FÀ ‘A MORTE D’’E ZZOCCOLE E
FÀ ‘A FENITURA D’’E ZZOCCOLE
Questa volta è stato il
caro amico T. D.N.. (i consueti problemi di riservatezza mi costringono
ad indicare solo le iniziali di nome e cognome) a chiedermi via e-mail di chiarirgli se le due espressioni partenopee in epigrafe siano due analoghe lezioni
d’un’unica locuzione, o siano diverse. Comincio col dire che si tratta di due
espressioni affatto diverse ancorché possano apparire simili, la prima, che in
italiano si rende con: fare la morte dei ratti è una sorta di maledizione
lanciata verso qualcuno/a cui si augura connaturata nella forma “Hê ‘a fà ‘a
morte d’’e zzoccole” [“Devi perire come i ratti”] di decedere schiacciato dai
zoccoli dei cavalli o dalle ruote dei carri da loro trainati cosí come accadeva
ai ratti che invadevano le strade napoletane tra il XIV e il XVI secolo; si trattò cioè di un’espressione spontanea nata dalla
semplice osservazione della realtà; ben diversa è la seconda locuzione che in
italiano si rende con: fare la fine dei ratti è una sorta di maledizione
lanciata verso qualcuno/a cui si augura, connaturata nella forma “Hê ‘a fà ‘a
fenitura d’’e zzoccole” [“Devi fare la fine dei ratti” cioè devi decedere annegato ,travolto da un
violentissimo temporale cosí come accadde ai ratti morti affogati sotto
l’acquazzone che pose termine alla peste del 1656, evento che durò, facendo
innumerevoli vittime, per svariati mesi
dalla primavera fino all'8 dicembre, festa dell'Immacolata
Concezione, quando un violentissimo temporale si riversò sulla città, sterminando i ratti e Napoli fu
dichiarata ufficialmente libera dalla peste; rammento che il popolo si convinse
che il temporale fu frutto di tutte le tante preghiere rivolte dai napoletani
ai santi patroni san Gennaro e san Gaetano; l’espressione cioè nacque a seguito
di un ben identificato accadimento. E
qui penso di poter far punto convinto d’avere esaurito l’argomento, soddisfatto
l’amico T.D.N. ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e piú
genericamente chi dovesse imbattersi in
queste paginette.Satis est.
Raffaele Bracale
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