mercoledì 28 ottobre 2015

VARIE 15/810

1) 'A NAVE CAMMINA E 'A FAVA SE COCE. Letteralmente: la nave cammina, e la fava si cuoce. La locuzione mette in relazione il cuocersi della fava (che indica la sopravvivenza,data dalla continuata abbondanza di cibo) con il cammino della nave ossia con il progredire delle attività economiche,e fa dipendere il sostentamento dal cammino della nave per cui è piú opportuno tradurre (Quando) la nave va, la fava cuoce,id est: se gli affari progrediscono, il sostentamento è assicurato! 2. NCE VONNO QUATTO LASTE E 'O LAMPARULO. Letteralmente: occorono i quattro vetri laterali ed il reggimoccolo. Id est: il lavoro compiuto è del tutto inutilizzabile in quanto palesamente incompleto e non fatto a regola d'arte; quello della locuzione è rappresentato da una lanterna ultimata in modo raffazzonato al punto che mancano elementi essenziali alla sua funzionalità. La locuzione viene perciò usata nei confronti di chi, ingiustificatamente, si gloria di aver fatto un eccellente lavoro, laddove ad un attento controllo esso risulta vistosamente carente e praticamente inutilizzabile. 3. JIRSENE CU 'NA MANA ANNANZE E N'ATA ARRETO. Letteralmente: andarsene con una mano davanti ed una di dietro (per coprirsi le vergogne). Era il modo con cui il debitore si allontanava dal luogo dove aveva eseguito la cessio bonorum – in napoletano: zitabona -, aveva cioè poggiato le nude natiche su di una colonnina (posta innanzi al tribunale della Vicaria) a dimostrazione di non aver piú niente. La locuzione perciò significa e si usa per indicare chi, non avendo concluso nulla di buono, ci abbia rimesso fino all'ultimo quattrino e non gli resti che l'ignominia di dichiararsi fallito o perdente e di cambiar zona andandosene con una mano davanti ed una di dietro. 4. A - MIETTE MANO Â TELA B - ARRICIETTE 'E FIERRE Le due locuzioni indicano l'incipit ed il termine di un'opera e vengono usate nelle precise circostanze da esse indicate, ma sempre con un valore di sprone; sub A: metti mano alla tela, ossia, prepara la tela ché è giunto il momento di cominciare il lavoro. sub B: metti a posto i ferri, è giunta l'ora di lasciare il lavoro. 5. ESSERE 'NU/’NA SECATURNESE. Letteralmente: essere un/una sega-tornesi.Id est: essere un avaraccio/a, super avaro/a al punto di far concorrenza a taluni antichi tonsori di monete, che al tempo in cui circolavano monete d'oro o d'argento, usavano limarle per poi rivender la limatura e far cosí piccoli guadagni: venne poi la carta-moneta e finí il divertimento. 6. ESSERE 'NA MEZA PUGNETTA. Esser piccolo di statura, ma soprattutto valer poco o niente, non avere alcuna conclamata attitudine operativa, stanti le ridottissime capacità fisiche, intellettive e morali di cui si è provvisti, essendo (per furbesca iperbole) solo il prodotto di un gesto onanistico non compiuto neppure per intero. Il s.vo f.le pugnetta che indica appunto la masturbazione maschile, è una voce gergale costruita sul s.vo lat. pugnu-m addizionato di un suff. dim. f.le –etta. 7. ESSERE 'NA GALLETTA 'E CASTIELLAMMARE. Letteralmente: essere un biscotto di Castellammare. Id est: essere poco incline ad atti di generosità, anzi tener sempre saldamente chiusi i cordoni della borsa essendo molto restio ad affrontare spese di qualsiasi genere, in ispecie quelle destinate ad opere di carità, essere insomma cosí duro nei propri parsimoniosi intendimenti da essere paragonabile ai durissimi biscotti prodotti in Castellammare, biscotti a lunga conservazione usati abitualmente come scorta dalla gente di mare che li preferiva al pane perché non ammuffivano, ma che erano cosí tenacemente duri che - si diceva - neppure l'acqua di mare riuscisse ad ammorbidire. 8. 'E CURALLE – oppure ‘O CURALLARO - LL'À DDA FÀ 'O TURRESE. Letteralmente: i coralli li deve lavorare il torrese oppure il corallaio è lavoro da torrese. Id est: ognuno deve fare il proprio mestiere, che però deve esser fatto secondo i crismi previsti; non ci si può improvvissare competenti; nella fattispecie la lavorazione del corallo è appannaggio esclusivo dell'abitante di Torre del Greco, centro campano famoso nel mondo appunto per la produzione di oggetti lavorati in corallo. 9. MO T''O PPIGLIO 'A FACCIA 'O CUORNO D''A CARNACOTTA Letteralmente. adesso lo prendo per te dal corno per la carne cotta. Icastica ed eufemistica espressione con la quale suole rispondere chi, richiesto di qualche cosa, non ne sia in possesso né abbia dove reperirla o gli manchi la volontà di reperirla. Per comprendere appieno la locuzione bisogna sapere che la carnacotta è il complesso delle trippe o frattaglie bovine o suine che a Napoli vengono vendute [già atte ad essere consumate] o presso macellai o presso appositi venditori girovaghi che le servono ridotte in piccoli pezzi su minuscoli fogli di carta oleata; i piccoli pezzi di trippa vengono prima irrorati col succo di limone e poi cosparsi con del sale che viene prelevato da un corno bovino scavato ad hoc proprio per contenere il sale e bucato sulla punta per permetterne la distribuzione. Detto corno viene portato dal venditore di trippa, appeso in vita e lasciato pendente sul davanti del corpo. Proprio la vicinanza con intuibili parti anatomiche del corpo, permettono alla locuzione di significare che ci si trovi nell'impossibilità di aderire alle richieste. 10. PURE 'E CUFFIATE VANNO 'MPARAVISO. Letteralmente: anche i corbellati vanno in paradiso. Massima consolatoria con cui si tenta di rabbonire i dileggiati cui si vuol fare intendere che sí è vero che ora son presi in giro, ma poi spetterà loro il premio del paradiso. Il termine cuffiato cioè corbellato è il participio passato del verbo cuffià che deriva dal sostantivo coffa = peso, carico, a sua volta dall'arabo quffa= corbello. 11. DICETTE 'O SCARRAFONE: PO’ FFÀ CCHIOVERE 'GNOSTIA COMME VO’ ISSO, MAJE CCHIÚ NIRO POZZO ADDEVENTÀ... Disse lo scarafaggio: (il Cielo) può far cadere tutto l'inchiostro che vuole, io non potrò mai diventare piú nero di quel che sono. La locuzione è usata da chi vuole far capire che à già ricevuto e sopportato tutto il danno possibile dall'esterno, per cui altri sopravvenienti fastidi non gli potranno procurar maggior danno. 12. ABBACCA ADDÒ VENCE. Letteralmente: collude con chi vince. Di per sé il verbo abbaccare presupporrebbe una segretezza d'azione che però ormai nella realtà non si riscontra, in quanto l'opportunista - soggetto sottinteso della locuzione in epigrafe non si fa scrupolo di accordarsi apertis verbis con il suo stesso pregresso nemico, se costui, vincitore, gli può offrire vantaggi concreti e repentini. Lo sport di salire sul carro del vincitore e di correre in suo aiuto è stato da sempre praticato dagli italiani. abbaccare = andar con, colludere [dal lat. ad+vadicare→avva(di)care→abbaccare→abbaccà]. 13. DIO PERDONA, SANGIUANNE NO! Letteralmente: Dio perdona, il compare/padrino no! Ammonimento/avvertimento usato nei confronti soprattutto di minori, ma talora anche di adulti per tenerli avvisati a non comportarsi mai male con alcuno, ma in primis con il proprio compare/padrino di battesimo o cresima perché – nell’inteso popolare – il compare/padrino (sangiuanne) per solito è molto piú severo del Padreterno che, grandemente misericordioso, è aduso al perdono cosa estranea invece al compare/padrino (sangiuanne) con il quale bisogna sempre comportarsi bene. Come si evince da quanto détto, con il termine sangiuanne non si fa riferimento al san Giovanni apostolo, ma al san Giovanni Battista precursore del Cristo sia pure solo per mutuarne il nome proprio che agglutinato con l’apposizione “san” vien degradato semanticamente sino a farne un s.vo comune per indicare il compare/padrino di battesimo e/o cresima in memoria del fatto che san Giovanni Battista precursore del Cristo Lo battezzò sulle rive del Giordano.Il fatto poi che il compare/padrino (sangiuanne) venga inteso severissimo trova il suo fondamento nel reale comportamento di san Giovanni Battista precursore del Cristo che fu rigido, inclemente, duro, aspro, inflessibile, intransigente già con se stesso predicando la penitenza e vivendo in un deserto dove si cibava di locuste e miele selvatico. 14.Ô RICCO LLE MORE 'A MUGLIERA, Ô PEZZENTE LE MORE 'O CIUCCIO. Ad litteram: al ricco viene a mancare la moglie, al povero, l'asino... Id est:Il povero è sempre quello piú bersagliato dalla mala sorte: infatti al povero viene a mancare l'asino che era la fonte del suo sostentamento, mentre al ricco viene a mancare la moglie, colei che gli dilapidava il patrimonio; morta la moglie il ricco non à da temere rivolgimenti di fortuna, mentre il povero che à perso l'asino sarà sempre piú in miseria. 15. PAZZE E CCRIATURE, 'O SIGNORE LL'AJUTA. Ad litteram: pazzi e bimbi, Dio li aiuta. Id est: gli irresponsabili godono di una particolare protezione da parte del Cielo. Con questo proverbio, a Napoli, si soleva disinteressarsi di matti o altri irresponsabili, affidandoli al buonvolere di Dio e alla Sua divina provvidenza e protezione . 16.SI COMME TIENE 'A VOCCA, TENISSE 'O CULO, FACÍSSE CIENTO PIRETE E NUN TE N'ADDUNASSE. Ad litteram: se come tieni la bocca, avessi il sedere faresti cento peti e non te n'accorgeresti; il proverbio è usato per bollare l'eccessiva verbosità di taluni, specie di chi è logorroico e parla a vanvera, senza alcun costrutto, di chi - come si dice - apre la bocca per prendere aria, non per esprimere concetti sensati. *culo = culo, sedere; etimo:dal lat. culum che è dal greco koilos – kolon **pireto= peto, scorreggia; etimo: latino peditum ***addunasse= accorgeresti voce verbale (cong. imperfetto 2° p. sg.) di addunà/arse= accorgersi; etimo: franc. s’addonner (darsi, dedicarsi). 17.SI 'ARENA È RROSSA, NUN CE METTERE NASSE. Ad litteram: se la sabbia(il fondale del mare) è rossa, non mettervi le nasse(perché sarebbe inutile). Id est: Se il fondale marino è rosso - magari per la presenza di corallo, non provare a pescare, ché non prenderesti nulla. Per traslato il proverbio significa che se un uomo o una donna ànno inclinazioni cattive, è inutile tentare di crear con loro un qualsiasi rapporto: non si otterrebbero buoni risultati. 18. SI 'A TAVERNARA È BBELLA E BBONA, 'O CUNTO È SSEMPE CARO. Ad litteram: se l'ostessa è procace, il conto risulterà sempre salato. Lo si dice a mo' d'ammonimento a tutti coloro che si ostinano a frequentare donne lascive e procaci, che per il sol fatto di mostrar le loro grazie pretendono di esser remunerate in maniera eccessiva... 19. NUN TE DÀ MALINCUNÍA, NÈ PPE MALU TIEMPO, NÈ PPE MALA SIGNURÍA. Ad litteram: non preoccuparti nè per cattivo tempo, nè per pessimi governanti. Id est: sia il cattivo tempo, che i governanti cattivi prima o poi cambiano o spariscono per cui non te ne devi preoccupare eccessivamente fino a prenderne malinconia... 20.'AMMUINA È BBONA P''A GUERRA... Ad litteram: il caos, la baraonda è utile in caso di guerra; id est: per aver successo in caso di lotta occorre che ci sia del caos, della baraonda; mestando in esse cose si può giungere alla vittoria nella lotta intrapresa. ammuina = chiasso, confusione, fastidio; etimo: deverbale del verbo spagnalo amohinar(infastidire). 21.ASTÍPATE 'O PIEZZO JANCO PE QUANNO VENONO 'E JUORNE NIRE. Ad litteram: conserva il pezzo bianco per quando verranno le giornate nere. Id est: cerca di comportarti come una formica; ‘o piezzo janco è letteralmente il pezzo bianco e cioè la grossa moneta d’argento (scudo) anticamente detta appunta piezzo; non dilapidare tutto quel che ài: cerca di tener da parte sia pure un solo scudo d'argento (pezzo bianco) di cui potrai servirti quando verranno le giornate di miseria e bisogno. 22. MALE E BBENE A FFINE VÈNE. Ad litteram: il male o il bene ànno un loro termine. Id est: Non preoccuparti soverchiamente ma non vivere sugli allori perché sia il male sia il bene che ti incorrono,non sono eterni e come son cominciati, cosí finiranno. 23. CHI TÈNE O PPANE E VVINO, 'E SICURO È GIACUBBINO. Ad litteram: chi tiene pane e vino, di certo è giacobino. Durante il periodo (23/1-13/6 1799)della Repubblica Partenopea, il popolo napoletano considerava benestanti, i sostenitori del nuovo regime politico, sostenitori che erano stati rimunerati dai nuovi governanti. Attualmente il proverbio è inteso nel senso che sono ritenuti capaci di procacciarsi pane e vino, id est: prebende e sovvenzioni coloro che militano o fanno vista di militare sotto le medesime bandiere politiche degli amministratori comunali, regionali o provinciali che a questi nuovi giacobini son soliti procacciare piccoli o grossi favori, non supportati da alcuna seria e conclamata bravura, ma solo da una vera o pretesa militanza politica. 24. DICETTE 'O PAGLIETTA: A TTUORTO O A RRAGGIONE, 'A CCA À DDA ASCÍ 'A ZUPPA E 'O PESONE*. Ad litteram: disse l'avvocatucolo: si abbia torto o ragione, di qui devon scaturire il pasto e la pigione; id est: non importa se la causa sarà vinta o persa, è giusto assumerne il patrocinio che procurerà il danaro utile al sostentamento e al pagamento del fitto di casa. Oggi il proverbio è usato quando ci si imbarchi in un'operazione qualsiasi senza attendersene esiti positivi, purché sia ben remunerata. *pesone = pigione, fitto da pagare; etimo: latino acc. pensione(m)da pendere= pesare, pagare. 25. 'O DIAVULO, QUANNO È VVIECCHIO, SE FA MONACO CAPPUCCINO. Ad litteram: il diavolo diventato vecchio si fa monaco cappuccino. Id est: spesso chi à vissuto una vita dissoluta e peccaminosa, giunto alla vecchiaia, cerca di riconciliarsi con Dio nella speranza di salvarsi l'anima in extremis. 26. CHI TÈNE 'O LUPO PE CCUMPARE, È MMEGLIO CA PURTASSE 'O CANE SOTT'Ô MANTIELLO. Ad litteram: chi à un lupo per socio, è meglio che porti il cane sotto il mantello. Id est: chi à cattive frequentazioni è meglio che si premunisca fornendosi di adeguato aiuto per le necessità che gli si presenteranno proprio per le cattive frequentazioni. Da notare come in napoletano il congiuntivo esortativo non è reso con il presente, ma con l'imperfetto... 27. SI 'O CIUCCIO NUN VO' VEVERE, AJE VOGLIA D''O SISCÀ... Ad litteram: se l'asino non vuole bere, potrai fischiare quanto vuoi (non otterrai nulla)Id est: è inutile cercar di convincere il saccente e presuntuoso; tale ignobile testardo si redime ed accetta il nuovo solo con il proprio autoconvincimento... ; alibi si dice:’o purpo s’à dda cocere cu ll’acqua soja=il polpo deve cuocersi nella propria acqua… 28. MO M'HÊ ROTTE CINCHE CORDE 'NFACCI' Â CHITARRA E 'A SESTA POCO TENE. Ad litteram: ora mi ài rotto cinque corde della chitarra e la sesta è prossima a spezzarsi. Simpatica locuzione che a Napoli viene pronunciata verso chi à cosí tanto infastidito una persona da condurlo all'estremo limite della pazienza e dunque prossimo alla reazione conseguente, come chi vedesse manomessa la propria chitarra nell'integrità delle corde di cui cinque fossero state rotte e la sesta allentata al punto tale da non poter reggere piú l'accordatura. 29. Tené tiérmene e ccrianza Ad litteram: Avere parole (consone) e buona educazione. Id est: Nei rapporti interpersonali bisogna sempre usare un linguaggio improntato alla buona educazione, alla urbanità soprattutto quando colui/colei con cui ci si confronti sia persona meritevole, per il suo status,di rispetto, dideferenza, d’ossequio, di riguardo, di compitezza, di gentilezza. L’espressione viene spesso usata, coniugata all’imperativo, a mo’ di ammonimento rivolto dagli adulti ai minori per metterli sull’avviso di non usare nei confronti dei superiori un linguaggio men che corretto deferente, rispettoso, un linguaggio che sia privo di maleducazione, scortesia, inciviltà, villania pur se celate. Rammento che in origine l’espressione in esame, nel medesimo significato si usò nella morfologia: Tené tiérmene ‘e crianza (usare parole di educazione,di cortesia, di garbo); successivamente nel parlato popolare della città bassa la preposizione ‘E (di) fu confusa con la congiunzione E e l’espressione diventò quella riportata a margine con la necessaria geminazione della consonante iniziale di crianza e venne usata come Tené tiérmene e ccrianza mantenendo inalterato il senso dell’espressione. tiérmine s.vo m.le pl. di tiérmino = parola, espressione, vocabolo; voce dal lat. tĕrmine(m); crianza s.vo f.le creanza, buona educazione, urbanità,compitezza, gentilezza dallo sp. crianza, deriv. di criar 'allevare, educare', che è dal lat. creare 'creare'. E (pronunzia chiusa) = e congiunzione coordinante comporta il raddoppiamento della consonante iniziale successiva (es.lloro e nnuje – i’ e tte – venco e vvaco etc.) è dal lat. e(t). ‘E(pronunzia chiusa) forma aferizzata della preposizione de→’e = di 1 stabilisce una relazione di specificazione, in cui determina il concetto più ampio espresso dal nome da cui dipende, continuando la funzione che era stata del genitivo latino; 2 rientrano nell'ambito della specificazione talune relazioni particolari; di possesso o appartenenza: ‘e casa ‘e fràtemo; ‘e ffiglie ‘e sòreta (la casa di mio fratello;le figlie di tua sorella) 3 in funzione partitiva, indica un insieme di cui si considera o si sceglie solo una parte: tre ‘e ll’amice suĵe (tre dei suoi amici); 4 in dipendenza da nomi che indicano quantità, insieme, numero, oppure da aggettivi sostantivati o pronomi che indicano una quantità indefinita, introduce ciò a cui quella quantità o quell'insieme si riferisce: ‘nu chilo ‘e pane;’nu paro ‘e cape ‘e sacicce; ‘nu tummolo ‘e guaje (un chilo di pane;due rocchi di salsicce una dozzina di uova; un tomolo di guai) ; 5 davanti a un nome proprio (spec. di città, località, persona) in funzione denominativa, stabilisce una relazione di tipo appositivo: ‘a città ‘e Roma (la città di Roma); 6 limita l'ambito, l'aspetto per cui è valida una qualità, una condizione: sano ‘e cuorpo(sano di corpo); 7 introduce l'argomento di un discorso, di uno scritto, di un'opera: parlà ‘e pallone (discutere di calcio); 8 nelle comparazioni può introdurre il secondo termine di paragone: Mario è cchiú aveto ‘e Giuvanne (Mario è piú alto di Giovanni); 9 esprime una modalità: è bbuono ‘e core (è di buon cuore) 10 introduce una causa: scuppià ‘e caudo (scoppiare di caldo); 11 definisce un mezzo o strumento: spurcà ‘e gnostia(sporcare d'inchiostro); 12 stabilisce il fine o scopo:freno ‘e sicurezza; dama ‘e cumpagnia (freno di sicurezza; dama di compagnia); 13 introduce una relazione di moto da luogo (in senso proprio o fig.): ascí ‘e casa, ‘e mente (uscir di casa, di mente); | in correlazione con in: spustarse ‘e paese ‘mpaese; va ‘e male ‘mpeggio(spostarsi di paese in paese; va di male in peggio) | con sfumatura di allontanamento o separazione: fujrsene ‘e casa; ascirsene ‘e galera(scappar via di casa; uscire di prigione) 14 esprime origine, provenienza:essere ‘e Milano, n’avvocato ‘e Napule essere di Milano; un avvocato di Napoli | discendenza familiare, paternità:’na guagliona ‘e bbona famiglia (una ragazza di buona famiglia 15 introduce una specificazione di tempo determinato: ‘e matina; ‘e dummeneca;’e maggio;’e carnevale (di mattina; di domenica; di maggio; di carnevale) può anche indicare un tempo continuato:’nu viaggetto ‘e tre gghiuorne; ‘na lezziona ‘e doje ore (un viaggio di di tre giorni; una lezione di due ore) | in correlazione con in: ‘e juorne ‘nghiuorno; ‘e semmana ‘nsemmana(di giorno in giorno, di settimana in settimana); 16 in correlazione con in, oltre alle funzioni locativa e temporale, può esprimere una funzione distributiva: ‘e tre ‘ntre (di tre in tre); 17 à funzione rafforzativa in talune espressioni enfatiche: nn’à cumbinate ‘e guaje! (ne à combinati di guai!); 18 introduce prop. infinitive con funzione di oggetto o di soggetto:penza ‘e avé sempe raggiona (crede di aver sempre ragione); 19 concorre alla formazione di loc. prepositive: primma ‘e, fora ‘e, doppo ‘e (prima di, fuori di, dopo di). (voce dal lat. dí) Questo ‘E preposizione qui esaminato non va confuso con ‘E(pronunzia chiusa) = i, gli, le art. determ. m.le e f.le plurale. si premette ai vocaboli maschili o femminili plurali; deriva dal lat. (ill)ae(s), 'quelli 'di influsso osco; la caduta per aferesi della prima sillaba (ill) comporta la doverosa indicazione di un segno diacritico (‘);la particolarità di questo articolo è che quando sia posto innanzi ad un vocabolo femminile , ne comporta la geminazione della consonante iniziale (ad es.: ‘e pate voce maschile, ma ‘e mmamme voce femminile, ‘e figlie= i figli voce maschile, ma ‘e ffiglie= le figlie voce femminile etc.); la geminazione è ovviamente prevista quando la consonante iniziale del vocabolo femminile sia seguita da una vocale e non da un’altra consonante (ad es. ‘e ppatane= le patate, ma ‘e stanze= le stanze); 30. ESSERE ‘NA BBONA PELLA P’’O LIETTO Ad litteram: Essere una buona pelle (utile) a letto; id est: essere un’ottima meretrice. Antichissima espressione risalente all’antichità latina allorché con il termine scortum ci si riferiva sia alla pelle propriamente detta che alla meretrice semanticamente raccostati, come sineddoche, probabilmente perché la meretrice fa ampia esposizione della propria pelle. Brak

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