CULO
& DINTORNI
L’amico G.J. O. (al solito, motivi di
riservatezza mi impongono di riportar
solo le iniziali di nome e cognome di chi mi scrive per sollecitar
ricerche) mi à chiesto di occuparmi
della voce italiana/napoletana in
epigrafe, di indicargli altri eventuali
sinonimi nel napoletano, ed eventuali espressioni verbali collegate. L’accontento illico et
immediate cominciando a parlare della voce culo cui farò seguire i tanti sinonimi che mi son noti dicendo sia di quelli vivi e vegeti che di quelli
antichi e desueti. Cominciamo dunque con
culo s.vo m.le = in origine l’orifizio anale
delle bestie poi per sineddoche il culo, il posteriore, il didietro, il sedere,
il complesso delle natiche degli esseri umani ; etimologicamente è voce dal
lat. culum che è dal greco koîlos ; questa voce napoletana a
margine fu accolta temporibus illis anche nella lingua nazionale e viene
tuttora usata ancorché catalogata, ma
non se ne comprende il motivo, come voce
volgare o popolare. Un tempo da qualcuno si ipotizzò che etimologicamente la
voce potesse essere un adattamento del lat. caelu(m)(cielo) pigliando a riferimento semantico la
concavità e dell’uno e dell’altro. Idea balzana stante la presenza diretta come
ò détto della voce lat.
culum marcata
sul greco koîlos (vuoto, concavo) donde anche kolon= intestino; tuttavia rammento che la voce caelu(m)(Cielo) fu usata, quale
nome proprio, al posto di Ciullo ( che della voce culo era stato un
adattamento di comodo attraverso l’epentesi eufonica di una (I)
ed il raddoppiamento espressivo della
consonante laterale alveolare (L) ed infatti quel poeta di Alcamo nato nella prima metà del XIII secolo,
e che fu uno dei piú significativi
rappresentanti della poesia
popolare giullaresca
della scuola siciliana s’ ebbe in origine il nome di Ciullo
d’Alcamo ( e cioè Culo di Alcamo)per essere il piú famoso pederasta
passivo della sua città e successivamente al tempo del bigotto perbenismo
didattico vide il suo nome mutato in Cielo
d'Alcamo per non turbar la
mente dei/delle giovani discenti.
Manco a dirlo la voce culo entra in numerosissime locuzioni alcune delle quali
icastiche, ma dignitose, altre incisive sí, ma dure e becere; tra le prime ricordo
SCIORTA E CAUCE 'NCULO, VIATO A
CCHI NNE TÈNE!
Beato chi à
buona fortuna e calci in culo cioè
spintarelle e/o raccomandazioni.
Ben altro significa PIGLIÀ A CCAUCE ‘NCULO che
vale: allontanare qualcuno da una carica e/o
da un compito per insipienza, indegnità o incapacità,liberarsene
comminandogli vere o figurate pedate nel fondoschiena.
STÀ CULO E CCAMMISA Ad
litteram: stare culo e camicia; id est: Stare
sempre insieme, andare molto d'accordo; e lo si dice di amici,compagni adusi ad
una frequentazione assidua.
Altra interessante
locuzione è
PIGLIÀ
P’ ‘O CULO
La
lucuzione in epigrafe nella sua esposizione completa è: Piglià p’ ‘o culo a
quaccheduno. L’espressione ad litteram vale pigliare/prendere per il culo
e fuor del velame sta per
prendersi
gioco di qualcuno, schernirlo, prenderlo per i fondelli, farlo oggetto di beffa, burla, canzonatura, motteggio,
irrisione.È interessante rammentarsi da quale situazione storico-ambientale
tragga origine la locuzione in esame. Essa si riallaccia alla ignominosa
cerimonia detta in napoletano zitabona che comportava, per
il debitore insolvente dopo di averla compiuta, la necessità di andarsene con una mano davanti ed una di
dietro (per coprirsi le vergogne). Era infatti quello il modo con cui il debitore si allontanava
dal luogo dove pronunciando l’espressione Cedo
bona spesso corrotta in Cedo bonis dichiarava
fallimento manifestando la sua insolvibilità; la cerimonia [che adattando il Cedo bona latino diventava
– in napoletano - zitabona]prevedeva oltre la
pronunzia della formula, il dover
poggiare le nude natiche su di una colonnina posta a Napoli innanzi al
tribunale della Vicaria a dimostrazione
di non aver piú niente. Altrove, ad es. a Firenze la cerimonia era la medesima,
ma in luogo della colonnina occorreva sedersi, a nude natiche, su di un cuscino
di pietra. La cerimonia diede vita a Napoli anche all’espressione Jirsene cu ‘na mano annante e n’ata arreto
che si usò e si usa a dileggio di chi, non avendo concluso nulla di buono, ci
abbia rimesso fino all'ultimo quattrino e non gli resti che l'ignominia di
cambiar zona andandosene con una mano davanti ed una di dietro.Va da sé che
l’esser costretti a mostrarsi a natiche nude in pubblico, comportasse il
diventare oggetto di beffa, burla, canzonatura, motteggio, irrisione
da parte degli astanti, situazione che diede vita all’espressione in esame piglià p’ ‘o culo che – come ò détto –
vale prendersi gioco di
qualcuno, schernirlo, deriderlo, beffare, burlare, canzonare,
irridere, dileggiare, prendere (in giro) a causa del culo.
Tra le locuzioni dure e becere rammento
VA’ A FFÀ ‘NCULO e
VALLO A PPIGLIÀ ‘NCULO
Ci troviamo a che
fare con due icastiche, sebbene grevi, triviali espressioni che si colgono
sulle labbra di chi abbia perso la pazienza per essere o essere stato troppo irritato ed infastidito da un importuno, un seccatore,uno scocciatore,un rompiscatole e lo apostrofi perciò con decisione se non fermezza ed energia nel
tentativo di liberarsene.La prima locuzione
ad litteram vale : Vai a fare (id est: a coire) nel culo! Cioè a dire:
Non mi importunare piú, liberami della tua presenza e va’ ad occupare
diversamente il tuo tempo dedicandoti
a pratiche sodomitiche piuttosto che ad infastidire me.
Piú acconciamente
della prima locuzione, la seconda (pur restando nel medesimo àmbito) ad litteram vale : Vai a prenderlo (e quale
sia il quid da prendere è intuibile) nel culo cioè a dire: Non mi importunare
piú, liberami della tua presenza e, piuttosto che infastidirmi, va’ ad occupare il tuo tempo in pratiche sodomitiche,
tenendo però non la parte attiva, ma quella
passiva che è la soccombente, meno gradevole e piú dolorosa!
Ò parlato di piú
acconciamente perché ritengo che una persona spazientita piú che invitare il
suo seccatore a prendersi un divertimento intenda invitarlo ad assoggettarsi ad
una sordida sofferenza...
Altre espressioni
icasticamente scurrili sono:
FÀ TREMMÀ ‘O
STRUNZO ‘NCULO
Ad litteram: far tremare lo stronzo nel culo; id est: incutere in qualcuno,
attraverso gravi minacce, tanto timore o spavento da procurargli,
iperbolicamente, un convulso tremore degli intestini e del loro contenuto
prossimo ad essere espulso. CHILLO
SE ‘MPIZZA 'E DDETE 'NCULO E CACCIA 'ANIELLE.
Ad litteram: Quello si ficca le dita nel sedere e
tira fuori anelli. Id est: la fortuna di quell'essere è cosí grande che, a mo’
di un prestidigitatore, è capace di
procurarsi beni e ricchezze anche nei modi meno ortodossi o possibili.
NUN FÀ PÉRETE A CCHI TÈNE CULO ed alibi
NUN DÀ PONIE A CCHI TÈNE MANE.
Ad litteram: Non far peti a chi
sia provvisto di culo ed alibi Non dar pugni a chi abbia le mani
I due consigli in
esame, con parole diverse mirano in
fondo allo stesso scopo: avvertire colui cui vengon rivolti di porre parecchia
attenzione al proprio operato per non incorrere (secondo un noto principio fisico) in una reazione uguale e contraria che
certamente si verificherà; nel caso sub A, infatti è facile attendersi una
salva di peti da parte di colui che, provvisto di sedere, sia stato fatto
oggetto di una medesima salva. Nel caso sub B, chi à colpito con pugni qualcuno
si attenda pure la medesima reazione se il colpito è provvisto di mani.
“MECHELĺ,
SICCO ME FACCIO, MA ‘NCULO TE VACO!”
Ad litteram:”Michelina, mi farò magro, ma ti
sodomizzerò!”
Divertente ancorché becera locuzione messa sulla
bocca di un non meglio identificato soggetto, emblema di chi è dispostissimo a
sopportare anche un grave danno fisico [come quello di ridursi anche emaciato], pur di raggiungere quale che sia
lo scopo prefissosi; nella fattispecie lo scopo è la sodomizzazione della propria consorte, [nomata
Michelina perché nell’inteso napoletano il nome proprio Michele è usato anche
come aggettivo di grado positivo nel significato di bonaccione, sciocco, tontolone], ma ovviamente la locuzione
può attagliarsi a qualsiasi altra situazione e scopo si voglia raggiungere e
per il quale ci si intende sacrificare.
Sicco agg.vo m.le; al f.le secca [voce dal lat.
siccu-m] 1)in primis arido, arso,
asciutto, inaridito, riarso, 2) per ampliamento come nel caso che ci occupa
scarno,magro, emaciato, macilento,scheletrico.
A questo punto vale la pena rammentare che
furbescamente nell’inteso comune popolare esistono vari tipi di culo:
CULO A
BUTTIGLIONE, CULO A MMAPPATA, CULO A PPURTERA, CULO A TTAMMURRO, CULO A
MMANDULINO,
Ad
litteram: culo a forma di bottiglione, di pacco, di portiera, di
mandolino. Cosí, in vario modo si suole alludere alle diverse configurazioni di un
fondoschiena e segnatamente di un fondoschiena
femminile; la forma piú - diciamo - pregiata è ritenuta l'ultima: quella
che arieggia la struttura del mandolino. Il fondoschiena a buttiglione (accrescitivo
di butteglia) è invece quello vasto, massiccio
ed inelegante (tal quale una
grossa bottiglia) di una donna tozza e
grassa il cui fondoschiena faccia da pendant con la rotondità della
pancia. Il fondoschiena a mappata (quantità di roba che si contiene in un
tovagliolo, fagotto,fardello) è quello vasto
ed inelegante come che inviluppato in troppi panni che ne nascondano la
forma. Il fondoschiena a ppurtèra ( adattamento al femminile
di purtiére= portinaio, guardaportone) è quello informe, schiacciato ed inelegante come nell’inteso comune si
pensa sia il fondoschiena di una portinaia adusa a stare seduta tutto il giorno
in guardiola sino ad averne il fondoschiena schiacciato. Infine il fondoschiena
che ci occupa è quello a tammurro
cioè quello scostumato e
risuonante di una popolana adusa a rumorosamente scorreggiare.
Ciò détto passo a trattare i sinonimi della voce testé esaminata;
abbiamo
mazzo s.vo m.le di per sé in primis è l’ano e
poi per sineddoche il culo, il sedere,il
deretano, il complesso delle natiche e dell’ ano complesso che è tipico degli esseri umani e
degli animali quadrupedi di grossa taglia; gli uccelli come il gallo (cfr.
ultra) non son forniti di natiche, ma
del solo ano; cionnonpertanto nella locuzione che esaminerò si
preferisce mantenere la voce mazzo
riferito al gallo, voce piú rapida e forse meno volgare di ‘o buco
d’’o culo con cui in napoletano,
accanto ad altre voci come fetillo,feticchio,
taficchio, màfaro etc. si indica l’ano;etimologicamente la voce mazzo è dall’acc. lat. matia(m)=intestino e la voce femminile matiam
è stata poi maschilizzata ed in luogo di dare mazza à dato mazzo;la maschilizzazione si rese
necessaria per scongiurare la confusione tra un’eventuale mazza (ano)
e la mazza (bastone) e si addivenne al maschile mazzo anche tenendo presente che nel napoletano un oggetto (o
cosa quale che sia) è inteso se maschile piú piccolo o contenuto del
corrispondente femminile; abbiamo ad . es. ‘a tavula (piú grande rispetto a ‘o tavulo piú
piccolo ),‘a tammorra (piú grande rispetto a ‘o tammurro piú
piccolo ), ‘a cucchiara(piú grande rispetto a ‘o cucchiaro piú
piccolo), ‘a carretta (piú grande rispetto a ‘o carretto piú
piccolo ); ),‘a canesta (piú grande rispetto a ‘o canisto piú
piccolo ), fanno eccezione ‘o
tiano che è piú grande de ‘a tiana e ‘o caccavo piú grande de
‘a caccavella; nella fattispecie l’ano, per vasto che possa essere, è
certamente piú piccolo d’ un bastone e dunque mazzo l’ano/il sedere e mazza il bastone.
A margine di questa voce rammento che nel napoletano esiste un omofono
ed omografo mazzo che vale però
fascio (di fiori, ortaggi o carte da giuoco) ed à un diverso etimo non derivando dall’acc. lat. matia(m)=intestino , ma da un nom.
lat. med. macĭus. La voce
mazzo(ano/sedere) concorre alla
formazione di
smazzato/a,
agg.vo e s.vo m.le o f.le voce furbesca a carattere gergale
o popolaresco; letteralmente 1.fortunato/a,sodomizzato/a
e
(per traslato) malizioso/a,furbo/a;
(per ampl. sem.) cattivo, malevolo,
etimologicamente si
tratta del part. pass. del verbo smazzà
= rompere il sedere, che deriva dal sostantivo mazzo (culo, fondoschiena) dal lat. matea= intestino; nel parlato popolare della città bassa sono in
uso ancóra i diminutivi che seguono
smazzatiéllo/smazzatèlla s.vo ed agg.vo m.le o f.le monello/a,vivace,vispo/a,furbo/a,lazzaroncello/a,sbarazzino/a;
etimologicamente si tratta come ò détto d’un furbesco diminutivo (cfr. i suff. i +éllo -
ella) dell’ agg.vo smazzato (=fortunato, sodomizzato);
smallazzo s.vo
neutro che di per sé lo stramazzare, il
cadere di colpo e pesantemente,voce relativamente recente, risalente com’è a
gli anni ’40 del 1900, di etimo incerto
trattandosi di voce a carattere gergal-popolare la cui formazione probabilmente
è derivata dall’incrocio tra la voce ted. schmalz [strutto ( che è
untuoso, viscido e scivoloso) ] e mazzo (culo, deretano, sedere); il
medesimo mazzo lo si ritrova nella voce
sciuliamazzo s.vo
neutro = scivolone con conseguente caduta
battendo il sedere; etimo: dal verbo sciulià + il sost. mazzo; sciulià=
scivolare da un lat. volgare exevoliare
frequentativo di exevolare.
Tra le
locuzioni che usano la voce a margine
rammento:
'A GALLINA FA LL'UOVO E Ô VALLO LL'ABBRUSCIA 'O MAZZO.
Letteralmente:la
gallina fa l'uovo e al gallo brucia l'ano. Id est: Uno lavora o sopporta
pesi e disagi ed un altro si lamenta della fatica che non à fatto, o fa le
viste di avere sulle proprie spalle il peso di disagi altrui. La locuzione è
usata quando si voglia redarguire qualcuno che si sia vestito della pelle
dell'orso catturato da altri, o quando si voglia esortar qualcuno a non lamentarsi per fatiche che non
abbia compiute, e di cui invece faccia
le viste di portare il peso.
TENÉ 'E FRUVOLE DINT' Ô MAZZO.
Letteralmente: avere i fulmini, i razzi nel sedere. Icastica
espressione con la quale si indicano i ragazzi un po' troppo vivaci ed
irrequieti ritenuti titolari addirittura di fuochi artificiali allocati nel
sedere, fuochi che con il loro scoppiettio costringono i ragazzi a non stare
fermi, anzi a muoversi continuamente per assecondare gli scoppiettii. La
locuzione viene riferita soprattutto ai ragazzi, ma anche a tutti coloro che
non stanno quieti un momento. Letteralmente 'e fruvole (dal latino fulgor con
roticizzazione e successiva metatesi della elle, nonché alternanza metaplasmatica
g→v o v→g come in gallo→vallo, gallina→vallina,vorpa→gorpa, vulio→gulio) sono i
fulmini, le folgori.
Continuiamo a trattare i sinonimi della voce testé
esaminata; abbiamo
chiuotto/chiotto s.vo m.le di doppia morfologia una volta con la dittongazione
della o breve, una volta senza; voce antica e desueta che valse come il pregresso mazzo ano e poi per sineddoche il culo, il sedere,il deretano, il complesso
delle natiche e dell’ ano; la voce etimologicamente è attestata nel Du
Cange come lat. med. clŏt
= buco donde sortiscono i fetidi materiali del ventre; normale nel
napoletano l’esito cl→ch seguito da vocale (cfr.clausum→(n)chiuso,
clavu(m)→chiuovo, ecclesia→(ec)clesia→chiesia, clurima→clur[i]ma→chiorma).
proso/prozo s.vo m.le d’uso gergale (parlesia dei suonatori ambulanti) è la parola che indica
esattamente il culo,il deretano; la voce
si ritrova a fondamento dei verbi
‘mprusà/ ‘mpruzà che è precisamente l’andare in culo, il sodomizzare e poi per traslato l’ingannare, l’imbrogliare, il raggirare
etc; sulla medesima parola proso è forgiato il termine ‘mprusatura o
‘mpruzatura e con alternanza p b anche ‘mbrusatura o ‘mbruzatura che sono
esattamente il raggiro, l’imbroglio, l’inganno;trattandosi per la voce a
margine di un termine gergale questa
volta è pressoché impossibile risalire a l’etimo, né vale azzardare ipotesi che
si fonderebbero sul vuoto ancorché qualcuno legga in proso una metatesi del
greco býrsa→brýsa→bruso→broso→proso
(sacco/borsa),ipotesi che per un certo
tempo non mi convinse affatto non riuscendo a trovare nessun rapporto semantico,
né di forma, né di utilizzo tra il fondoschiena ed un sacco od una borsa; ma ora mi son lasciato convincere
dall’idea atteso che con una qualche buona volontà si puó ritenere
semanticamente il prozo/proso una sorta di borsa/contenitore de gli escrementi anche
perché, quale sinonimo di fondoschiena, ò udito usare un fantasioso
"portammerda"! Andiamo oltre e troviamo
pitoffio s.vo
m.le voce d’uso nel parlato popolare per identificare l’ano dell’essere umano e, raramente, per sineddoche il culo, il
deretano.È voce infatti usata quasi esclusivente nell’espressione mettere a pitoffio che vale sodomizzare ed in senso esteso
danneggiare, ledere qualcuno sia in senso materiale che, piú spesso, in senso
morale; per quanto riguarda l’origine della voce pitoffio si tratta d’ un adattamento della voce pataffio = persona grossa e rozza, uomo
grosso e paffuto donde per metinomia il suo vasto deretano e segnatamente
l’ano; la voce pataffio poi corrotta in
pitoffio è un’alterazione popolare di
epitaffio→(e)pitaffio→pataffio =iscrizioni
su lastre marmoree o di pietra semanticamente riconducibili alla grossezza e
rozzezza dell’uomo grosso e paffuto accreditato d’avere un gran deretano.
crespone s.vo m.le antica
e desueta voce che di per sé indicherebbe una grossa ruga, grinza, increspatura quale accrescitivo di crespo dal
lat. crispu-m ma nel parlato popolare à
significato primo di ano e
per sineddoche anche di deretano, didietro, sedere, con
riferimento semantico al tipo di pelle che circonda l’ano propriamente détto.
funnamiento
s.vo m.le altra antica
e desueta voce d’uso nel parlato popolare nel significato di posteriore,
quale parte posta al fondo del busto umano; la voce in effetti non vale fondamento/fondazione come qualcuno
equivocando potrebbe pensare..., bensí posto
al fondo ed è dal lat. fundamentu(m), deriv. di fundare
= mettere al fondo; sempre nel
parlato popolare la voce a margine la si ritrova come
sfunnamiento con la
protesi di una S intensiva nel significato traslato di grande fortuna
sedicino
s.vo m.le antica, ma non
desueta voce che vale di suo e
senza alcuna metinomia deretano, didietro, sedere, culo; si tratta etimologicamente di voce denominale dell’ agg.vo
num.le card.le invar.le sedici
numero naturale corrispondente a una decina piú sei unità che nella
smorfia napoletana indica appunto il culo. Con
il numero sedici rammento che si indicò
un tempo altresí l’artista che dipinge o scolpisce ed il tamburo; è
possibile, benché non sia semplice
cogliere l’accostamento del culo conl’artista
che dipinge o scolpisce e con il
tamburo; tuttavia li chiarirò: il primo accostamento lo si coglie pensando
che tra il tardo ‘600 ed il ‘700 vi furono moltissimi pittori e scultori che
produssero gran copia di dipinti o statue
molti dei quali raffiguranti nudi femminili o maschili con prorompenti anatomie
tali da farle accostare all’artista che le aveva dipinte (o scolpite);per
l’altro accostamento rimando a ciò che ò détto antea. Proseguiamo.
màfero/màfaro s.vo m.le di doppia morfologia
con il
termine màfero/màfaro in primis esattamente si intende il cocchiume, cioè il
foro situato sul diametro massimo della botte e per estensione si intende anche
il tappo di legno o sughero che serve a chiuderlo; poi per traslato il termine
màfero/màfaro indica pure l'ano e per metinomia il culo tutto, donde poi con
evidente traslato semantico si indica anche la fortuna (cfr. l'espressione
"Vi' che mmàfaro" per dire
"Che fortuna!"Etimologicamente la voce màfero/màfaro è d'origine osca:
mamphar attraverso un tardo latino
"mamphur".
fetillo/feticchio s.vi m.li voci che (con
contenuta differenza morfologica) in primis esattamente indicano l’ano e
poi come abbiamo piú volte visto, per metinomia il culo tutto, il deretano
etc. Si tratta etimologicamente di voci ricavate quali furbeschi deverbali dal
lat. foetíre= puzzare atteso che l’ano è la
parte del posteriore esattamente
deputata all’emissione delle maleolenti feci e/o dei puzzolenti gas intestinali.
culippo s.vo m.le antica voce talvolta ancóra in uso con la quale in primis esattamente e
furbescamente si intende un fondoschiena
femminile tanto estroflesso e pronunciato da potersi quasi appaiare a quello d’ una cavalla da
tiro. Si tratta infatti etimologicamente
di voce ricavata dall’agglutinazione del lat. cul(um)= culo adizionato del greco ippo(s)= cavallo;
suatto s.vo m.le antica e
desueta voce che nel suo preciso
significato identificò un contenuto, benformato elegante fondoschiena d’una
giovane donna; voce etimologicamente marcata sul s.vo francese séant che genericamente vale sedere; questo il percorso
morfologico: séant→súant→súatt(o);
Anche le successive tre voci sono termini antichi e desueti:
tafanario s.vo m.le voce che in primis vale ano e poi per sineddoche vasto ed ingombrante sedere di uomo o donna ,
ampio fondoschiena, deretano di grosse proporzioni; etimologicamente la voce è dall’omofono ed omografo
spagnolo tafanario d’uguale significato;
tàfaro s.vo m.le voce che vale ampio,grosso fondoschiena sia delle bestie di grossa taglia,che – maliziosamente – degli
essere umani grossi ed ingombranti voce
marcata sull’arabo tafar = sottocoda;
taficchio s.vo m.le voce che in primis vale ano,
buco e poi per sineddoche minuto sedere di uomo o donna , ridotto fondoschiena, snello deretano di piccole proporzioni etimologicamente per alcuni (D’Ascoli e quelli che vi
attingono) la voce è da collegarsi al
pregresso tafanario ma non è spiegato quale sia il
percorso morfologico; a mio avviso la voce è invece un adattamento metatetico
del precedente feticchio→teficchio→taficchio.
E qui
potrei dire di avere esaurito l’argomento, ma mi resta ancóra da parlare delle
ultime tre voci seguenti che di proposito ò relegato in fondo a queste
paginette trattandosi di voci non d’uso generale, ma circoscritto e
particolare.
Abbiamo
dunque, per concludere:
campo 'e fave ad litteram campo di fave locuzione letterario/poetico (cfr. Raffaele
Viviani, Castellammare di Stabia
10 /1/1888 †Napoli22/3/ 1950 ne
La Rumba degli scugnizzi: Pacchiané chi
s’ ‘o ppenzava, tiene chistu campo ‘e fave?) con cui si indica un formoso
fondoschiena d’una giovane donna/contadinella accreditato furbescamente
d’essere un campo per coltivarci le fave e sotto il termine fava maliziosamente
si adombra (come anche nell’italiano) il
membro maschile, il pene;
cufenaturo s.vo
m.le
culo ‘e reto Ad litteram: culo di dietro locuzione
espressiva tautologica tipica del
napoletano (cfr. alibi vista ‘e ll’uocchie, palazzo ‘e case,puorto ‘e
mare,troppo assaje, pacca ‘e culo,strunzo ‘e mmerda etc.) che manco a dirlo
indica esattamente il culo, il sedere, il deretano, posto ovviamente dietro
cioè nella parte posteriore del corpo.
reto/areto/arreto
avv. di
luogo = dietro; la voce è sempre la medesima: dal
lat. ad + retro→arretro donde
arreto con dissimilazione totale della (R) di tro; questo il percorso per
giungere da arreto alla semplificazione
reto: arreto→a(r)reto→areto→(ar)reto.
Ora veramente mi pare
che non ci sia altro da aggiungere per cui mi fermo qui, sperando d’avere
accontentato l’amico G.J. O. ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e chi forte dovesse imbattersi in queste
paginette. Satis est.
Raffaele Bracale
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