venerdì 25 luglio 2008

PROVERBI E LOCUZIONI VARII 9

1 Chi ride d''o mmale 'e ll'ate, 'o ssujo sta arret' â porta.
Ad litteram: chi ride delle digrazie altrui, à le sue molto prossime; id est: chi o per cattiveria o per insipienza si fa beffe del male che à colpito altre persone, è bene che sappia che - presto o tardi - il male potrebbe colpire, anzi colpirà anche lui...
2 È 'na bbella jurnata e nisciuno se 'mpenne.
Ad litteram: È una bella giornata e nessuno viene impiccato.Con la frase in epigrafe, un tempo erano soliti lamentarsi i commercianti che aprivano bottega a Napoli nei pressi di piazza Mercato dove erano innalzate le forche per le esecuzioni capitali; i commercianti si dolevano che in presenza di una bella giornata non ci fossero esecuzioni cosa che, richiamando gran pubblico, poteva far aumentare il numero dei possibili clienti. Oggi la locuzione viene usata quando si voglia significare che ci si trova in una situazione a cui mancano purtroppo le necessarie premesse per il conseguimento di un risultato positivo.
3 'E meglie affare so' cchille ca nun se fanno.
Ad litteram: i migliori affari sono quelli che non vengono portati a compimento; siccome gli affari - in ispecie quelli grossi - comportano una aleatorietà, spesso pericolosa, è piú conveniente non principiarne o non portarne a compimento alcuno.
4 Quanno 'e figlie fòttono, 'e pate so' futtute.
Ad litteram: quando i figli copulano, i padri restano buggerati Id est: quando i figli conducono una vita dissoluta e perciò dispendiosa, i padri ne sopportano le conseguenze o ne portano il peso; va da sé che con la parola fòttono non si deve intendere il semplice, naturale, atto sessuale,compiuto in costanza di matrimonio, ma piú chiaramente quello compiuto a pagamento, fuori della vita coniugale.
5 Primma t'aggi''a 'mparà e po' t'aggi''a perdere....
Ad litteram: prima devo insegnarti(il mestiere) e poi devo perderti. Cosí son soliti lamentarsi, dolendosene, gli artigiani partenopei davanti ad un fatto incontrovertibile: prima devono impegnarsi per insegnare il mestiere agli apprendisti, e poi devono sopportare il fatto che costoro, diventati provetti, lasciano la bottega dove ànno imparato il mestiere e si mettono in proprio, magari facendo concorrenza al vecchio maestro.
6 'Na mela vermenosa ne 'nfraceta 'nu muntone
Basta una sola mela marcia per render marce tutte quelle con cui sia a contatto. Id est: in una cerchia di persone, basta che ve ne sia una sola cattiva, sleale o peggio, per rovinare tutti gli altri.
7 Chella ca ll'aiza 'na vota, ll'aiza sempe.
Ad litteram: quella che la solleva una volta, la solleverà sempre. Id est: una donna che tiri su le gonne una volta, le tirerà su sempre; piú estesamente: chi commette una cattiva azione, la ripeterà per sempre; non bisogna mai principiare a delinquere , altrimenti si corre il rischio di farlo sempre.
8 Chella cammisa ca nun vo' stà cu tte, pigliala e stràcciala!
Ad litteram: quella camicia che non vuole star con te, stràppala! Id est: allontana, anche violentemente, da te chi non accetta la tua amicizia o la tua vicinanza.
9Â sera so' bastimiente,âmatina so' varchetelle.
Ad litteram: a sera sono grosse navi, di mattina piccole barche.Con il mutare delle ore del giorno, mutano le prospettive o proporzioni delle cose; cosí quelli che di sera sembrano insormontabili problemi, passata la notte, alla luce del giorno, si rivelano per piccoli insignificanti intoppi facilmente superabili.
10 O chesto, o cheste!
Ad litteram: o questo, o queste.La locuzione viene profferita, a Napoli quando si voglia schernire qualcuno con riferimento alla sua ottima posizione economica-finanziaria; alle parole devono essere accompagnati però precisi gesti: e cioè: pronunciando la parola chesto bisogna far sfarfallare le dita tese delle mano destra con moto rotatorio principiando dal dito mignolo e terminando col pollice nel gesto significante il rubare; pronunciando la parola cheste bisogna atteggiare la mano ds. a mo' di corna, per significare complessivamente che le fortune di chi è preso in giro sono state procurate o con il furto o con le disonorevoli azioni della di lui moglie, figlia, o sorella, inclini a farsi possedere per danaro.
11 Cu 'o furastiero, 'a frusta e cu 'o paisano 'arrusto.
Ad litteram: con il forestiero occorre usare la frusta (per scacciarlo)mentre con il compaesano bisogna servirlo di adeguato sostentamento; proverbio che viene di lontano ed è attualissimo, quantunque in contrasto con la storia passata del popolo napoletano abituato ad accogliere stranieri e/o invasori, a familiarizzare con loro compartecipandone usi, costumi, lingua ed abitudini.
12 Chi tène mali ccerevelle, à da tené bboni ccosce.
Ad litteram: chi à cattiva testa, deve avere buone gambe. Id est: chi è incline a delinquere, deve avere buone gambe per potersi sottrarre con la fuga al castigo che dovesse seguire al delitto.Inteso in senso meno grave il proverbio significa che chi dimentica di operare alcunché deve sopperirvi con buone gambe per recarsi a pigliare o a fare ciò che si è dimenticato di fare o prendere.
13 Quanno 'e mulinare fanno a ponie, strigne 'e sacche.
Ad litteram: quando litigano gli addetti al mulino, conviene stringere le bocche dei sacchi. Id est: non conviene lasciarsi coinvolgere nelle altrui lotte, altrimenti si finisce per rimetterci del proprio.
14 Meglio magnà poco e spisso ca fà unu muorzo.
Ad litteram: meglio mangiar poco e spesso che consumar tutto in un solo boccone. Contrariamente a quel che si possa pensare, il proverbio non è una norma statuita da una qualche scuola medica che consigli di alimentarsi parcamente senza dar fondo alle vettovaglie; è invece un consiglio epicureo che spinge a piluccare, per estendere al massimo - nel tempo -il piacere della tavola, piuttosto che esaurirlo in pochissimo spazio di tempo, mangiando con voracità.
15 Tre songo 'e ccose ca strujeno 'na casa: zeppole, pane caudo e maccarune.
Ad litteram:Tre sono le cose che mandano alla rovina una casa: focaccine dolci, pane caldo, maccheroni. Da sempre a Napoli, le spese per l'alimentazione ànno costituito un grosso problema; il proverbio in epigrafe elenca quali furono una volta gli alimenti molto cari, che producevano grossi problemi alle vuote tasche dei napoletani; essi alimenti erano: le focaccine dolci, molto appetite dai golosi, il pane caldo cioè fresco che veniva consumato in quantità maggiore di quello raffermo, ed i famosi maccheroni che all'epoca costavano molto piú della verdura; oggi tutto costa di piú, per cui sarebbe difficile fare un elenco delle cose che posson mandare in malora l'economia di una casa.
strujeno voce verbale (3° pers. plur. ind. pres.) dell’infinito strjere=consumare, portare a consunzione e per estensione rovinare dal lat. (de)-struere con aggiunta di un suono eufonico di transizione (j) tra le vocali u ed e
16 Addó hê fatto 'o pumpiere? Dinto â vasca d''e capitune?!
Ad litteram: dove ài imparato a fare il pompiere? Nella tinozza dei capitoni?!La frase è usata quando sarcasticamente ci si voglia prender giuoco di qualcuno sac cente e supponente che si atteggi a baldanzoso esperto di qualcosa di cui in realtà non à alcuna esperienza, come di un pompiere che, in luogo delle manichette o pompe idrovore abbia avuto rapporti con la sola acqua contenuta nelle tinozze dove vengono messi le anguille o i piú grossi capitoni.
17 'A vipera ca muzzecaje a cchella murette 'e tuosseco.
Ad litteram: la vipera che morsicò quella donna, perí di veleno; per significare che persino la vipera che è solita avvelenare con i suoi morsi le persone, dovette cedere e soccombere davanti alla cattiveria e alla perversione di una ipotetica donna molto piú pericolosa e venefica di essa vipera.
18 E sempe Carulina, e sempe Carulina...
Ad litteram Sempre Carolina... sempre Carolina Id est: a consumare sempre la stessa pietanza, ci si stufa. La frase in epigrafe veniva pronunciata dal re Ferdinando I Borbone Napoli quando volesse giustificarsi delle frequenti scappatelle fatte a tutto danno di sua moglie Maria Carolina d'Austria, che - però, si dice - lo ripagava con la medesima moneta; per traslato la locuzione è usata a mo' di giustificazione, in tutte le occasioni in cui qualcuno abbia svicolato dalla consueta strada o condotta di vita, per evidente scocciatura di far sempre le medesime cose.
19 Tre cose stanno male a 'stu munno: n'auciello 'mmano a 'nu piccerillo, 'nu fiasco 'mmano a 'nu terisco, 'na zita 'mmano a 'nu viecchio.
Ad litteram: tre cose sono sbagliate nel mondo: un uccello nelle mani di un bambino, un fiasco in mano ad un tedesco e una giovane donna in mano ad un vecchio; in effetti l'esperienza dimostra che i bambini sono, sia pure involontariamente, crudeli e finirebbero per ammazzare l'uccellino che gli fosse stato affidato,il tedesco, notoriamente crapulone, finirebbe per ubriacarsi ed il vecchio, per definizione lussurioso, finirebbe per nuocere ad una giovane donna che egli possedesse.
20 Uovo 'e n'ora, pane 'e 'nu juorno, vino 'e n'anno e guagliona 'e vint'anne.
Ad litteram: uovo di un'ora, pane di un giorno, vino di un anno, e ragazza di vent'anni. Questa è la ricetta di una vita sana e contenutamente epicurea. Ad essa non devono mancare uova freschissime, pane riposato per lo meno un giorno, quando pur mantenendo tutta la sua fragranza abbia avuto tempo di rilasciare tutta l'umidità dovuta alla cottura, vino giovane che è il piú dolce ed il meno alcoolico, ed una ragazza ancora nel fior degli anni,capace di concedere tutte le sue grazie ancora intatte.
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