venerdì 25 luglio 2008

PROVERBI E LOCUZIONI VARII 10

1 - A cuoppo cupo poco pepe cape.
Ad litteram: In un cartoccio stretto entra poco pepe. Sta ad indicare quanto sia del tutto inutile tentare di fornire spiegazioni a gli stupidi.
2 - Caruso, melluso, miette 'a capa dint' a 'o pertuso, e po' vène 'o scarrafone e te roseca 'o mellone...
Filastrocca intraducibile ad litteram con la quale a Napoli un tempo si soleva prendere in giro i ragazzi che - per igiene - portavano la testa completamente rapata; li si insolentiva preconizzando per loro che avrebbero avuto, ma non si capiva il perché, la testa rosicchiata da uno scarafaggio.
3 - Mazza e panella fanno 'e figlie bbelle; panella senza mazza fanno 'e figlie pazze.
Bastone e pagnotta rendono i figli belli; pagnotta senza bastone rende i figli pazzi. Il concetto è abbastanza chiaro, anche perchè credo che esistano versioni di questo proverbio anche in altre regioni italiane.
4 - Quanno 'o parente corre, 'o vicino è ggià curruto.
Ad litterram: quando il parente accorre, il vicino lo à già fatto. Id est: bisogna aspettarsi maggior aiuto da un vicino che da un parente, che viene a prestarti aiuto meno sollecitamente di un vicino: questo - almeno - accade in Campania dove esiste ancora la cultura del buon vicinato; per la restante parte d'Italia non è dato sapere...
5 'O figlio muto 'a mamma 'o 'ntenne.
Il figlio muto è compreso dalla madre. Il senso è che nessuno sa capire i propri figli come una madre.
6 - 'O puorco fète 'a vivo, ma addora quanno è mmuorto, ll'ommo addora 'a vivo e fète 'a muorto, 'a femmena fète viva o morta.
Ad litteram: il maiale puzza da vivo, ma odora da morto(quando è ben cucinato), l'uomo odora da vivo e puzza da morto, la donna - invece puzza sia da viva che da morta; id est: la donna è comunque un'essere da evitare, essendo l'unico essere inaffidabile e, figurativamente, maleodorante sia da vivo che da morto.
7 - Ivi piro e non menavi pere e mmo ca sî santo e vuó fà miracoli?
Eri un pero e non producevi pere e adesso sei diventato santo e vuoi compiere miracoli?
Le parole della locuzione furono pronunciate risentitamente da un contadino che si imbatté in una lignea statua di un Cristo che il popolino venerava ritenendola miracolosa, conferendogli copiosamente fiori e ceri; il contadino, essendosi ricordato che la statua era stata scolpita nel legno di un pero abbattuto nel suo orto in quanto improduttivo, rinfacciò al simulacro la sua provenienza e si dichiarò dispensato dal tributargli onori.
Altrove la medesima evenienza è ricordata con l’espressione: I’ te cunosco buono piro all’uorto mio!( Ti conosco bene (fin da quando) eri un pero nel mio orto!).

8 - Si 'e ccorne fossero purtualle, 'a capa toja fosse Palermo.
Ad litteram: Se le corna fossero arance, la tua testa(che ne è molto fornita) sarebbe la città di Palermo.Icastica e colorita offesa con la quale a Napoli si suole rammentare a taluno i continui tradimenti operati dalla di lui consorte, al segno che qualora le corna fossero arance, la testa del malcapitato cui è diretta l'offesa, sarebbe la città di Palermo, zona in cui si producono estesamente saporitissime e grosse arance.
9 - 'O puorco pulito nun se 'ngrassa maje
Ad litteram: un porco pulito non si ingrassa mai. Id est:Chi si comporta in maniera pulita e scevra di colpe, non otterrà mai grandi risultati nella propria vita, dove -invece- per poter primeggiare - occorre spesso commetter nefandezze, come accade per il maiale che solo se vive rotolandosi nella melma del porcile, prospera e s'ingrassa.
10 - 'O cuoncio acconcia.
Ad litteram: il condimento aggiusta. Id est: basta un buon condimento per migliorare le pietanze meno appetitose. Per traslato: ogni cosa diviene bene accetta se è presentata bene o agghindata con grazia.
11 - Chi tene 'e mmane 'mpasta, nun mette 'e ddete 'nculo â gallina.
Ad litteram: chi sta impastando, non mette le dita nel culo della gallina. Il proverbio non adombra una norma igienico - sanitaria, ma vuol significare che chi sta nel mondo degli affari deve tener sempre nascoste le proprie mosse per non appalesare ai concorrenti quali sono le sue intenzioni prossime; non deve comportarsi cioè come la contadina che - tastando il culo alle galline per accertarsi della presenza dell'uovo - dà ingenuamente a vedere a tutti ciò che di buono le sta per accadere.

12 - 'O cavallo zuoppo e 'o ciuccio viecchio, morono â casa d''o fesso.
Ad litteram: il cavallo zoppo e l'asino vecchio muoiono in casa dello sciocco. Id est: dello sciocco ognuno si approfitta; nella fattispecie allo sciocco vengono venduti il cavallo azzoppato e l'asino vecchio ormai inadatti al lavoro.
13 - L l'amico è comme ô 'mbrello: quanne chiove nun 'o truove maje.
Ad litteram: l'amico è come l'ombrello; quando piove non lo trovi mai; id est:l'amico (che nei momenti di bisogno dovrebbe essere il primo a soccorrerti), accade che, proprio allora sparisca e non si faccia trovare...
14 -'A tonaca nun fa 'o monaco, 'a chiereca nun fa 'o preveto, nè 'a varva fa 'o filosofo.
Ad litteram: la tonaca non fa un monaco, la tonsura non fa un prete né la barba fa il filosofo; id est: l'apparenza può ingannare: infatti non sono sufficienti piccoli segni esteriori per decretare la vera essenza o personalità di un uomo.
15 - Me parono 'e ccape d''a Vecaria.
Ad litteram: mi sembrano le teste della Vicaria. Lo si suole dire di chi è smagrito per lunga fame, al segno di averne il volto affilato e scavato quasi come le teste dei giustiziati, teste che nel 1600 venivano esposte per ammonimento infilzate su lunghe lance e tenute per giorni e giorni all'esterno dei portoni del tribunale della Vicaria, massima corte del Reame di Napoli.
16 - Aria netta nun ave paura 'e trònnele.
Ad litteram: aria pulita non teme i tuoni; infatti quando l'aria è tersa e priva di nuvole, i tuoni che si dovessero udire non sono annunzio di temporale. Per traslato: l'uomo che ha la coscienza pulita non teme che possa ricevere danno dalle sue azioni, che - improntate al bene - non potranno portare conseguenze negative .
17 - Ascí 'a vocca d’ 'e cane e ferní 'mmocca ê lupe
Ad litteram: scampare alla bocca dei cani e finire in quella dei lupi. Maniera un po' piú drammatica di rendere l'italiano: cader dalla padella nella brace: essere azzannati da un cane è cosa bruttissima, ma finire nella bocca ben piú vorace di un lupo, è cosa ben peggiore.
18 - Rrobba 'e mangiatorio, nun se porta a cunfessorio.
Ad litteram: faccende inerenti il cibarsi, non vanno riferite in confessione. Id est: il peccato di gola... non è da ritenersi un peccato; a malgrado che la gola sia uno dei vizi capitali, il popolo napoletano, atavicamente perseguitato dalla fame, non si riesce a comprendere come sia possibile ritenere peccato lo sfamarsi anche lautamente... ed in maniera eccessiva.
19 - Cu ll'evera molla, ognuno s'annetta 'o culo.
Ad litteram: con l'erba tenera, ognuno si pulisce il sedere; per traslato: chi è privo di forza morale o di carattere non è tenuto in nessuna considerazione , anzi di lui ci si approfitta, delegandogli persino i compiti piú ingrati.
20 T'ammeretave 'a croce ggià 'a paricchio..
Ad litteram: avresti meritato lo croce già da parecchio tempo. A Napoli, la locuzione in epigrafe è usata sarcasticamente per prendersi gioco di coloro che, ottenuta la croce di cavaliere o il nastrino di commendatore, montano in superbia e si gloriano eccessivamente per il traguardo raggiunto; ebbene a costoro, con la locuzione in epigrafe, si vuol rammentare che ben altra croce e già da gran tempo, avrebbero meritato intendendendo che li si ritiene malfattori, delinquenti, masnadieri tali da meritare il supplizio della crocefissione quella cui, temporibus illis, erano condannati tutti i ladroni...
21 Ll'avvocato à dda essere 'mbruglione.
Ad litteram: l'avvocato deve essere imbroglione. A Napoli - terra per altro di eccellentissimi principi del foro - si è convinti che un buono avvocato debba esser necessariamente un imbroglione, capace cioè di trovare argomentazioni e cavilli giuridici tali da fare assolvere anche un reo confesso o - in sede civilistica - far vincere una causa anche a chi avesse palesemente torto.
22 Ll'avvocato fesso è cchillo ca va a lleggere dint' ô codice.
Ad litteram: l'avvocato sciocco è quello che compulsa il codice; id est: non è affidabile colui che davanti ad una questione invece di adoprarsi a comporla pacificamente consiglia di adire rapidamente le vie legali; ad ulteriore conferma dell'enunciato in epigrafe, altrove - nella filosofia partenopea - si suole affermare che è mmeglio ‘nu malo accordo ca ‘na causa vinciuta e cioè: è preferibile un cattivo accordo che una causa vinta, che - certamente - sarà stata piú dispendiosa e lungamente portata avanti rispetto al piú veloce ed economico accordo.
23 - Â ggatta ca allicca 'o spito, nun ce lassà carne p'arrostere.
Ad litteram: alla gatta che lecca lo spiedo, non lasciar carne da arrostire. Id est: non aver fiducia di chi ti à dato modo di capire di che cattiva pasta è fatto, come non sarebbe opportuno lasciare della carne buona per essere arrostita, a portata di zampe di un gatto che è solito leccare gli spiedi su cui la carne viene arrostita...

24 'O friddo 'e bbuone 'e scutuléa, e 'e malamente s''e carréa.
Ad litteram: il freddo percuote chi gode buona salute e porta via con sé chi sta male. Id est: i rigori invernali fanno comunque danno; per solito, in inverno, chi gode buona salute, finisce per ammalarsi, mentre chi è già malato corre il grave rischio di morire.
25 - Rummané a' prevetina comme a don Paulino.
Ad litteram: restare alla "prevetina" come don Paolino prete nolano(celebre, altrove, per la sua indigenza cosí grande da non potersi permettere l'acquisto di ceri per le sue funzioni religiose, che celebrava con dei tizzoni di carboni ardenti). Id est: ridursi in gran miseria al punto di possedere solo una prevetina, moneta che valeva appena 13 grana, ossia molto poco, e che prendeva questo nome perché con la "prevetina" moneta del valore appunto di 13 grana ci si pagava la celebrazione di una santa Messa. Ovviamente un sacerdote che per tutti i suoi bisogni quotidiani disponesse di una sola prevetina era molto indigente!
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