mercoledì 23 luglio 2008

LOCUZIONI VARIE 8

1È mmeglio fà 'mmidia ca pietà.
Ad litteram: è meglio essere invidiati che essere oggetto di commiserazione; ed il perché è intuitivo, comportando l'invidia uno status di opulenza,tale da meritarsi l'invidia del prossimo, mentre il commiserato versa - per solito - in pessime condizioni.
2 'Nu strunzo ca cadette a mmare, vedenno 'nu purtuallo ca llà galliggiava, dicette: simmo tutte purtualle!
Uno stronzo che cadde in mare, vedendo un'arancia che ivi galleggiava, easclamò: siamo tutti arance! A Napoli si suole ripetere questo proverbio per canzonare e commentare le azioni di tutti gli sciocchi,i saccenti, i supponenti e gli stupidi che facendo le viste di essere sapienti e/o capaci, pretendono di farsi considerare per ciò che in realtà non sono...
3 Ô ricco lle more 'a mugliera, ô pezzente le more 'o ciuccio.
Ad litteram: al ricco viene a mancare la moglie, al povero, l'asino... Id est:Il povero è sempre quello piú bersagliato dalla mala sorte: infatti al povero viene a mancare l'asino che era la fonte del suo sostentamento, mentre al ricco viene a mancare la moglie, colei che gli dilapidava il patrimonio; morta la moglie il ricco non à da temere rivolgimenti di fortuna, mentre il povero che à perso l'asino che gli dava di che vivere, sarà sempre piú in miseria.
4 Pazze e criature, 'o Signore ll'ajuta.
Ad litteram: pazzi e bimbi, Dio li aiuta. Id est: gli irresponsabili godono di una particolare protezione da parte del Cielo. Con questo proverbio, a Napoli, si soleva disinteressarsi di matti o altri irresponsabili, affidandoli al buonvolere di Dio e alla Sua divina provvidenza.
5 Si comme tiene 'a vocca, tenisse 'o culo, farrísse ciento perete e nun te n'addunasse.
Ad litteram: se come tieni la bocca, avessi il sedere faresti cento peti e non te n'accorgeresti; il proverbio è usato per bollare l'eccessiva verbosità di taluni, specie di chi è logorroico e parla a vanvera, senza alcun costrutto, di chi - come si dice - apre la bocca per prendere aria, non per esprimere concetti sensati.
6 Si 'arena è rrossa, nun ce mettere nasse.
Ad litteram: se la sabbia(il fondale del mare) è rossa, non mettervi le nasse(perché sarebbe inutile. Id est: Se il fondale marino è rosso - magari per la presenza di corallo, non provare a pescare, ché non prenderesti nulla. Per traslato il proverbio significa che se un uomo o una donna ànno inclinazioni cattive, è inutile tentare di crear con loro un qualsiasi rapporto: non si otterrebbero buoni risultati.
7 Si 'a tavernara è bbona, 'o cunto è sempe caro.
Ad litteram: se l'ostessa è procace, il conto risulterà sempre salato. Lo si dice a mo' d'ammonimento a tutti coloro che si ostinano a frequentare donne lascive e procaci, che per il sol fatto di mostrar le loro grazie pretendono di esser remunerate in maniera eccessiva...
8Nun te dà malincunìa, nè pe malu tiempo, nè pe mala signuria.
Ad litteram: non preoccuparti nè per cattivo tempo, nè per pessimi governanti. Id est: sia il cattivo tempo, che i governanti cattivi prima o poi cambiano o spariscono per cui non te ne devi preoccupare eccessivamente fino a prenderne malinconia...
9 'Ammuina è bbona p''a guerra...
Ad litteram: il caos, la baraonda è utile in caso di guerra; id est: per aver successo in caso di lotta occorre che ci sia del caos, della baraonda; mestando in esse cose si può giungere piú facilmente alla vittoria nella lotta intrapresa.
10 Astipate 'o piezzo janco pe quanno venono 'e jiuorne nire.
Ad litteram: conserva il pezzo bianco per quando verranno le giornate nere. Id est: cerca di comportarti come una formica; non dilapidare tutto quel che ài: cerca di tener da parte sia pure un solo scudo d'argento (pezzo bianco) di cui potrai servirti quando verranno le giornate di miseria e bisogno.
11 Male e bbene a fine vène.
Ad litteram: il male o il bene ànno un loro termine. Id est: Non preoccuparti soverchiamente ma pure non vivere sugli allori perché sia il male sia il bene che ti incorrono,non sono eterni e come son cominciati, così finiranno.
12 Chi tène pane e vvino, 'e sicuro è giacubbino.
Ad litteram: chi tiene pane e vino, di certo è un giacobino. Durante il periodo (23/1-13/6 1799)della Repubblica Partenopea, il popolo napoletano considerò, a giusta ragione, benestanti, i sostenitori del nuovo regime politico, sostenitori che erano stati beneficati in vario modo dagli invasori e si erano perciò schierati dalla loro parte. Attualmente il proverbio è inteso nel senso che sono ritenuti capaci di procacciarsi pane e vino, id est: prebende e sovvenzioni coloro che militano o fanno vista di militare sotto le medesime bandiere politiche degli amministratori comunali, regionali o provinciali che a questi nuovi giacobini son soliti procacciare piccoli o grossi favori, non supportati da alcuna seria e conclamata bravura, ma solo da una vera o pretesa militanza politica.
13 Dicette 'o paglietta: a ttuorto o a rraggione, 'a cca à dda ascì 'a zuppa e 'o pesone.
Ad litteram: disse l'avvocatucolo: si abbia torto o ragione, di qui devon scaturire il pasto e la pigione; id est: non importa se la causa sarà vinta o persa, è giusto assumerne il patrocinio che procurerà il danaro utile al sostentamento e al pagamento del fitto di casa. Oggi il proverbio è usato quando ci si imbarchi in un'operazione qualsiasi senza attendersene esiti positivi, purché sia ben remunerata.
14 'O diavulo, quanno è vviecchio, se fa monaco cappuccino.
Ad litteram: il diavolo diventato vecchio si fa monaco cappuccino. Id est: spesso chi à vissuto una vita dissoluta e peccaminosa, giunto alla vecchiaia, cerca di riconciliarsi con Dio nella speranza di salvarsi l'anima in extremis.
15 Chi tène 'o lupo pe cumpare, è mmeglio ca purtasse 'o cane sott' ô mantiello.
Ad litteram: chi à un lupo per socio, è meglio che porti il cane sotto il mantello. Id est: chi à cattive frequentazioni è meglio che si premunisca fornendosi di adeguato aiuto per le necessità che gli si presenteranno proprio per le cattive frequentazioni. Da notare come in napoletano il congiuntivo esortativo non è reso con il presente, ma con l'imperfetto...
16 Si 'o ciuccio nun vo' vevere, aje voglia d''o siscà...
Ad litteram: se l'asino non vuole bere, potrai fischiare quanto vuoi (non otterrai nulla)Id est: il testardo si redime ed accetta il nuovo solo con il proprio autoconvincimento...
17 Mo m'hê rotte cinche corde 'nfacci'â chitarra e 'a sesta poco tene.
Ad litteram: ora mi ài rotto (spezzato) cinque corde della chitarra e la sesta è prossima a spezzarsi. Simpatica locuzione che a Napoli viene pronunciata verso chi à cosí tanto infastidito una persona da condurlo all'estremo limite della pazienza e dunque prossimo ad una reazione conseguente, come chi vedesse manomessa la propria chitarra nell'integrità delle corde di cui cinque fossero state rotte e la sesta allentata al punto tale da non poter reggere piú l'accordatura.
18 Coppola pe cappiello e casa a sant'Aniello.
Ad litteram:Berretto per cappello, ma casa a sant'Aniello (a Caponapoli). Id est: vestirsi anche miseramente, ma prendere alloggio in una zona salubre ed ariosa, poiché la salute viene prima dell'eleganza, ed il danaro va speso per star bene in salute, non per agghindarsi.
19 Tené tutte 'e vizzie d''a rosamarina.
Ad litteram: avere tutti i vizi del rosmarino. Id est: avere tutti i difetti possibili, essere cioè così poco affidabile ed utile alla stregua del rosmarino, l'erba aromatica che serve a molto poco; infatti oltre che per dare un po' di aroma non serve a nulla: non è buona da ardere, perché brucia a stento, non fa fuoco, per cui non dà calore, non produce cenere che - olim - serviva per il bucato; se accesa, fa molto, fastidioso fumo...improduttivo.
20 Si 'o Signore nun perdona a 77, 78 e 79, llà 'ncoppa nce appenne 'e pummarole.
Ad litteram: Se il Signore non perdona ai diavoli(77), alle prostitute(78) e ai ladri(79), lassú (id est: in paradiso ) ci appenderà i pomodori. Id est: poiché il mondo è quasi del tutto popolato da ladri, prostitute e cattivi soggetti (diavoli), il Signore Iddio se vorrà accogliere qualcuno in paradiso, dovrà perdonare a tutti o si ritroverò con uno spazio enormemente vuoto che per riempirlo dovrebbe coltivarci pomodori.
21 Chillo se mette 'e ddete 'nculo e caccia 'anielle.
Ad litteram: Quello si mette le dita nel sedere e ne tira fuori anelli. Id est: la fortuna di quell'essere è cosí grande che è capace di procurarsi beni e ricchezze anche nei modi meno ortodossi o possibili.
22 Avimmo perduto 'aparatura e 'e centrelle.
Ad litteram: abbiamo perduto gli addobbi ed i chiodini. Anticamente, a Napoli in occasione di festività, specie religiose, si solevano addobbare i portali delle chiese con gran drappi di stoffe preziose; tali addobbi erano chiamati aparature; accaddeva però talvolta che - per sopravvenuto mal tempo, il vento e la pioggia scompigliasse, fino a distruggere gli addobbi ed a svellere drappi e chiodini usati per sostenerli; la parola aparatura= addobbo è un deverbale del lat. *ad-parare=apparecchiare, preparare, mentre la voce centrelle= chiodini deriva dal greco kéntron. La locuzione attualmente viene usata per dolersi quando, per sopravvenute, inattese cause vengano distrutti o vanificati tuttti gli sforzi operati per raggiungere un alcunché.

23 'A femmena è ccomme a' campana: si nun 'a tuculije, nun sona.
Ad litteram: la donna è come una campana: se non l'agiti non suona; id est: la donna à bisogno di esser sollecitata per tirar fuori i propri sentimenti, ma pure i propri istinti.
24 'A femmena bbona si - tentata - resta onesta, nun è stata buono tentata.
Ad litteram: una donna procace, se - una volta che venga tentata - resta onesta, significa che non è stata tentata a sufficienza. Lo si dice intendendo affermare che qualsiasi donna, in ispecie quelle procaci si lasciano cadere facilmente in tentazione, concedendo le proprie grazie; e se non lo fanno è perché... il tentatore non è stato all'altezza del compito...
25 Tre ccose nce vonno p''e piccerille: mazze, carizze e zizze!
Ad litteram: tre son le cose che necessitano ai bimbi: busse, carezze e tette. Id est: per bene allevare i bimbi occorrono tre cose un sano nutrimento(le tette), busse quando occorra punirli per gli errori compiuti, premi (carezze)per gratificarli quando si comportino bene.
26 'E pegge juorne so' chille d''a vicchiaia.
Ad litteram: i peggiori giorni son quelli della vecchiaia; il detto riecheggia l'antico brocardo latino: senectus ipsa morbus est; per solito, in vecchiaia non si ànno piú affetti da coltivare o lavori cui attendere, per cui i giorni sono duri da portare avanti e da sopportare specie se sono corredati di malattie che in vecchiaia non mancano mai...
27 Dimmènne n'ata, ca chesta ggià 'a sapevo.
Ad litteram: raccontamene un'altra perché questa già la conoscevo; id est: se ài intenzione di truffarmi o farmi del male, adopera altro sistema, giacché questo che stai usando mi è noto e conosco il modo di difendermi e vanificare il tuo operato.
28 Denaro 'e stola, scioscia ca vola.
Ad litteram: denaro di stola, soffia che vola via. Id est: il danaro ricevuto o in eredità, o in omaggio da un parente prete, si disperde facilmente, con la stessa facilità con cui se ne è venuto in possesso.
29 Fatte capitano e magne galline.
Ad litteram: diventa capitano e mangerai galline: infatti chi sale di grado migliora il suo tenore di vita, per cui, al di là della lettera, il proverbio può intendersi:(anche se non è veramente accaduto), fa' le viste di esser salito di grado, cosí vedrai migliorato il tuo tenore di vita.
30 'E mariuole cu 'a sciammeria 'ncuollo, so' pegge 'e ll' ate.
Ad litteram: i ladri eleganti e ben vestiti sono peggiori degli altri. Id est: i gentiluomini che rubano sono peggiori e fanno piú paura dei poveri che rubano magari per fame o necessità.
31 Dicette frate Evaristo:"Pe mmo, pígliate chisto!"
Ad litteram: disse frate Evaristo: Per adesso, prenditi questo!"Il proverbio viene usato a mo' di monito, quando si voglia rammentare a qualcuno, che si stia eccessivamente gloriando di una sua piccola vittoria, che per raggiungerla à dovuto comunque sopportare qualche infamante danno. Il frate del proverbio fu tentato dal demonio, che per indurlo al peccato assunse l'aspetto di una procace ragazza discinta; il frate si lasciò tentare e partí all'assalto delle grazie della ragazza che - nel momento culminante della tenzone amorosa riprese le sembianze del demonio e principiò a prendersi giuoco del frate, che invece portando a compimento l'operazione sodomitica iniziata pronunciò la frase in epigrafe.
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