto ed il petto in fuori, spec. per orgoglio o vanità, ma si relazionano con il prossimo con iattanza e/o alterigia; voce costruita marcandola sul lat. in +pectus→’mpettus  o meglio da un verbo(‘mpettí/irse?)   da esso ricavato preceduto, come ò détto da un in illativo e seguito dal suffisso latino ura che in origine serviva per la formazione di parole deverbali per cui si può pensare che la voce a margine sia scaturita da un verbo (‘mpettí/irse?)  a sua voltamarcato su pectus.

Tutte le voci fin qui esaminate (sia di pertinenza del maschile che del femminile) sono voci antichissime già presenti e registrate negli antichi calepini napoletani (D’Ambra – Volpe e altri); l’unica voce piú recente (presente infatti solo nei dizionari piú moderni è la seguente

scemanfú s.m. a. =    aspetto vanitoso, atteggiamento borioso e  fastidioso tenuto  da certe donne che si pongono e si comportano  verso i terzi   in maniera scostante, antipatica, scorbutica, scontrosa, intrattabile; come ò détto è voce recente peraltro molto usata ed espressiva, marcata sull’espressione francese je m’en fous (me ne frego locuzione verbale del riflessivo se foutre= fregarsene).

E qui avrei finito, ma mi piace aggiungere a margine di tutto quanto fin qui détto una tipica espressione partenopea che sintetizza il  disdicevole comportamento   di taluni (soprattutto umini)che  nei rapporti interpersonali si mostrano scostanti, antipatici, scorbutici, scontrosi, intrattabili e si    relazionano con il prossimo da una posizione arrogantemente boriosa, boria che poggia però sul nulla, non avendo la persona che inalberi quel tal comportamento arrogante,  serii motivi o ragioni su cui poggiarlo.L’ espressione è

PIGLIÀ VAVIA E METTERSE 'NGUARNASCIONA.
Letteralmente: prender bava (cioè boriarsi) e porsi in guarnacca. Id est: assumere aria e contegno da arrogante; lo si dice soprattutto di coloro che, saccenti e supponenti,  essendo assurti per mera sorte o casualità a piccoli posti di preminenza, si atteggiano ad altezzosi ed onniscienti,cercando di imporre agli altri (sottoposti e/o conoscenti) il loro modo di veder le cose, se non la vita, laddove in realtà poggiano la loro albagía sul nulla.Tale vacuo atteggiamento è spesso proprio di coloro che soffrono di gravi complessi di inferiorità e che nella loro vita familiare non son tenuti in nessun cale ed in  alcuna considerazione (cosa che fa aumentare nel loro animo esacerbato un senso di astio nei confronti dell’umanità tutta) di talché – appena ne ànno il destro -  sfogano astio e malumore sui poveri sottoposti e/o conoscenti che però, ovviamente,  si guardano bene dall’accettare o addirittura dal considerare  ciò che i boriosi saccenti tentano di esporre o imporre.

Mi limito qui ora, avendo già esaminato le voci boria, albagía e vavia,  a prendere in esame la voce

guarnasciona s.vo f.le=guarnaccia,
 elegante  sopravveste medievale ampia e lunga,bordata di pelliccia  portata soprattutto dagli uomini di riguardo; in realtà la voce a margine è un accrescitivo (cfr. il suff. one) formato partendo da un originario ant. provenz. guarnacha (da leggere guarnascia donde l’accrescitivo guarnasciona; guarnacha fu modellata  sul lat. gaunaca(m) 'mantello di pelliccia',.

A margine ed a completamento di quanto fin qui détto ricordo  il termine napoletano strafuttenza  che è l’atteggiamento di chi dimostra una sfacciata ed arrogante noncuranza degli altri, delle loro opinioni e dei loro diritti,è il comportamento dell’ impudente, dello sfrontato, di chi manchi di pudore, di ritegno, di chi sia sfacciato/a, spudorato/a, di chi (non tenendo in alcun conto le opinioni, le idee, le raccomandazioni e/o i moniti altrui) abbia un contegno insolente, sfacciato, impudente, impertinente, irriguardoso; tutto ciò – mi ripeto -  è détto, con icastico sostantivo,  in napoletano strafuttenza  voce approdata anche nell’italiano, ma registrata come strafottenza, sinonimo di menefreghismo,arroganza,impudenza, insolenza, impertinenza. Quanto all’ etimo il s.vo f.le strafuttenza/strafottenza  è un deverbale di strafottersene  che è forma intransitiva pronominale di strafottere v. tr. [voce centro-merid., comp. di stra- e fottere (dal lat. vol. (ex)tra+fottere)strafottere] 1. non comune propriamente, fottere piú volte. 2. Come intr. pron., strafottersi, infischiarsi: l’intimo degli uomini si strafotte delle previsioni dei critici e vivaddio di ogni previsione (Boine); com. soprattutto nell’espressione strafottersene di qualcuno, di qualche cosa, non curarsene affatto, infischiarsene, fregarsene: i’ me ne strafotto ‘e chello ca penza ‘a ggente; me ne strafotto ‘e tutto e ttutte (io me ne infischio di quello che pensa la gente; me ne frego di tutto e di tutti). 3. Con altro sign. nella locuz. avv., a strafottere, in gran quantità: tène denare a strafottere(à quattrini ad iosa).

 

Ed ora posso, penso, ben dire: Satis est convinto d’aver soddisfatto l’amico G.V.  ed interessato qualche altro dei miei ventiquattro lettori

Raffaele Bracale

 

 

 

 

  

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