L’AVARO
In lingua napoletana la parola avaro ( che, in italiano, non deriva come si ritiene erroneamente da taluno, dal lat. avarus anticamente pensato come contrazione dei termini avidus aeris e cioè:bramoso di danaro, ma molto piú semplicemente dal verbo avere o àvere nel senso di desiderare ardentemente,bramare intensamente) è resa con moltissime parole che qui di seguito tento di illustrare in ordine alfabetico, indicando eventuali sottili differenze, nonché, per ognuna, la piú accreditata etimologia.
Cominciamo:
-allesenato/nuto avarissimo, smunto, emaciato; parola forgiata sul verbo allesinare/allesinire esser provvisto di lesina e cioè della subbia dei ciabattini; tali avarissime persone, pur di risparmiare, usavano accomodarsi da sé le scarpe usando appunto la lesina di cui erano provvisti; da tale occorrenza derivò anche il toscano lesinare;
- arràiso di per sé capo, aduso al comando e pertanto incline a tener tutto sotto chiave, per esercitare un esteso controllo e dunque per estensione avaro; etimologicamente dal portoghese arrais = capo;
- cacasicco: ad litteram: chi evacua poco; qui il termine sicco, di per sé secco, sta appunto per poco; il cacasicco è quel sordido avaraccio che, per non cedere nulla di ciò che à, lesina persino sulle quantità del materiale evaquato;l’etimologia è ovvia e non mette conto dirne;
- cutecone ad litteram: coticone e cioè sordido, taccagno, untuoso spilorcio; parola accrescitivo di cotica dal b.latino cutica(m)=cotenna;
- pedecchiuso ad litteram: pidocchioso; come per il toscano:gretto, avaro,sordido taccagno; etimologicamente forgiato sul lat.pediculus
in quanto il pidocchio è insetto non alato, che striscia alla ricerca di cibo rappresentato dalle squame epiteliali; tal è il modo di fare dell’avaro aduso ad un comportamento quasi elimosinatorio pur di non cedere del proprio;
- pirchio ad litteram: che tiene al suo, avaro, spilorcio; parola probabilmente forgiata per corruzione sul toscano tirchio a sua volta dal greco thèriakós= ferino, che protegge il suo; per altri parola ricostruita al maschile sul femm. perchia dal lat. percula; altri infine, parallelamente al siciliano píllicu lo riallacciano allo spagnolo pelon nel senso di spelato, povero e quindi avaro; non saprei proprio quale via tenere…;
- rosecachiuove ad litteram: rosicchiachiodi, come di chi che, cosí avaro, non volendo spender del suo per nutrirsi si adatti a rosicchiare i chiodi alla ricerca di una inesistente polpa! Parola formata addizionando roseca, voce verbale di rusecà dal verbo rosicare forma frequentativa del lat. rodere, con il sostantivo chiuove(che è dal lat. clavum) =chiodi;
- rusechino ad litteram: rosicchiatore, spilorcio, strozzino; anche questa parola è evidentemente forgiata sul verbo rusecà;
- scarzugno ad litteram : scarso, manchevole (evidentemente della volontà di ceder del proprio); parola coniata sull’agg. scarzo part. pass. d’un basso latino excarpsum = carente, mancante, collaterale del piú classico excerptum;
- scuorzo – scurzone ad litteram: per ambedue: taccagno, di dura buccia ,quasi come il cutecone summenzionato;ambedue forgiate sul sostantivo scorza a sua volta dal latino: cortex/corticis con protesi di una consueta S intensiva;
- secaturnese ad litteram: sega tornese, lo spilorcio inveterato al segno di non voler spendere tutt’intero neppure un tornese, moneta che già di per sé non valeva tanto: appena 6 cavalli!, e preferisce quasi frantumarlo per spenderlo a piccoli pezzi, oppure l’avaro aduso a limare le monete auree o argentee per ricavarne un sia pure esiguo tornaconto; parola formata con l’addizione di seca voce del verbo secà = segare dal lat. secare e del sostantivo turnese (tornese) quest’ultima dal lat. turonensem (di Tours, in quanto i primi tornesi furono battuti in quella città francese;
- seneca ad litteram: seneca, id est: vecchio spilorcio, tal quale nell’immaginario collettivo si ritiene fosse il filosofo Seneca , dal cui nome è derivato il sostantivo;
- spèzeca - spèzzeca ad litteram: lo spizzicatore, colui che è cosí tanto lesinatore da prendere e dare a piccolissime dosi, quasi sbocconcellando; si tratta di un unico vocabolo presentato con doppia grafia con una o due zeta; la versione con le due zete è la piú corretta, mentre quella con una zeta nacque per quello strano fenomeno detto: ipercorrettismo in forza del quale si mutano accenti e/o parole per l’erroneo timore di stare usando una parola di forma o accento scorretto;è noto ad es. che i napoletani meno colti sogliono pronunciare il noto Cavour, Càvur in luogo del corretto Cavúr, avvertito come dialettale;i termini a margine sono un deverbale di pezzecà= pizzicare con tipica protesi della S intensiva;
stiteco e cioè stitico, quasi della medesima portata del precedente cacasicco
chiaramente l’avaro abituato a tutto stivare e non trar fuori; etimologicamente dal lat. stypticus da stypo= astringo e conservo;
- tirato ad litteram: rattratto e cioè l’avaro, il taccagno che abbia quasi un braccio rattratto tanto da non poter dare;etimologicamente è il part. pass. del b. lat.:tirare collaterale del classico trahere;
- a mo’ di completezza aggiungo la locuzione: stritto ‘e pietto ad litteram: insufficiente di torace; l’avaro è cosí sordidamente parsimonioso da risultare, nell’immaginario collettivo partenopeo, persino fisicamente piccolo e rattratto.
E qui mi fermo, chiedendo scusa se mi fosse sfuggito un qualche vocabolo.
Raffaele Bracale
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