À PERZO 'E VUOJE E VVA ASCIANNO'E CCORNA.
Letteralmente: À perduto i buoi e va in cerca delle loro
corna. Lo si dice sarcasticamente e con del risentimento di chi, avendo - per propria insipienza o
incapacità - perduto cose di valore, ne cerca piccole vestigia, cercando di
colpevolizzare, della perdita subìta, altri completamente estranei, adducendo sciocche rimostranze e pretestuose
argomentazioni.
à perzo= à perso, à perduto
voce verbale (3ª pers. sing.passato prossimo ind.) dell’infinito
perdere= perdere, smarrire non avere
piú, restare privo di una persona con cui si aveva consuetudine, o di qualcosa
che si possedeva, si usava, di cui si aveva facoltà l’etimo è dal lat. perdere, comp. di per 'al di là, oltre'
e dare 'dare'; perzo è esattamente il part. pass. di perdere con normale
variazione partenopea di rs→rz;
vuoje= buoi, sost. masch. plurale metafonetico di vojo,
il maschio adulto castrato dei bovini domestici; vojo etimologicamente è dall’acc. lat. bove(m) con
alternanza napoletana b/v (cfr. barca,varca etc.) della consonante d’avvio,
sincope della v intervocalica sostituita dal suono di transizione
intervocalico j;
va ascianno=va cercando, va in cerca locuzione verbale
formata dall’ ind. pres. (3ª pers. sing.) va dell’infinito jí= andare dal latino ire piú il
gerundio ascianno= cercando
dell’infinito ascià/asciare= cercare con insistenza, ricercare,
indagare, investigare; desiderare, agognare; tendere, , aspirare a con etimo
forse da un lat. volgare
*anxiare→assiare*asciare= ansimare, ma piú probabilmente dal tardo lat.
adflare→afflare→asciare= annusare;
ccorna = corna, sost. femm. plur. del maschile sg. cuorno
prominenza cornea o
ossea, di varia forma ma per lo piú approssimativamente cilindro-conica e
incurvata, presente generalmente in numero pari sul capo di molti mammiferi
ungulati; anche, ognuna delle due analoghe protuberanze sulla fronte di esseri
mitologici o, nell'immaginazione popolare, del diavolo con etimo dal lat. cornu(m)
con tipica dittongazione della ŏ (o intesa tale)ŏ→uo nella sillaba d’avvio
della voce singolare, dittongazione che viene meno, per far ritorno alla sola
vocale etimologica o, nel plurale reso femminile (‘e ccorne) laddove nel
plurale maschile è mantenuta (‘e cuorne)
; rammenterò che in napoletano il plurale femm. ‘e ccorne è usato per indicare le protuberanze cornee
reali della testa degli animali, o quelle figurate dell’uomo o della donna traditi
rispettivamente dalla propria
compagna, o dal proprio compagno, mentre
con il plurale maschile ‘e cuorne si indicano alcuni tipici strumenti musicali
a fiato o i piccoli o grossi amuleti di corallo rosso usati come portafortuna;ugualmente con valore
di portafortuna vengono usati i corni dei bovini macellati, corni che vengon staccati dalla
testa, messi a seccare, opportunamete vuotati
e talvolta tinti di rosso tali
cuorne, non piú ccorna devono rispondere – nella tradizione partenopea a
precisi requisiti, dovendo necessariamente
essere russe, tuoste, stuorte e vacante pena la sua inutilità come porte-bonheur.
Russe pl. di russo= rosso
(da non confondere con ruosso che
è grosso)di colore rosso derivato del
latino volgare russu(m) per il class. ruber;
tuoste pl- di tuosto= duro, sodo, tosto derivato del lat. tostu(m), part. pass. di torríre
'disseccare, tostare'con la tipica dittongazione partenopea
della o→uo;
stuorte pl di stuorto = storto, ritorto,non dritto,
scentrato derivato del lat. tortu(m), part. pass. del lat. volg.
*torquere, per il class. torquìre con prostesi di una s intensiva e
tipica dittongazione partenopea
della o→uo;
vacante= cavo, vuoto
ed altrove insulso, insipiente
part. pres. aggettivato del lat. volg. vacare = esser vuoto, mancante,
libero di; a margine rammenterò che esiste un altro tipico cuorno quello de ‘o carnacuttaro (il girovago
venditore di trippe bovine che lavate, sbiancate e lessate vengon vendute al
minuto opportunamente ridotte in piccoli pezzi serviti su minuscoli fogli di
carta oleata, irrorate di succo di limone e cosparse di sale contenuto in un
corno bovino, seccato, vuotato, forato in punta, per consentire la fuoriuscita
del sale con cui viene riempito, e tappato alla base con un grosso turacciolo
di sughero; tale cuorno viene portato
pendulo sul davanti del corpo, legato in vita con un lungo spago, in modo che
nel suo pendere insista su di una bene identificata zona anatomica; ciò è rammentato
nell’espressione: Mo t’’o ppiglio ‘a faccia ô cuorno d’’a carnacotta! (Adesso
te lo procuro, prendendolo dal corno della trippa) nella quale ‘o cuorno è
usato eufemisticamente in luogo d’altro termine becero, facilmente intuibile se
si tiene presente la zona su cui insiste il pendulo corno del sale…
l’espressione è usata con una sorta di risentimento da chi venga richiesto di
azioni o cose che sia impossibilitato a portare a compimento o a procurare, non
essendo le une o le altre nelle sue capacità e/o possibilità.
Raffaele Bracale
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