mercoledì 21 maggio 2008

Paré 'a sporta d''o tarallaro.

Paré 'a sporta d''o tarallaro.
Sembrare la cesta del venditore dei taralli. La locuzione è usata innanzi tutto per indicare colui che, per motivi di lavoro o di naturale instabilità, si sposti continuamente, come appunto un venditore di taralli che con la sua cesta, per smaltire tutta la merce fa continui lunghi giri. C'è poi un'altra valenza della locuzione.
Poiché gli avventori di taralli son soliti servirsi con le proprie mani affondandole nella cesta colma di tartalli, per scegliere a proprio piacimento , alla stessa maniera c'è chi consente agli altri di approfittare e servirsi delle sue cose, o di se stesso ma lo fa piú per indolenza che per magnanimità.anche se poi se ne lamenta dicendo: - ma che m’avite pigliato p’’a sporta d’’o tarallaro? (Mi avete forse confuso con la cesta del tarallaio?)
sporta = cesta dal lat. sporta(m)
tarallaro = venditore di taralli; voce formata dall’unione di tarallo + il suff. di pertinenza aro/aio dal lat. arius;
tarallo= ciambellina dolce o rustica; voce per ora d’etimo incerto, anche se qualcuno pensa di accostare la voce tarallo al greco Toros(toroidale) (?) o al latino torus(cordone) di cui rispecchierebbe la forma: in ambedue i casi la semantica parrebbe accontentata, la morfologia risulterebbe forse poco convincente, ma allo stato delle cose occorre contentarsi.
Non dispero, per il futuro, in altre piú perseguibili strade.
***
Per ora a chiusura di questi righi mi piace ricordare quello che fu uno degli ultimi, se non certamente l’ultimo venditore girovago di taralli, ch’io vidi tra gli anni ‘50e ’60 del 1900 percorrere in lungo e largo la città di Napoli armato della sua ballonzolante cesta colma di taralli,cesta mantenuta con l’epa e sorretta da una correggia di cuoio poggiata sul collo.All’epoca ch’io lo seppi, questo venditore girovago sempre allegro se non addirittura ridanciano, che rispondeva al nome di Fortunato era un vecchio ometto piccolo e grassoccio con delle gambette arcuate, nascoste da certe braghe consunte che, in origine, non dovevano essere state sue : erano troppo larghe e sbuffanti; indossava nei mesi primaverili ed estivi una maglietta di cotone bianco a mezze maniche e portava sul capo un berretto a caciottella di panno bianco, del tipo di quelli indossati dai marinai sulle divise da fatica; d’inverno sostituiva la caciottella bianca con uno zucchetto di lana a piú colori ed infilava sulla solita maglietta di cotone bianco a mezze maniche, una sdrucita giacchetta di colore indefinito che,anch’essa in origine, non doveva essere stata sua: troppo larga e sbuffante;completava l’abbigliamento invernale una unta e bisunta sciarpa di lana a piú colori ch’egli portava come un sacerdote porta la stola e che gli incorniciava il viso segnato dal tempo con una ragnatela di rughe profonde, ma sul quale tuttavia brillavano due occhi vivaci e talvolta addirittura lampeggianti. La piega amara (angoli all’ingiú) della bocca sdentata completava il disegno del volto di questo vecchio omettino che si annunziava di lontano con una sorta di squillante, musicale cantilena: Furtunato tène ‘a rrobba bbella! ‘Nzogna, ‘nzo’! E quale era mai la roba bella sottolineata da quello: ‘Nzogna, ‘nzo’ ?
Ma è chiaro che si trattava dei suoi gustosissimi, croccanti taralli ‘nzogna e ppepe ,impreziositi da tantissime mandorle ben tostate, taralli ancóra caldi ( e sfido io: li portava in giro protetti sotto una doppia coltre di tela di sacco...) Poi passarono gli anni ed un giorno, anzi un brutto giorno improvvisamente non intesi piú quella squillante, musicale cantilena: Furtunato tène ‘a rrobba bbella! ‘Nzogna, ‘nzo’! Con ogni probabilità Fortunato aveva esteso il suo giro ed era passato a proporre a san Pietro ed a tutta la corte celeste i suoi taralli ‘nzogna e pepe ed io mi dovetti rassegnare a cercare altrove per trovare i taralli che Fortunato non mi avrebbe piú portati. Per buona sorte mia (una volta nella vita!) facendo appena quattro passi in piú scovai proprio difronte all’Orto Botanico la bottega che don Leopoldo Infante aveva aperto. E mi andò da Dio; Furtunato teneva ‘a rrobba bbella? Ma don Liopoldo nun s’’o vedeva proprio!
raffaele bracale 20/05/08

2 commenti:

Unknown ha detto...

ciao Rafe'.anche io ricordo Furtunato e praticamente gli hai fatto una istantanea. Pero' , se non sbaglio, negli ultimi tempi si era meccanizzato e si serviva di un carrozzino per bimbi.
complimento per il tuo blog, e' veramente eccezionale.
arrivederci a presto.
Ciao Peppe Accetullo

Unknown ha detto...

Anche se sono andato via da Napoli nel 1966,ricordo la nostra bella lingua.Il titolo dell'articolo riporta un grave errore,"paré". In napoletano si dice senza l'accento.Mi meraviglio che nessuno vi abbia fatto caso.Italo Zamprotta