PRONTUARIO
DI MONOSILLABI DELLA PARLATA NAPOLETANA. parte 1ª
Elenco
qui di sèguito un congruo numero di monosillabi in uso nella parlata
napoletana, indicandone volta a volta oltre significato ed (ove possibile)
etimo anche quella che è (a mente delle
regole di grammatica e linguistica) la maniera piú corretta di scriverli.
Il
primo monosillabo, per altro formato da un’unica vocale, di cui mi rammento è
A prep.semplice
[dal lat. .
ad;
si unisce agli art. determ. il,
lo, la, i, gli, le, formando le prep.
articolate al, allo, alla, ai, a gli, alle che sono riprodotte graficamente con le
crasi ô [a + ‘o] = al, allo,â [a + ‘a] = alla,ê[a
+ ‘e] = ai, a gli, alle]
corrisponde in tutte le accezioni alla corrispondente preposizione semplice a
dell’italiano:
1 esprime una relazione di termine o di destinazione, il punto di arrivo
di un'azione, avendo assunto la funzione che era propria del dativo lat.: cunzignà
‘nu pacco a ll’accunto; scrivere ‘na lettera a n’amico; urdinà ‘o custume ô
sartore (consegnare un pacco al cliente; scrivere una
lettera ad un amico; ordinare il vestito al sarto); | in loc. con il
verbo sottinteso: a nnuje dduje!(a noi due!); ô ffuoco, ‘o ffuoco!(al
fuoco,al fuoco!);
2 introduce una specificazione di luogo, in senso proprio o fig.,
continuando il costrutto lat. ad + acc. (può essere talvolta sostituita
da altre prep., come in, su, sopra, verso ecc.); in
partic., moto a luogo: vaco a rRoma(vado a Roma;’o treno è arrivato a mMilano (il treno è giunto a Milano); girà a dritta (girare a destra) (oppure verzo
dritta , verso destra); jí a
ccenà (andare a cena); arrivà ê stesse cunchiusioni(arrivare alle stesse conclusioni);
scennere a ppatte(venire a patti, a un accordo); movere a ppietà (muovere a
pietà);mannà a ffà ‘nculo (mandare
al diavolo) | stato in luogo: stà
â casa(stare a (o in)
casa); stà â scola(essere a scuola); rummané na mmagnà (restare a pranzo); sta
‘e casa a nNapule(abita a Napoli);fatica â banca (lavora in (o presso
la) banca); dulore a ‘na spalla (dolore ad
una spalla) | introduce una distanza, con valore spazio-temporale: ‘o
paese sta a ttre chilometri; ‘o duomo sta a mez’ora ‘e cammino; (il
paese è a tre chilometri; il duomo
è a mezz’ora di camminata | nei toponimi indica vicinanza,
prossimità: Francavilla a Mare; San Vito al Tagliamento ' in
correlazione con da: da cca a lla
(da qui a lí; da ‘na parte a ll’ata(da una parte all'altra)
3 con valore temporale: a ssettembre; a nNatale; â
matina, â sera, a ssagliuta ‘e
sole; ê ll’otto; ‘nu quarto a ll'una; ogge a otto,
fra una settimana; (a settembre; a Natale; al mattino, a
sera, al pomeriggio; alle
(ore) otto; un quarto all'una;
oggi ad otto, fra una settimana); da qui a dieci anni; da un
momento all'altro; dall'oggi al domani | indica l'età: s’addeventa maggiorenne a diciott’anne(si diventa maggiorenni a diciott'anni);
Leopardi murette a trentanove anne(Leopardi morí a trentanove anni)
4 esprime la modalità in cui un'azione si compie: : pavà a rrate;
accattà ô mercato; vennere a cinchemila lire ô chilò; starsene a vvocca nchiusa; cammenà a passe braduse; sunnà a uocchie apierte; fà ‘na cosa a la
sanfrasòn (pagare a rate; comprare al mercato; vendere a
cinquemila lire al chilo; starsene a bocca chiusa; camminare a
passi lenti; sognare ad occhi aperti; fare una cosa a caso |
il modo in cui qualcosa si presenta o è fatta, la sua qualità: strumento a
ccorde; carrozza a cquatto rote;
palazzo a ttre piane; gonna a cquatre (strumento a corde; carrozza
a quattro ruote; palazzo a tre piani; gonna a quadri) |
riferito a cosa, esprime somiglianza, rispondenza, similarità con
qualcos'altro: bicchiere a ccalice; capa a ppera; disegno a
spina ‘e pesce (bicchiere a calice; testa a
pera; disegno a spina di pesce | indica l'attenersi a mode, fogge,
abitudini tipiche di un'altra epoca o di una particolare città, regione e sim.:
‘na perzona a ll’antica; vèstere â
marenara; cutaletta â milanese;ciardino a ll’italiana; (una persona all'antica; vestire alla marinara; costoletta
alla milanese; giardino all'italiana | è molto com. in loc. di
deriv. francese come vermicielle ô zuco, carna ê frierre(vermicelli
al sugo,carne ai ferri (un tempo piú correttamente si usava: vermicielle cu ‘o zuco(vermicelli con il sugo), carne ‘ncopp’ê fierre, (carne sui ferri)
5 con valore strumentale: : varca a vvela; mutore a bbenzina;
mulino a vviento; jí a ppiere; scrivere a mmano,
a machina; parlà a ggeste;
jucà a scacche, a tennísse,
a ppalla (barca a vela; motore
a benzina; mulino a vento; andare a piedi; scrivere a mano,
a macchina; comunicare a gesti; giocare a scacchi, a
tennis, a palla);
6 indica la causa: scetarse a ‘nu
rummore, ridere a ‘na barzelletta (svegliarsi
ad un rumore; ridere ad una battuta);
7 à valore limitativo o di semplice relazione: essere curaggiuso a
pparole; a pparere mio te sî
cumpurtato malamente; sta bbuono
a ddenare (essere
coraggioso a parole; a mio parere ti sei comportato male; star
bene a soldi);
8 introduce il fine o lo scopo: ‘e suldate restajeno a gguardia d’ ‘a
santabarbara; jí a ccaccia (i soldati restarono a guardia della
polveriera; andare a caccia) | indica vantaggio o svantaggio:
à parlato a ffavore nuosto ; ‘o sta
facenno a rrischio e periculo suĵo (à parlato a nostro favore;
lo sta facendo a suo rischio e pericolo);
9 introduce una pena: cundannà a pavà
‘na murda, a sseje mise ‘e carcere (condannare a pagare
un'ammenda, a sei mesi di carcere);
10 stabilisce una relazione di paragone: ‘o vestito tuĵo è comme ô
suĵo (il tuo vestito è simile al suo);
11 à funzione distributiva: a ddoje a ddoje; 50 km a ll'ora;
ddoje vote ô juorno (a due a due; 50 km all'ora; due
volte al giorno);
12 introduce una funzione predicativa: piglià a assempio; fu
aletto a presidente [prendere a esempio; fu eletto a presidente
(ma è più com. fuje aletto presidente(fu eletto presidente)];
13 seguita da un verbo all'inf., introduce prop. causali: aggiu fatto malamente a mmagnà tanto(ò fatto male a mangiare tanto) |
condizionali: a ddicere ‘a verità nun me
pare pussibbile(a dire il vero, non mi
pare possibile) | finali: mannà a ffaticà; m’ànnu ‘mmitato
a essere presente; dà ‘na lettera
a ccupià( mandare a lavorare; mi ànno invitato a esser presente;
dare una lettera a copiare) [un tempo si prescriveva l'uso di da→’a
in loc. di questo tipo: p. e. ‘nu turreno ‘a vennere e non a vvennere(un terreno da vendere e non a vendere] | temporali: a vvederlo, me
se regne ‘o core ‘e cuntentezza (a vederlo, mi si riempie il cuore di gioia)
| relative, con sfumatura consecutiva: simmo state ll’urdeme a ssapé ‘a
nutizzia ( siamo stati gli ultimi ad apprendere la notizia);
14 concorre alla formazione di loc. avverbiali: a mmano a mmano; a
ppoco a ppoco; goccia a ggoccia; fianco a ffianco; a
ddiuno etc. (a mano a mano; a
poco a poco; goccia a goccia; fianco a fianco; a digiuno;
| prepositive: a ffavore ‘e; ‘e
faccia a; ‘mmiezo a; nfi’ a; annante a; attuorno a; a cca, a
lla; (a favore di; di fronte a; in mezzo a; sino a; davanti
a; intorno a; di qua, di là);
15 introduce il complemento oggetto animato :aggiu visto a ppateto, siente a mme! (ò visto tuo padre, ascoltami)
La particolarità della preposizione a nel napoletano (come si evince da tutti
gli esempi fatti) è che comporta sempre la geminazione della consonante
iniziale della parola che la segue.
A’ si tratta
dell’apocope dell’agg.vo indef. m.le ato→a(to)→a’=
altro usato quasi esclusivamente nell’espressione n’atu ppoco resa con n’ a’
ppoco = un altro poco ; ato→a(to)→a’ deriva dal lat. alte(rum)→auto→a(u)to→ato
etc.
Continuiamo con i piú
semplici monosillabi e cioè gli articoli; abbiamo gli articoli determinativi
‘A = la art. determ. f.le sing.
si premette ai vocaboli femminili
singolari; deriva dal lat. (ill)a(m),
f.le di ille 'quello'; la caduta
per aferesi della prima sillaba (ill) comporta la doverosa indicazione di un
segno diacritico (‘);
‘O/’U = lo/il art.
determ. m. sing. si premette ai
vocaboli maschili o neutri singolari; la
forma ‘u è forma antica di ‘o ora ancóra in uso in talune parlate
provinciali e/o dell’entroterra; la
derivazione sia di ‘o che di ‘u è dal lat.
(ill)u(m), acc.vo di ille 'quello'; la
caduta per aferesi della prima sillaba (ill) comporta la doverosa
indicazione di un segno diacritico (‘); la particolarità di questo articolo è
che quando sia posto innanzi ad un vocabolo inteso neutro, ne comporta la
geminazione della consonante iniziale (ad es.: ‘o pate voce maschile,
ma ‘o ppane voce neutra etc.).
O’ non è come a
prima vista potrebbe apparire un’errata scrittura del precedente articolo ‘o (lo/il),
errata scrittura (tutti possiamo sbagliare!) che talvolta mi è capitato di
ritrovare inopinatamente in talune pagine di giornali, vergata da indegni
pennaruli che per mancanza di tempo o ignavia
non usano piú rileggere e/o correggere ciò che scrivono (....mi rifiuto
infatti di credere che un giornalista
non sappia che in napoletano gli artt. lo/il vanno resi con ‘o e non con o’) a meno che quei tali pennaruli
nel loro scrivere non errino lasciandosi
condizionare dalla dimestichezza con lo O’ (apocope dello of inglese che vale l’italiano de/De).
L’ o’ napoletano a margine è anch’esso un apocope,
quella del vocativo oj→o’=oh e viene
usata nei vocativi esclamativi del tipo o’
fra’!= fratello! oppure o’
no’!= nonno! La forma intera oj è usata in genere nei vocativi come oj ne’! – oj ni!’= ragazza! – ragazzo!. Rammento che il corretto vocativo oj viene – quasi sempre e nella maggioranza degli
anche famosi e famosissi scrittori e/o
poeti partenopei – riportato in una scorrettissima forma oje con l’aggiunta di una pletorica inesatta
semimuta e, aggiunta che
costringe il vocativo oj a trasformarsi nel sostantivo oje = oggi con
derivazione dal lat. (h)o(di)e→oje;
ah, se tutti i sedicenti scrittori e/o poeti partenopei prima di
mettere nero sul bianco facessero un atto di umiltà e consultassero una buona grammatica del
napoletano, o quanto meno compulsassero un qualche dizionario, quante
inesattezze o strafalcioni si eviterebbero! Purtroppo tra i piú o meno famosi o
famosissimi scrittori e/o poeti
partenopei che reputano d’esser titolari di scienza infusa, l’umiltà non trova
terreno fertile! Il Cielo perdoni la loro supponenza spocchiosa...
E (pronunzia chiusa) = e
congiunzione coordinante comporta il raddoppiamento della consonante
iniziale successiva (es.lloro e nnuje – i’ e tte – venco e vvaco etc.) è dal
lat. e(t).
‘E(pronunzia
chiusa) = i, gli, le art. determ. m.le e
f.le plurale. si premette ai vocaboli
maschili o femminili plurali; deriva dal lat.
(ill)ae(s), 'quelli 'di influsso osco; la caduta per aferesi della prima sillaba (ill)
comporta la doverosa indicazione di un segno diacritico (‘);la particolarità di
questo articolo è che quando sia posto innanzi ad un vocabolo femminile , ne
comporta la geminazione della consonante iniziale (ad es.: ‘e pate voce
maschile, ma ‘e mmamme voce femminile, ‘e figlie= i figli voce
maschile, ma ‘e ffiglie= le figlie voce femminile etc.); la geminazione
è ovviamente prevista quando la
consonante iniziale del vocabolo femminile sia seguita da una vocale e non da
un’altra consonante (ad es. ‘e ppatane=
le patate, ma ‘e stanze= le stanze);
‘E(pronunzia
chiusa) forma aferizzata della
preposizione de→’e = di 1
stabilisce una relazione di specificazione, in cui determina il concetto più
ampio espresso dal nome da cui dipende, continuando la funzione che era stata
del genitivo latino; 2 rientrano nell'ambito della specificazione talune
relazioni particolari; di possesso o appartenenza: ‘e casa ‘e fràtemo; ‘e
ffiglie ‘e sòreta (la casa di mio fratello;le figlie di tua sorella)
3 in funzione partitiva, indica un insieme di cui si considera o si sceglie
solo una parte: tre ‘e ll’amice suĵe (tre dei suoi amici); 4 in
dipendenza da nomi che indicano quantità, insieme, numero, oppure da aggettivi
sostantivati o pronomi che indicano una quantità indefinita, introduce ciò a
cui quella quantità o quell'insieme si riferisce: ‘nu chilo ‘e pane;’nu paro ‘e
cape ‘e sacicce; ‘nu tummolo ‘e guaje (un
chilo di pane;due rocchi di salsicce una dozzina di uova; un tomolo di guai) ; 5 davanti a
un nome proprio (spec. di città, località, persona) in funzione denominativa,
stabilisce una relazione di tipo appositivo: ‘a città ‘e Roma (la città di Roma); 6
limita l'ambito, l'aspetto per cui è valida una qualità, una condizione: sano
‘e cuorpo(sano di corpo); 7 introduce l'argomento di un discorso,
di uno scritto, di un'opera: parlà ‘e pallone (discutere di calcio);
8 nelle comparazioni può introdurre il secondo termine di paragone: Mario è
cchiú aveto ‘e Giuvanne (Mario è piú alto di Giovanni); 9 esprime una modalità: è bbuono ‘e
core (è di buon cuore) 10 introduce una causa: scuppià ‘e caudo (scoppiare
di caldo); 11 definisce un mezzo o strumento: spurcà ‘e gnostia(sporcare
d'inchiostro); 12 stabilisce il fine o scopo:freno ‘e sicurezza;
dama ‘e cumpagnia (freno di sicurezza; dama di compagnia); 13 introduce una relazione
di moto da luogo (in senso proprio o fig.): ascí ‘e casa, ‘e mente (uscir
di casa, di mente); | in correlazione con in: spustarse ‘e
paese ‘mpaese; va ‘e male ‘mpeggio(spostarsi di paese in paese; va di
male in peggio) | con sfumatura di allontanamento o separazione: fujrsene
‘e casa; ascirsene ‘e galera(scappar via di casa; uscire di prigione)
14 esprime origine, provenienza:essere ‘e Milano, n’avvocato ‘e
Napule essere di Milano; un
avvocato di Napoli | discendenza familiare, paternità:’na guagliona ‘e
bbona famiglia (una ragazza di buona famiglia
15 introduce una specificazione di tempo determinato: ‘e matina; ‘e
dummeneca;’e maggio;’e carnevale (di
mattina; di domenica; di maggio; di carnevale) può anche indicare un tempo continuato:’nu
viaggetto ‘e tre gghiuorne; ‘na lezziona
‘e doje ore (un viaggio di di tre giorni; una lezione di due ore)
| in correlazione con in: ‘e juorne ‘nghiuorno; ‘e semmana ‘nsemmana(di
giorno in giorno, di settimana in settimana);
16 in correlazione con in, oltre alle funzioni locativa e
temporale, può esprimere una funzione distributiva: ‘e tre ‘ntre (di tre in
tre); 17 à funzione rafforzativa in talune espressioni enfatiche:
nn’à cumbinate ‘e guaje! (ne à combinati di guai!); 18 introduce
prop. infinitive con funzione di oggetto o di soggetto:penza ‘e avé sempe
raggiona (crede di aver sempre ragione); 19 concorre alla
formazione di loc. prepositive: primma ‘e, fora ‘e, doppo ‘e (prima di, fuori di, dopo
di).
È(pronunzia aperta) = è voce verbale (3ªpers. sg. ind. pres.)
dell’inf. essere; deriva dal lat. e(st). comporta il raddoppiamento della
consonante iniziale successiva (es. è
pparuto= è sembrato – è ssuccieso=
è accaduto etc.)
Ê (pronunzia chiusa) = ai, a gli , alle preposizione art. pl.; crasi della preposizione a + l’articolo ‘e (i, gli, le)
I’ = io pron.
pers. m. e f. di prima pers. sing.
s. m. invar.
1 il proprio essere, la propria persona;
2 il soggetto
pensante in quanto à coscienza di sé, contrapposto al mondo esterno, al non-io;
(voce dal
lat. volg. *eo→io→i(o)→i’,
per il class. ego).
‘Í = vedi; è
l’aferesi dell’imperativo esclamativo (vide→vi’→’í
=vedi) del verbo vedere; di per
sé si potrebbe rendere correttamente anche
con ‘i dove il segno
d’aferesi (‘) indicherebbe la caduta della consonante (V)e
l’ accento la caduta della sillaba (DE); ò invece optato per ‘í perché ‘i
fuor del contesto potrebbe crear confusione con l’antico art. m.le pl. (ll)i→’i; rammento che questo ‘í a margine è sempre usato in unione dei
pronomi(posti in posizione proclitica) ‘o oppure
‘a
nelle epressioni: ‘o ‘í ccanno(eccolo qui vicino); ‘o ‘í lloco (eccolo lí) ‘o ‘í llanno
(eccolo laggiú) ‘a ‘í ccanno(eccola
qui vicino); ‘a ‘í lloco
(eccola lí) ‘a‘í llanno (eccola laggiú). Rammento e me ne dolgo che l’amico
avv.to Renato de Falco abbia scelto nel suo Il Napoletanario una assurda
morfologia che rende i corretti ‘o ‘í
ccanno ‘o ‘í lloco ‘o ‘í llanno con degli scorretti oi’ ccanno oi’ lloco oi’ llanno atteso che non si capisce proprio
da quale grammatica o dizionario, l’amico de Falco abbia tratto quei suoi
assurdi oi’ comunque tradotti: vedilo. Come è vero che quandoque
bonus dormitat Homerus! (talora anche il buon Omero sonnecchia!) Qualcuno
per rappresentare questo ‘Í a margine ricorre al semplicistico esclamativo
ih,
cosa che non mi può trovare d’accordo atteso che questo ih piú
che rappresentare in modo conciso l’imperativo esclamativo vedi!, è voce
onomatopeica che riproduce quella usata
dai cocchieri per comunicare al proprio
cavallo l’ordine di fermarsi, laddove il comando opposto è ah!
‘I )
forma aferetica di li→(l)i→’i = i, gli, le art. determ. m.le e
f.le plurale. articolo d’ uso
antico che si premetteva ai vocaboli
maschili o femminili plurali, comportava
il raddoppiamento della consonante iniziale successiva; deriva dal lat. (il)li;
questo
articolo come ò détto fu d’uso antico (cfr. Di Giacomo: lli ccerase rosse).
Successivamente cadde in disuso e fu
sostituito dall’ art. ‘e ,ma il suo uso à lasciato un grave retaggio in provincia
ove si è restii a sostituirlo con l’art. ‘e
e perdura nel parlato provinciale
e talvolta torna ad incunearsi (per fortuna solo nel parlato)
nell’idioma partenopeo della città bassa che – purtroppo – spesso
mutua espressioni provinciali;il retaggio dell’ antica esistenza di questo articolo ‘i in luogo dell’art. ‘e comporta soprattutto nel parlato provinciale
una sorta di fenomeno di assimilazione regressiva orale che determina in talune frasi lo stravolgimento morfologico
della congiunzione e che viene resa i giacché
pur in presenza dell’art. ‘e, lo si continua a ritenere ‘i ed
a questo i nella lettura viene assimilata la congiunzione e stravolta
in i
( es.: ‘e ppatane e ‘e cucuzzielle viene
letto ‘e ppatane i ‘e cucuzzielle
come se ancóra fosse scritto ‘i ppatane e ‘i cucuzzielle letto ‘i
ppatane i ‘i cucuzzielle).
Un tempo questo uso della i congiunzione
apparve un fenomeno solo provinciale
e del parlato e sottolineo parlato,
e lo si spiegò nel modo cui ò accennato e qualcuno opinò che per iscritto fósse da bandire come fósse da
evitare ògni prestito provinciale; tuttavia
non fui soddisfatto di quanto comunemente opinato e continuai ad indagare, di
talché ad un piú attento esame mi son
convinto che quest’ i usata come congiunzione solo davanti a gli
articoli m.li e f.li ‘e , alle preposizioni articolate ê, alle voci principianti per e e taloraq davanti alle altre vocali non è
frutto d’una assimilazione, ma è diretta
derivazione della congiunzione iberica (y→i) e pertanto non si tratta
di solo fenomeno provinciale e
del parlato e nulla osta che questa congiunzione venga usata normalmente
in un corretto napoletano scritto.
E passiamo a gli articoli
indeterminativi: abbiamo
‘NO/’NU =
corrispondono ad un ed uno della lingua italiana dove sono agg. num. card.
, pron. indef. , art. indeterm. [ in italiano, uno come agg. num.
e art. maschile si tronca in un davanti a un s. o agg. che cominci per
vocale o per consonante o gruppo consonantico che non sia i semiconsonante,
s impura, z, x, pn, ps, gn, sc
(un amico, un cane, un brigante, un plico; ma: uno
iettatore, uno sbaglio, uno zaino, uno xilofono, uno
pneumotorace, uno pseudonimo, uno gnocco, uno sceriffo);
il napoletano non conosce tante complicazioni ed usa indifferentemente ‘no/‘nu
davanti ad ogni nome maschile sia che cominci per vocale, sia che cominci per consonante o gruppo consonantico (ad es.:
n’ommo= un uomo – ‘nu sbaglio= un errore;) da notare
che mentre nella lingua nazionale si è soliti apostrofare solo l’art.
indeterminativo una davanti a voci femm. comincianti per vocali,
mentre l’art. indeterminativo maschile uno non viene mai
apostrofato e davanti a nomi maschili principianti per vocali se ne usa la
forma tronca un (ad es.: un osso), nella parlata napoletana è d’uso apostrofare
anche il maschile ‘no/‘nu
davanti a nome maschile che
cominci per vocale con la sola accortezza di evitare di appesantir la grafia
con un doppio segno diacritico: per cui occorrerà scrivere n’ommo= un uomo e non ‘n’ommo
l’etimo di ‘no/’nu è ovviamente dal lat. (u)nu(m)
l’apocope della prima sillaba (u) comporta la doverosa indicazione di un segno
diacritico (‘) quantunque oggi numerosi autori
seguano il vezzo di scrivereno/nu privi di qualsiasi segno
diacritico, ma è costume che aborro, non trovando ragioni concrete e corrette
per eliminare un sacrosanto segno etimologicamente ineccepibile ;la medesima cosa càpita con il corrspondente
art. indeterminativo femm.le
‘NA =
corrispondente ad una della
lingua italiana dove è agg.
num. card. , pron. indef. , art.
indeterm.come del resto nel napoletano dove però come agg. num. card.
non viene usata la forma aferizzata ‘na, ma la forma intera una;
l’etimo di ‘no/’nu è
ovviamente dal lat. (u)na(m) l’apocope della prima sillaba (u) comporta
la doverosa indicazione di un segno diacritico (‘) quantunque oggi numerosi
autori seguano il vezzo di scrivere
l’articolo na privo di
qualsiasi segno diacritico, ma è costume che aborro, non trovando, mi
ripeto, ragioni concrete e corrette per
eliminare un sacrosanto segno etimologicamente ineccepibile.
E passiamo alle preposizioni
cioè quella parte
invariabile del discorso che, preposta a sostantivi, aggettivi, pronomi,
infiniti di verbi, indica la relazione che passa tra quelli e altri nomi e
verbi, serve cioè a formare dei complementi; ricordato che, cosí come
nell’idioma italiano, anche in quello
napoletano si ànno preposizioni
proprie che sono ‘E/DE =di,
A= a, ‘A/DA =da, CU =
con, PE= per, ‘NFRA = fra
e si ànno preposizioni improprie
che sono: annante/ze= davanti,
arreto= dietro, doppo=dopo, vicino l
ecc. nonché ' preposizioni articolate, che sono quelle che risultano
dalla fusione di una preposizione propria (in napoletano di solito la a con un articolo determinativo.
Posto che come indicato in
epigrafe qui ci interessano i monosillabi, tenendo da parte le preposizioni
improprie dirò di quelle proprie.
‘A /DA corrisponde alla preposizione da
dell’italiano in tutte le sue funzioni ed accezioni : 1) introduce un moto da luogo: vengo ‘a casa 2)
esprime allontanamento, separazione, distacco: me ne vaco ‘a/da cca! 3)
in dipendenza da taluni verbi, in correlazione con a, indica quantità
approssimativa: pesa ‘a quaranta a
ccinquanta chile (peserà da quaranta a cinquanta chili; 4)
con il verbo al passivo introduce
l'agente o la causa efficiente: Pumpeje
fuje distrutta dô Vesuvio; ‘a
porta fuje sbattuta dô viento (Pompei fu
distrutta dal Vesuvio; la porta
fu sbattuta dal vento); 5)
con significato temporale, indica il
momento o l'epoca, l'età in cui ha avuto inizio un'azione o una situazione si è
determinata: venimmo a villeggià cca
‘a paricchi anne; è ‘a
Natale ca nun aggio cchiú nutizie soje;
6) unita
a nomi propri di persona, a pronomi che si riferiscono a persona, a nomi che
indicano mestiere, professione, condizione, grado, relazione di parentela, di
amicizia, di lavoro e sim., introduce uno stato in luogo, per lo più con il
valore di 'presso': fermarse a durmí
a ddu quaccheduno; ‘ncuntrarse a dd’ ‘o nutaro ; restà a cenà a ddu n’amico 7)
seguita dagli stessi elementi lessicali indicati al punto precedente e in
dipendenza da verbi di movimento, esprime moto a luogo: vaco a dd‘o
farmacista; arrivo a ddu mio figlio
appena pozzo; 8) con valore variamente modale: aggi’ a campà ‘a signore; aggi’ ‘a vivere ‘a marchese;
| apparentemente modale, in realtà in funzione rafforzativa: faccio ‘a ppe
mme; pigliatello ‘a ppe tte; chi fa ‘a ppe sé fa pe ttre |
con sfumatura di limitazione: cecato
‘a n’ occhio; zuoppo ‘a ‘nu pere. 9) introduce la
destinazione, il fine, lo scopo a cui qualcosa o anche un animale è adibito: rezza
‘a pesca ma piú spesso rezza pe piscà; cavallo ‘a corza ma
piú spesso cavallo ’e corza; ; lente
‘a sole ma piú spesso lente p’’o sole; | in talune locuzioni,
apparentemente di questo stesso tipo, prevale la funzione attributiva: carta
‘a bollo; festa ‘a bballo; messa ‘a requiem ma piú spesso
messa ‘e requiem. l’etimo della preposizione da/’a è dal lat. de ab nei valori di moto da
luogo, origine, agente ecc.; e dal lat. de
ad nei valori di moto a luogo, stato in luogo, destinazione, modo, fine
ecc.
CU corrisponde all’italiano con in
tutte le sue funzioni ed accezioni : 1) esprime relazione di compagnia, se è
seguito da un nome che indica essere animato (può essere rafforzato da insieme):
è partito cu ‘o pato ; à magnato cu
ll’ amice; campa (‘nzieme)
cu ‘a sora; 2) in senso piú generico, introduce il termine cui si riferisce
una qualsiasi relazione: s’è appiccecato cu ‘o frato; à sfugato cu
mme; 3) con
valore propriamente modale: restà cu ll’uocchie nchiuse; vulé bbene
cu tutto ‘o cuore; trattà cu ‘e guante gialle(
cioè con rispetto e dedizione quelli dovuti ai nobili che usavano indossare
guanti di camoscio in tinta chiara) | con valore tra modale e di qualità: pasta
cu ‘e ssarde; stanza cu ‘o bbagno;
casa cu ‘o ciardino; 4) introduce una determinazione di mezzo o di strumento: cu
‘a bbona vulontà s’ave tutto; ‘o
vino se fa cu ll'uva; scrivere cu ‘a penna stilografica; partí cu
‘o treno ;
5) indica una circostanza, stabilendo un rapporto di concomitanza: nun ascí
cu ll’acqua!; 6) può
avere valore concessivo o avversativo, assumendo il significato di 'non
ostante,a malgrado': cu tutte ‘e guaje ca tène, riesce ancòra a ridere; cu
tutta ‘a bbona vulontà, ma è proprio
impossibbile. L’etimo della preposizione a margine è dal lat. cum.
Faccio notare che questo cu comporta sempre per assimilazione regressiva
il raddoppiamento dell’iniziale consonante scempia della parola
successiva; es.: cu(-m) te→cu tte =
“con te” - cu(-m) piacere→cu ppiacere; ovviamente ciò non vale quando la parola
che segue il cu sia già provvista di suo di una doppia consonante; es.: cu(-m)
stanchezza etc.
Rammento qui e valga anche a
futura memoria che tutte le parole che abbiano un etimo da voce latina
terminante per consonante (che nella parola formata cade) non necessitano di
alcun segno diacritico in quanto il segno diacritico dell’apocope (accento o
apostrofo) è necessario apporlo graficamente quando a cadere sia una sillaba e
non una o due consonanti; nel caso in esame cum dà cu e non l’inesatto cu’ che spesso
mi è occorso di trovare negli scritti anche di famosi autori, sedicenti
esperti della parlata napoletana. Ciò che ò appena detto vale anche per
la preposizione seguente cioè
PE che (con etimo
dal lat. per) corrisponde all’italiano per in
tutte le sue funzioni ed accezioni :
1) determina il luogo
attraversato da un corpo in movimento o attraverso il quale passa qualcosa che
à un'estensione lineare (anche fig.): il ‘o treno è passato pe Caserta; ‘o curteoà sfilato pe ‘o corzo;’o mariuolo è trasuto
p’’a fenesta; | può anche
specificare lo spazio circoscritto entro cui un moto si svolge e, per estens.,
la cosa, l'ambito entro cui un fenomeno, una condizione si verificano: passiggià
p’’o ciardino;jí pe mmare e pe tterra; tené delure pe tutt’’a vita | indica anche la direzione del moto: saglí
e scennere p’’e scale; arrancà pe tutta ‘a sagliuta
2) indica una destinazione: partí pe Pparigge; ‘ncammenarse p’’a città;
piglià ‘a strata p’’o mare; ‘o treno pe Rroma | (estens.)
esprime la persona o la cosa verso cui si à una disposizione affettiva,
un'inclinazione: tené simpatia pe quaccheduno; avé passione p’’a
museca ;
3) introduce una determinazione di stato in luogo, che si riferisce per lo piú
a uno spazio di una certa estensione: ‘ncuntrà quaccheduno p’’a strata; ce
stanno cierti giurnale pe tterra;
4) esprime il tempo
continuato durante il quale si svolge un'azione o un evento si verifica (può
anche essere omesso): aspettà (pe) ore e ore; faticà (pe) anne e nun
cacciarne niente; sciuccaje (pe)
tutta ‘a notte; durarrà (pe) tutta ‘a vita | se introduce una
determinazione precisa di tempo, esprime per lo piú una scadenza nel futuro: turnarrà
p’’e ddiece; êsse ‘a essere
pronto pe Nnatale
5) introduce un mezzo: mannà pe pposta; spedí pe ccurriere; dirlo
pe ttelefono; parlà pe bbocca ‘e
n’ato;
6) esprime la causa: era stracquo p’’a fatica; alluccava p’’o dulore;
non ve preoccupate pe nnuje; supportaje tutto p’ammore sujo; cundannà
pe ‘mmicidio;
Nessun commento:
Posta un commento