24 ICONICHE
ESPRESSIONI
1.ESSERE 'NA PÍMMICE 'E CANAPÉ.
Letteralmente: essere una cimice annidata
in un divano. Id est: essere inaffidabile, subdolo e perfido come una
cimice che - secondo la credenza popolare - è pronta a tradire il proprio
simile o colui che abbia la sventura di tenerla nascosta nel proprio
divano; il primo ad essere morsicato sarà proprio il padrone del divano.
Tuttavia nell’espressione piú furbescamente si fa riferimento all’inaffidabilità e perfidia
di taluna donna che di solito non adusa ad allontanarsi di casa, consuma il
tradimento del proprio uomo tra le medesime pareti domestiche.
pímmece s.vo f.le = cimice ed
talora anche ragazza bassa e di carnagione scura; etimologicamente voce incrocio degli
acc.vi lat. cimice-m +pulice-m→*pimice-m→*pimmece-m; normale il raddoppiamento espressivo della (M)
favorito dal tipo sdrucciolo del lemma.
2. MA TENISSE 'E
GGHIORDE?
Letteralmente: “Fossi affetto da
giarda?” Domanda retorica che con aria insolente, viene rivolta a Napoli,
a qualcuno che appaia pigro, indolente, scansafatiche, che non si muova,
nè faccia alcunché, quasi fosse affetto da “giarda” la malattia che
colpisce le giunture ed in ispecie il collo della zampa dei cavalli
producendo eccessiva enfiagione delle zampe delle bestie, impossibilitate,
per ciò a procedere speditamente.
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3. JÍ CERCANNO
'MBRUOGLIO, AIUTAME!
Letteralmente: andare alla ricerca di
un imbroglio che possa aiutare. Id est: quando ci si trovi in situazioni
o circostanze tali che non lascino intravedere vie d’uscita, l’unico
mezzo di trarsi d’impaccio è quello di rifugiarsi in un non meglio
identificato ‘mbruoglio (imbroglio,astuzia, inganno, moto di destrezza)
che in un modo o in un altro consenta di risolver la faccenda. La
locuzione a Napoli è usata a salace commento delle azioni di chi, per
abitudine, non è avvezzo ad agire con rettitudine o chiarezza e per
habitus mentale si rifugia nell’imbroglio, pescando nel torbido.
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4. APPÍLA CA ESCE
FECCIA!
Letteralmente: tura che esce
feccia. Questo è il comando imperioso
dato dall'oste al garzone che stia aiutandolo a travasare il vino
affinché ponga lo stoppaccio o zipolo alla botte quando, oramai vuotata,
questa comincia a metter fuori la feccia o (in gergo) la mamma del vino;
per traslato è il caustico ed imperioso comando che a Napoli si suole
dare a chi - colloquiando - cominci a metter fuori sciocchezze o, peggio
ancora, offese gratuite.
5. Â PRIMMA
ENTRATURA, GUARDÀTEVE 'E SSACCHE!
Letteralmente:Ad una
prima entrata [cioè entrando per la prima volta, in qualche sito
sconosciuto], badate alle tasche; id est: state attenti alle nuove
frequentazioni specie di sconosciuti che possono derubarvi o procurare
altri danni.
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6. MEGLIO
SCOMMUNICATO, CA COMMUNICATO 'E PRESSA.
Letteralmente: meglio
scomunicato che comunicato di fretta.Id est: il danno morale è da
preferirsi al danno fisico, soprattutto quando questo sia il danno
ultimo:la morte; communicato 'e pressa significa: ricevere il Viatico.
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7.DOPPO MAGNATO
E VÍPPETO
“Â SALUTE VOSTA!”.
Letteralmente: Dopo
d'aver mangiato e bevuto:"Alla vostra salute!". L'espressione
in epigrafe si usa a Napoli, per commentare sarcasticamente il
comportamento di chi approfitta di una situazione proficua e posticipa
gli atteggiamenti augurali, dopo di aver goduto di benefici per i quali
la buona norma vorrebbe che gli auguri venissero fatti antecedentemente
prima cioè di godere dei frutti di azioni comuni; a mo' d'es.: un
brindisi va fatto prima, non dopo una bevuta corale.
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8. METTERSE 'E
CASA E PPUTECA.
Letteralmente: porsi di casa
e bottega. Id est:accingersi ad un lavoro con massima attenzione ed
attaccamento puntiglioso come chi dura la propria vita in quella che
sia contemporaneamente casa e sede del proprio operare cui potersi
dedicare senza soluzione di continuità e senza perdite di tempo che
invece ci sarebbero qualora ci si dovesse spostare dalla bottega alla
casa e viceversa.
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9.FÀ 'O SCRUPOLO
D''O RICUTTARO.
Letteralmente: fare lo
scrupolo del magnaccia. Id est: scandalizzarsi grandemente al cospetto
di altrui veniali mancanze, alla stregua di un lenone abituale che ( avvezzo a compiere gravi mancanze)
si scandalizzasse di piccoli reati compiuti da altre persone.La
locuzione è usata a Napoli appunto per bollare il comportamento
chiaramente falso di chi abitualmente incline a delinquere mostra di
scandalizzarsi davanti alla pagliuzza nell’occhio altrui,e non à
riguardi per la trave che afflige il suo occhio.
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10.Purtà p''e
viche.
Letteralmente: menare per
i vicoli. Id est: comportarsi truffaldinamente nei confronti di
qualcuno, imbrogliandolo, confondendolo, rimandando sine die il
compimento di promesse formulategli, conducendolo per tortuosi e
dispersivi vicoli in luogo della retta e piú breve via maestra.
L'espressione è normalmente intesa in senso figurato, ma potrebbe
esserlo anche in senso concreto nel deprecato caso del furbo tassista
che, pur di lucrare qualche lira in piú, invece di andare
diritto alla meta, porti il povero passeggero in giro per la città
prima di depositarlo a destinazione.
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11.'A raggione s''a
pigliano 'e fesse.
Letteralmente: la ragione
se la prendono gli sciocchi. La locuzione con aria risentita viene
profferita da chi si vede tacitato con vuote chiacchiere, in luogo
delle attese concrete opere.
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12. Se so'
stutate 'e llampiuncelle.
Letteralmente: si sono
spente le luminarie. Id est: siamo alla fine, non c'è piú rimedio, non
c'è piú tempo per porre rimedio ad alcunché, la festa è finita.Faccio
notare che la voce femminile dell’epigrafe: ‘e llampiuncelle indica le luminarie, un tempo fornite da
lampade ad olio, oggi da lampade elettriche, usate durante le feste
rionali e non va confusa con il s.vo maschile ‘e lampiuncielle che
indicano i lampioncini di carta oleata
colorata muniti di candele usati un tempo nelle festività
domestiche per abbellire logge e terrazzi.
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13. Tróvate
chiuso e piérdete chisto accunto.
Letteralmente: Trovati
chiuso e perditi questo cliente.La divertita locuzione viene usata in
senso ironico a commento della situazione antipatica in cui qualcuno
abbia a che fare con persona pronta ad infastidire o a richiedere i
maggior vantaggi da un quid senza voler conferire il giusto
corrispettivo, come nel caso ad es. di un cliente che pretenda di
accaparrarsi la miglior merce, ma sia restio a pagare il giusto prezzo
dovuto.L'accunto deriva dal latino: accognitus=cliente che per essere assiduo
frequentatore di una bottega è molto conosciuto.
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14. Fà tre fiche
nove rotele.
Letteralmente: fare con
tre fichi nove rotoli. Con l'espressione in epigrafe, a Napoli si è
soliti bollare i comportamenti o - meglio - il vaniloquio di chi
esagera con le parole e si ammanta di meriti che non possiede, né può
possedere. Per intendere appieno la valenza della locuzione occorre
sapere che il rotolo era una unità di peso del Regno delle Due Sicilie
e corrispondeva in Sicilia a gr.790 mentre a Napoli e suo
circondario,ad 890 grammi per cui nove rotole corrispondevano a Napoli
a circa 8 kg. ed è impossibile che tre fichi (frutto, non albero)
possano arrivare a pesare 8 kg. Per curiosità storica rammentiamo che
il rotolo, come unità di peso, è in uso ancora oggi a Malta che, prima
di divenire colonia inglese, apparteneva al Regno delle Due Sicilie.
Ancora ricordiamo che il rotolo deriva la sua origine dalla misura
araba RATE,trasformazione a sua volta della parola greca LITRA, che
originariamente indicava sia una misura monetaria che di peso; la LITRA
divenne poi in epoca romana LIBRA (libbra)che vive ancora in
Inghilterra col nome di pound che indica sia la moneta che un peso e
come tale corrisponde a circa 453,6 grammi, pressappoco la metà
dell'antico rotolo napoletano.
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