mercoledì 10 giugno 2009

LA PREPOSIZIONE A nella parlata napoletana

LA PREPOSIZIONE A
NELLA PARLATA NAPOLETANA.
la preposizione semplice a della parlata napoletana (con identico etimo dal latino ad) ripete la preposizione a della lingua italiana dove vale: verso, a, con valore di avvicinamento verso qualcosa/qualcuno, ma anche con valore di attribuzione,relazione,tempo e causa; quando è congiunzione, se seguíta da un verbo all’infinito introduce proposizioni finali, condizionali o causali; la preposizione a della lingua napoletana è innanzitutto preposizione di stato e di moto a luogo; introduce altresì i complementi (o, come s’usa dire oggi, le estensioni di tempo, di termine, modo etc. per solito comportando la geminazione della consonante iniziale della parola successiva (es.: sto’ a Nnapule = sto a Napoli, vaco a mmare= vado a mare, stamme a ssentí (oppure ‘ssèntere’) = ascoltami); come congiunzione è usata altresì, seguìta da un infinito, in funzione introduttiva di proposizioni finali (vaco a vedé = vado a (per) vedere), temporali o causali (facette male a parlà= sbagliai/sbagliò quando o giacché parlai/parlò).
In napoletano la preposizione A è usata anche per introdurre, quasi in maniera indiretta, un complemento oggetto quando però tale complemento sia una persona o essere animato, mai un oggetto (es.: aggiu visto a pàteto= ò visto tuo padre; aggiu ‘ntiso ô cane ca alluccava = ò sentito il cane che latrava ( dove ô = a + ‘o= a + il); ma aggiu pigliato ‘o bicchiere= ò preso il bicchiere, aggiu ‘ntisa ‘a campana = ò sentito la campana.) La ragione di questa particolare a segnacaso del complemento oggetto non è da ricercarsi come sostiene qualcuno nel fatto che venuto meno il latino con le declinazioni comportanti esatte desinenze distinte per il nominativo e l’accusativo in un corrotto latino regionale volgare privo di desinenze distinte si sarebbe ingenerata un’ipotetica confusione in una frase del tipo: Petrus vidit Paulus non potendosi stabilire se il soggetto di vidit fosse Petrus o Paulus. Ciò è inesatto in quanto, se è vero che, ad un dipresso, il latino classico, almeno fino a quello ciceroniano, mantenne il soggetto anteposto al verbo reggente, nel latino della decadenza volgarizzatosi con l’entrata in contatto con le parlate locali, proprio per non ingenerare confusioni, soprattutto nella lingua parlata si preferì porre il soggetto sempre prima del verbo reggente. Reputo dunque molto più verosimile l’idea che tale particolare a segnacaso del complemento oggetto sia un residuo plebeo di un latino volgare parlato, quello che produsse anche lo spagnolo, il portoghese ed il rumeno, lingue in cui perdura l’uso dell’a come segnacaso del complemento oggetto. RaffaeleBracale

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