PAVÀ ‘A CAMPAGNA
Con questa nota,
questa volta, rispondo al
caro amico R. C. (i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad
indicare solo le iniziali di nome e cognome) che mi à chiesto, via e-mail, di chiarirgli significato e portata della espressione
partenopea in epigrafe.
Gli rispondo súbito
e spero di essere esauriente!
La parola campagna
nell'uso di cui all’espressione in epigrafe vale: soprassoldo,mancia competente
e sta per compenso ad libitum o in base
ad un pattuito dato al custode che apra
il portone del casamento a notte
inoltrata permettendo cosí
l’accesso ai nottambuli casigliani.
Tale comportamento si
riallaccia all'abitudine entrata in uso nel tardo ottocento allorché le
famiglie borghesi napoletane piú
o meno facoltose concedevano, per graziosità, alla loro servitú che restava di guardia
all'abitazione, un soprassoldo quando la famiglia si recava in
"campagna" a trascorrere i mesi estivi. Successivamente (primi
novecento) la faccenda divenne norma comportamentale di ogni proprietario e/o
inquilino, affittuario che rientrando in
un palazzo a notte fonda e trovando il pesate
portone di quercia sbarrato, non
esistendo portoncini da aprire con chiavini yale [di là da venire]erano
costretti a bussare al portone azionando i pesanti e rumorosi mazzapicchi/batocchi
dell’uscio per modo che il portiere/custode, destato dal fracasso aprisse il
pesante portone e consentisse l’accesso al palazzo, ricevendo – in cambio – una
ricompensa ad libitum o una statuita "campagna".
Qui il verbo pavà
vale pagare [che dal lat. pacare
'pacificare'e cioè porre in pace cioè mettere in parità
prestazione e controprestazione] cioè
corrispondere una
somma di denaro per beni acquistati, servizi ricevuti, obbligazioni contratte e
sim.: alibi, es.: pavà ‘e peracotte può anche valere in senso estensivo e figurato temere,
scontare, espiare. Da notare che la
consonante etimologica c, occlusiva velare sorda,come la
corrispondente occlusiva velare sonora g, nel napoletano divengono spesso (sia pure non sempre) v (come in fravula che è
da fragula(m) con consueta
alternanza partenopea della c o della g con la v o altrove al contrario della v con la g come ad es in guappo che è dal latino vappa; cfr.anche volpe/golpe, vunnella/gunnella,vulio/gulio, vongola←concula etc. ;)
quella v che è invece la consonante fricativa
labiodentale sonora che nel napoletano
di solito si alterna con la b consonante occlusiva bilabiale
sonora).
campagna
s.vo f.le [lat. tardo campanea, campania,
propr. agg. neutro pl., der. di campus
«campo»].
1.
a. Estesa superficie di
un terreno aperto, fuori del centro urbano; il termine è correntemente riferito
a territorî di pianura o di bassa collina, corrispondenti in genere all’antico
contado, occupati da colture o anche da pascoli o boscaglia, con case sparse: campagna coltivata,
incolta, verde, brulla; la campagna
napoletana; la città e la
campagna; aria di campagna;
essere in aperta campagna; fare una passeggiata in campagna; abitare in campagna; gente
di campagna (contrapp. agli abitanti dei centri urbani); andare, recarsi, essere in campagna, anche, in particolare, come
luogo di villeggiatura. Locuzioni: darsi, buttarsi alla campagna, darsi alla latitanza o
al brigantaggio; battere la campagna, fare
delle scorrerie (in questo sign. anche scorrere la campagna),
oppure perlustrare una zona, andare in ricognizione; in senso fig., divagare, uscire dall’argomento.
b.
Terra coltivata: quest’anno la campagna promette bene; i
frutti della campagna; anche proprietà terriera: avere molta campagna; la campagna rende poco.
c. per estensione come nel caso che ci occupa
soprassoldo,mancia competente per compensare ad libitum o in base ad un
pattuito il custode che apra il portone a notte inoltrata.
2.
a.
Luogo aperto, che si presta al rapido movimento di truppe e di mezzi
guerreschi: Re Carlo era attendato alla campagna
(Ariosto); artiglieria da campagna. Di
qui l’uso della parola come sinon. di guerra (fare una campagna; entrare
in campagna, incominciare la guerra; finire
la campagna, eccampagna), o per indicare il periodo di tempo in cui
è possibile compiere operazioni militari attive. Oggi il termine indica un
ciclo di operazioni che dal punto di vista strategico si presenta con una certa
compiutezza d’insieme, indipendentemente dalla sua durata: la campagna di Russia,
di Napoleone; le campagna d’Africa; fig., scherz., à fatto le sue campagna, di chi (uomo o donna) à
condotto una vita libera ed à avuto parecchie avventure amorose.
b.
estens. Lunga navigazione compiuta
per ragioni di studio (spedizioni oceanografiche, idrografiche, eccampagna), di
esercitazioni (viaggi d’istruzione), di divertimento (viaggi di piacere).
c.
nell’uso figurato: Insieme di azioni
volte a un determinato fine, economico, igienico, politico, scientifico: campagna pubblicitaria
e campagna di vendita;
campagna giornalistica;
campagna antimalarica;
campagna elettorale;
campagna di scavi.
Nel gioco del calcio, campagna acquisti, complesso delle trattative condotte
dalle varie società per assicurarsi nuovi giocatori.
3.
Periodo di tempo nell’anno (detto anche stagione)
durante il quale à luogo il raccolto di un prodotto agricolo o si provvede
all’approvvigionamento di materie prime per determinate industrie o alla loro
lavorazione: campagna olearia, granaria,
delle bietole, conserviera,
eccampagna
4.
Analogam., nella tecnica, campagna dei forni, il periodo di funzionamento
dall’accensione allo spegnimento.
5.
In araldica, pezza onorevole che
occupa il terzo inferiore dello scudo
E qui penso di poter far punto convinto d’avere esaurito
l’argomento, soddisfatto l’amico R.C. ed interessato qualcun altro dei miei
ventiquattro lettori e piú genericamente
chi dovesse imbattersi in queste paginette.Satis est.
Raffaele Bracale
Nessun commento:
Posta un commento