‘E MMAZZATE
Con il termine in epigrafe, in
napoletano, non si indicano solamente, come a prima vista potrebbe sembrare i
colpi inferti con la mazza, quanto piú estensivamente tutti i colpi, le
battiture,etc. resi in italiano col generico
termine di percosse
che è participio passato dal latino per-cotere=
scuotere intensamente e continuatamente; queste mazzate partenopee sono
però identificate volta a volta con parole ben precise, a seconda del tipo di
percosse o dei mezzi usati per conferirle, al segno che esistono in napoletano alla bisogna, numerosissimi
vocaboli (taluno si è preso la briga di contarli e pare ne abbia potuto
elencare addirittura sessanta!); qui di sèguito e senza alcuna pretesa di
essere esauriente , tenterò di
illustrarne qualcuno, tenendo da parte i piú desueti, per soffermarmi su quelli
ancora in uso; naturalmente mi interesserò di illustrare soprattutto i colpi inferti con le mani, accennando
appena a quelli inferti da sole o in concorrenza con altre parti del corpo:
gomiti, piedi o testa.
E cominciamo:
Alliccamusso = violento
schiaffo assestato con il palmo della mano e diretto alla bocca di chi lo
riceve costringendolo ad umettarsi
le labbra per lenire il bruciore provocato dal colpo; etimologicamente
dall’agglutinazione funzionale dell’ infinito alliccà[= leccare da un lat.
allecticare, frequentativo di allicĕre] con musso [=labbra dal lat.tardo
musu-m];
Buffo/ Buffettone= schiaffo
assestato sul viso con mano aperta e distesa; etimologicamente dal suono
onomatopeico buff prodotto appunto
dal colpo assestato sul viso; il buffettone che è il potente schiaffo
o ceffone, accrescitivo attraverso i suff.ett ed one del precedente buffo,
etimologicamente, pur partendo dalla medesima radice onomatopeica buff,
deriva dallo spagnolo bofetòn di
medesimo significato;
Cagliosa= colpo duro e violento
diretto verso qualsivoglia parte del corpo ed assestato indifferentemente con le mani o con i piedi, colpo cosí
violento da indurre chi lo riceve a zittire subito; nel gergo calcistico
violenta pedeta che imprime alla sfera di cuoio forza e velocità tali da
restare senza parole; etimologicamente dallo spagnolo callar = zittire.
Carocchia s.vo
f.le= nocchino, piccolo colpo secco, ma doloroso assestato al capo e
portato con movimento veloce dall’alto verso il basso con le nocche maggiori
delle dita della mano serrata a pugno. Etimologicamente non dal lat. crotalum che indica la nacchera,
strumento musicale e non tipo di
percossa…,ma dal greco karà=testa
attraverso un lat. regionale *caròclu(m)
ed il plurale reso femm. caròcla
(tipica la mutazione di cl in
ch
come in clausu(m) che diventa chiuso).
Cauciata s.vo f.le = non si tratta (come pure il
vocabolo potrebbe far pensare) di una lunga e variata serie di calci, ma di una
totalizzante bastonatura cui concorrono mani, piedi (prevalentemente) e tutte
le altre parti del corpo atte a colpire; il termine però è chiaramente forgiato
sulla parola caucio s.vo m.le
(calcio) che è dal basso latino calcius forma
aggettivale sostantivata di calx - calcis
Cepolla = s.vo f.le
1 pianta erbacea coltivata per il bulbo commestibile, composto di varie tuniche carnose (fam. Liliacee) | il bulbo stesso e, per estens., il bulbo di altre piante: cipolla bianca, rossa; frittata con le cipolle; togliere il velo alle cipolle, la prima squama sottilissima che ricopre il bulbo; la cipolla del giglio, del tulipano ' mangiare pane e cipolla, (fig.) pochissimo e male; essere molto povero. DIM. cipolletta, cipollina ACCR. cipollona, cipollone (m.) PEGG. cipollaccia
2 (estens.) qualsiasi oggetto o sua parte a forma di cipolla: la cipolla del lume a petrolio, la parte inferiore, sferica, che contiene il liquido; la cipolla dell'annaffiatoio, la parte terminale del collo, rotondeggiante e a buchi, da cui esce l'acqua;
1 pianta erbacea coltivata per il bulbo commestibile, composto di varie tuniche carnose (fam. Liliacee) | il bulbo stesso e, per estens., il bulbo di altre piante: cipolla bianca, rossa; frittata con le cipolle; togliere il velo alle cipolle, la prima squama sottilissima che ricopre il bulbo; la cipolla del giglio, del tulipano ' mangiare pane e cipolla, (fig.) pochissimo e male; essere molto povero. DIM. cipolletta, cipollina ACCR. cipollona, cipollone (m.) PEGG. cipollaccia
2 (estens.) qualsiasi oggetto o sua parte a forma di cipolla: la cipolla del lume a petrolio, la parte inferiore, sferica, che contiene il liquido; la cipolla dell'annaffiatoio, la parte terminale del collo, rotondeggiante e a buchi, da cui esce l'acqua;
3 (scherz.) orologio da tasca di foggia antiquata
4 (scherz.come nel caso che ci occupa) colpo radente assestato con la mano aperta e diretto alla testa
la
testa è etimologicamente richiamata nella caepa d’avvio;infatti in latino caepulla da cui la nostra cepolla ma pure
l’italiana cipolla, è il diminutivo di caepa=
testa. Con la voce a margine alibi in senso furbesco si intende anche 5(scherz.) il glande di un membro in istato erettivo. 6(scherz.) fragoroso
e pericoloso fuoco artificiale di forma simile all’ortaggio.
Chianetta = veloce colpo assestato sul
centro del cranio a mano aperta; è voce derivante dal latino: plane (in piano,parallelo al terreno) addizionato del suff. diminutivo etta; con il medesimo termine chianetta
si indica in napoletano un piccolo cappelluccio appena sufficiente a
coprire il cranio nella medesima zona dove viene assestata la chianetta;
talvolta il medesimo veloce colpo è détto pure carcacoppola id est:
pigia-coppola dove la coppola è il classico berretto basso con visiera dalla
forma concava, etimologicamente forgiato sul latino cuppa(m);normale nel napoletano il passagio di pl a chi (cfr.
plaga→chiaia,plica→chieja,plus→cchiú,plumbeum→chiummo etc.).
Cinchefranco
ed al pl. cinchefranche = violento
colpo dato sulla guancia a mano aperta e con le dita ben distese tale da
lasciarne quasi impresse le forme. Voce
etimologicamente
forgiata dall’agglutinazione del numerale cinche [dalla dissimilazione del latino volg. *cinque (per il class. quinque)]
riferito alle dita della mano con una
voce verbale ricavata dall’infinito del
lat. mediev. affrancare→[af]francare= stampigliare, lasciare l’imporonta.
Cutogna = generico
violento e doloroso colpo inferto con le mani e diretto a qualsivoglia parte
del corpo, colpo cosí violento da poter provocare sul corpo enfiagioni
paragonabili per la forma e gli
effetti ai grossi ed aspri frutti del melo cotogno (dal lat. cotonium). Rammento qui, per
sottolineare l’asprezza e la violenza della percossa detta cutogna, un’espressione idiomatica che un tempo si poteva spesso udire a mo’ di consiglio:
Quanno siente ‘o fieto d’’e cutogne, a fují nun è vriogna! che si può rendere: Quando avverti avvisaglie di dure percosse, non è vergognoso scappare!;
Cunessa= breve, ma intenso colpo inferto a mo’ di taglio con la mano
tesa ed aperta , e diretto con
precisione alla nuca, tra testa e collo; non univoca l’etimologia che qualcuno
vorrebbe agganciare al greco kopto (batto),
ma altri forse piú opportunamente al latino cuneus
(cuneo) e dico piú opportunamente stante la genericità del battere greco,
mentre il cuneo latino mi pare riproduca piú esattamente la precisione della cunessa
che a mo’ di cuneo si insinua tra capo e collo.
Crisceto = bastonatura totalizzante diretta ovunque ed operata con varie parti del corpo: mani, piedi, gomiti,
testa, bastonatura cosí violenta da procurare enfiagioni sul corpo di chi ne è
fatto segno, cosí come il panetto di
pasta acida detto crisceto,che immesso nell’impasto di acqua e farina ne
determina la crescita.
Non ò preso in considerazione il
termine cazzotto che è il colpo violento dato col pugno chiuso, forgiato
probabilmente sul termine cazzo colto
nel momento dell’erezione, se non su di
una forma latina capitium variante di
caput nella pretesa che il cazzotto
sia colpo da assestare al capo quasi sinonimo di scapaccione, ma è
idea che poco mi convince; dicevo che non ò preso in
considerazione il termine cazzotto in quanto parola che sebbene usata non è napoletana,ma (pur se ritenuta parola volgare) della lingua nazionale; passo dunque ad
illustrare altri tipi di percosse e termini ancora in uso;
Mascone= violento schiaffo diretto con mano
concava, al volto e segnatamente alla zona mascellare, tale da procurare
l’enfiagione della masca
(mascella); la masca da cui mascone riproduce la voce
mediterranea maska dai molteplici
significati, tra cui: lato della nave, maschera, mascella ed addirittura
bozzolo doppio che – a ben pensare – riproduce la forma delle gote enfiate;
quando il violento schiaffo non sia solo, ma reiterato e quasi ritmato si ànno
i c.d. mascune a ttarantella;
Ntronamole =violentissimo
colpo assestato con la parte
interna del pugno serrato,diretto al volto sulla zona mascellare, tale da
iperbolicamente procurare un
rintronamento dei molari e renderli incapaci di attendere al loro consueto
compito della masticazione; la voce a margine è
formata dall’agglutinazione funzionale
di ntrona con mola: ntrona voce
verbale (3ª pers. sg. ind. pr. dell’infinito ntrunà, denominale della voce truono con prostesti di una N eufonica )
mola s.vo f.le = molare ovvero ciascuno dei denti che, nell'uomo e in altri
mammiferi, ànno la funzione di masticare il cibo; nell'uomo, gli ultimi tre
denti situati in ognuno dei due lati dell'arcata superiore e inferiore; voce
dal lat. mola(m), dalla stessa radice di
molere 'macinare'; la mola di per sé
indica la macina del mulino, ma è voce
passata ad indicare nel
napoletano il dente che fa analoga funzione di macina del cibo.
Analogo
al precedente mascone è lo
Sciacquamola = violentissimo
ceffone assestato con mano concava, al volto e segnatamente alla zona
mascellare, tale da iperbolicamente procurare la caduta di qualche molare
costringendo il malcapitato che abbia perduto uno o piú molari a far ricorso a
degli sciacqui con liquidi freddi per tamponare verosimilmente una contenuta
epistassi provocata dalla caduta del/dei dente/i; la voce a margine è formata
dall’agglutinazione di sciacqua con mola: sciacqua voce verbale
(3ª pers. sg. ind. pr. dell’infinito sciacquà dal lat. tardo exaquare, deriv. di aqua
'acqua') mola s.vo
f.le = molare ovvero ciascuno
dei denti che, nell'uomo e in altri mammiferi, ànno la funzione di masticare il
cibo; nell'uomo, gli ultimi tre denti situati in ognuno dei due lati
dell'arcata superiore e inferiore; voce dal lat. mola(m), dalla stessa radice di molere
'macinare'; la mola di per sé indica la
macina del mulino, ma è voce
passata ad indicare nel
napoletano il dente che fa analoga funzione di macina del cibo.
‘Ntosa = duro colpo assestato nella parte frontale della testa con la mano chiusa a pugno; etimologicamente
dal latino intusus p.pass. del verbo intundere (colpire);
Pàccaro o Pàcchero =schiaffo inferto un tempo a mano concava,indirizzato
alle natiche, ma oggi dato a mano aperta e tesa indirizzato al volto,
colpo che quando sia cosí violento da lasciare il segno è detto paccaro a ‘ntorzafaccia; percossa
violenta in tutto simile al mascone esaminato
dianzi; da non confondere con la pacca
della lingua toscana che è un colpo amichevole assestato solitamente sulle
spalle, colpo che – contrariamente al pàccaro
– non connota intenzioni proditorie e/o aggressive; va da sé che il pàccaro napoletano non possa
etimologicamente derivare dalla suddetta
pacca toscana attesa la gran diversità delle funzioni e scopi dei due
colpi; infatti mentre la pacca toscana à una derivazione
probabilmente onomatopeica, il pàccaro napoletano è da collegarsi(cfr.D.E.I.,D’Ascoli,
Iandolo) al termine pacca (natica) addizionato del suffisso di
pertinenza arius→aro: la pacca di riferimento non è
ovviamente quella onomatopeica toscana, bensí quella che viene da un basso
latino pacca(m) forgiato su di un
longobardo pakka che indica appunto
la natica, ma pure la quarta parte ricavata in senso longitudinale di una mela
o pera; con ogni probabilità, originariamente il pàccaro/pàcchero fu la
sberla con cui si colpivano le natiche, una sorta di sculacciata cioè e da ciò
ne derivò il nome che fu mantenuto, accanto ad altri, quando il colpo, lo schiaffo
mutò destinazione; una gran copia di pàccari
assestati in veloce combinazione prende il nome di paccariàta che oltre a sostanziare
un’offesa è da intendersi anche quale forma di dileggio; rammento che qualora
questo schiaffo non sia inferto con il palmo della mano in posizione concava, ma con il dorso
della medesima o facendo ruotare completamente il braccio, avremo il paccaro
â smerza o paccaro a votavraccio dove
sia â smerza che a votavraccio sono ambedue due locuzioni avverbiali modali da intendersi
ambedue: alla rovescia, all’incontrario;
â smerza è
marcato sul verbo smerzà =
rovesciare, girare al contrario [da un lat. volg. *sversare→*sverzare→smerzà(cfr.
‘mmece←invice-m, ‘mmità←invitare etc.)] a
votavraccio è formata dall’agglutinazione funzionale della voce verbale
vota (3ª p. sg. ind. pr. dell’inf. vutà [da un lat. volg. *volvitare→vo(lvi)tare→votare→vutà])
addizionato del s.vo m.le vraccio
[dal lat. brachiu-m]. A margine di tutto rammento, solo per amore di completezza, che di
paccaro/pacchero esiste una moderna soluzione etimologica propugnata da Alfredo
Imperatore il quale sull scorta del fatto che il paccaro /pacchero è colpo assestato
con tutta la mano aperta,ipotizza una
derivazione greca pan(tutto)+cheiro(mano)dondepancheiro→paccheiro→pacchero/paccaro
Palïata ed il suo accrescitivo Palïatone sono la bastonatura o la pesante bastonatura
generica, che posson comportare l’uso di un po’ tutti i colpi fin qui
illustrati; i termini palïata e
palïatone derivano il loro
nome dal fatto che originariamente designarono la bastonatura inferta con il
palo e probabilmente ci si sarebbero
attesi i termini palata (colpo di
palo/a) e palatone( gran colpo di palo/a), ma poiché in napoletano già
esistevano le voci palata e palatone con tutt’altro significato
(vedi oltre) ecco che per distinguere le voci, le nuove subirono una sorta di anaptissi della vocale i(che servisse a far chiarezza e distinguere) e probabilmente
per evitare di dover ricorrere anche alla epentesi di una consonante eufonica
(n, v?) si preferí fornire di dieresi la i evitando cosí il fastidioso dittongo
ia e si ottennero palïata e palïatone per indicare le percosse, mantenendo palata e palatone per
indicare due diverse pezzature di pane; etimologicamente palïata e palïatone sono
deverbali dell’iberico palehar= bastonare ;va da sé che la voce palïata non va confusa, come ò detto
(e come purtroppo inopinatamente fanno un
po’ tutti i vocabolaristi) con palàta che
è un’altra cosa e cioè un filone di pane da un kg. e qui ne parlo facendo una
breve digressione; il pane: insostituibile alimento
che è una delle figure piú comuni e piú
ricorrenti nei sogni del popolino partenopeo e cioè quell’imprescindibile,sacro
alimento (trasformato da Cristo nel
Suo Corpo!) dell’uomo; tale
alimento ricorre nei sogni nelle piú varie forme o pezzature, corrispondenti a
quelle normalmente in uso a Napoli e si avrà perciò ‘o paniello o ‘a panella (etimologicamente dal
latino panis + i suffissi di genere iello o ella ): ampia pagnotta rotondeggiante di ca 1 kg.; avremo altresí ‘o palatone (grosso filone
di ca 2 kg., bastevole al fabbisogno giornaliero di una famiglia numerosa, il suo nome gli deriva dal fatto
che al momento di infornarlo, detto filone occupa per intero la lunga pala usata alla bisogna; la palata è
invece il filone il cui peso non eccede
1 kg. ed occupa la metà della pala per infornare; un quarto o meno della pala
occupano le c.d. palatelle (piccoli filoncini da 500 o 250 gr.); tornando
all’àmbito propriamente linguistico rammenterò che ‘o ppane (etimologicamente
dal latino pane(m) ) è un alimento e come tale di genere neutro, ciò che
comporta una grafia con la geminazione della consonante d’avvio: ‘o ppane e non ‘o pane.
Panesiglio = è l’intenso ceffone, la pesante percossa, il duro manrovescio diretto
al volto, che produce, d’un súbito, il
rigonfiarsi (a mo’ di pagnottella) della gota su cui si abbatte;
etimologicamente, messa da parte la tentazione greca cui potrebbe indurre il pan d’avvio, dirò che il termine è
l’esatta riproduzione dello spagnolo panecillo
[lèggi: panesiglio(panino)],ma non gli è
estraneo un basso latino: panesculus id est: parvus
panis(pagnottina) su cui pare venne forgiato il termine
ispano;
Papagno = pesante schiaffo inferto a mano aperta ed indirizzato al volto, tale da
stordire chi lo riceve, cosí come stordisce l’oppio contenuto nel papavero che
in napoletano è appunto ‘o papagno
(dal lat. papaver si va ad un derivato
papaveaneus da cui papa(va)nju con successiva
sincope di (va) e passaggio di nj a gn (cfr. il basso lat. companjo = nap. Cumpagno);
Perepessa = colpo quasi simile alla
precedente cunessa,da cui si
differenzia perché la cunessa è un colpo
inferto a mo’ di taglio con la mano tesa
ed aperta , e diretto con precisione alla nuca, tra testa e collo,
mentre questo a margine colpo inferto, muovendo rapidamente l’arto dall’alto in basso con la mano tesa ed aperta , e diretto con precisione alla
sommità e centro della testa; dubbia la
derivazione: o dal sost. latino: perpessio
= sofferenza o dal part. pass.f.le perpressa→perep(r)essa= stretta, calcata dell’infinito
perprimere= stringere o calcare con
violenza oppure, ma meno probabilmente dal greco peripeteia = accidenti inopinato;ricordo
a margine l’esistenza nel napoletano di una sorta di maschile della voce a
margine e cioè piripisso (che
è dal p.p.m.le latino) perpressus=
calcato, con chiusura in i
della e intesa lunga,
assimilazione regressiva alla ricavata i
della seconda e ed anaptissi eufonica della seconda i; la voce piripisso però non indica
una percossa, ma un piccolo cappelluccio di panno di colore blu o nero , in uso
per solito tra gli uomini, cappelluccio di forma circolare simile ad un baschetto
che si porta calcato al centro della sommità della testa; al centro di tale
cappelluccio esiste una piccola appendice cilindrica che per metonimia prende
pur’essa il nome di piripisso.
Perucculata = originariamente colpo inferto al capo o al corpo con la peroccola (bastone)
ed estensivamente colpi portati con gli arti superiori induriti e tesi a mo’ di
bastone; peroccola etimologicamente
o dal basso lat.: parocca e il suo diminutivo paroccola propriamente: stanga
o sempre da un basso latino: pedruncola che è ramo; propendo per paroccola;
Scerevecchia ed il suo accrescitivo Scerevecchione che son propriamente lo
scapaccione o scapezzone (forma antica del precedente), colpo tale da far
temere, per eccesso, di far saltare il capo che lo subisce; l’etimo è
pacificamente latino forgiato sul verbo ex-cervicare
che propriamente è capitozzare;
Sciacquamola (di cui ò già détto e reitero qui per aggiungere qulcosa in margine) violentissimo ceffone a mano aperta diretto al volto tra mento e guancia,
schiaffo tanto forte da poter (per iperbole) determinare la caduta di alcuni
molari cosa che genererebbe la necessità
di sciacquare la bocca con acqua o altri liquidi freddi per arrestare un probabile versamento di sangue conseguenza della caduta
dei molari saltati via per il ceffone; etimologicamente la voce a margine è il
risultato dell’unione della voce verbale sciacqua
(3° persona sg. ind. pres. dell’infinito sciacquare/à=sciacquare (la bocca), fare
sciacqui con acqua o con una soluzione medicamentosa; per estens., bere una piccola quantità di
qualcosa;il verbo sciacquare è dal
lat. tardo exaquare, deriv. di aqua 'acqua')+ il s.vo f.le mola s.vo f.le = molare ovvero ciascuno
dei denti che, nell'uomo e in altri mammiferi, ànno la funzione di masticare il
cibo; nell'uomo, gli ultimi tre denti situati in ognuno dei due lati dell'arcata
superiore e inferiore; voce dal lat. mola(m), dalla stessa radice di molere
'macinare'; la mola di per sé indica la
macina del mulino, ma è voce
passata ad indicare nel
napoletano il dente che fa analoga funzione di macina del cibo. A margine della voce sciacquamola
rammenterò che nella parlata napoletana
l’espressione sciacquarse ‘na mola
vale anche : andare incontro ad ingenti ed impreviste spese quali che siano e nella fattispecie
potrebbero essere quelle necessarie per servirsi dell’opera d’un medico
dentista che ponga riparo ai deleterei effetti causati da qualche violento sciacquamola.
Scoppola ed il suo accrescitivo Scuppulone che propriamente sono i colpi piú
o meno pesanti inferti in modo da far
saltar via il cappello (la coppola vd.
sopra);
Scusuta = letteralmente scucitura che vale generica e totale bastonatura tanto
grave da determinare, in chi ne è fatto segno, ampie ferite (eufemisticamente
détte scuciture); etimologicamente scusuta come l’italiano scucita è p.p. del basso latino ex-cosire per il classico ex-consuere;
secuzzone s.vo m.le sergozzone, colpo forte dato col
pugno chiuso sotto il mento, pugno
diretto alla gola dal di sotto in su,montante; etimologicamente appare
essere una voce ottenuta per adattamento
locale attraverso un suffisso accrescitivo one della voce gozzo che è dall'ant.
gorgozzo o gorgozza,a sua volta dal lat. volg. *gurgutiam,
per il class. gurges -gitis 'gola’; da gozzo→guzzone/cuzzone donde con protesi di un se(r) per supra si giunge
a secuzzone.
Sicutennosse s.vo f.le; per il vero questa parola è abbondantemente desueta ed, a
stretto rigore, dovrei disinteressarmene, ma è parola cosí interessante e
presente sebbene con piccole varianti, ma analogo significato, nelle lingue regionali calabre: zicutnose, zichitinos che mi pare
opportuno di parlarne brevemente; il sicutennosse
è il colpo assestato con una verga sulla testa o sulle spalle; etimologicamente
la parola è una chiara, scherzosa deformazione del latino: sicut nos (come noi) che si incontra
nella parte finale della preghiera pater noster ;
un tempo
nelle cattedrali o nelle basiliche cattoliche esistevano i cosiddetti penitenzieri maggiori, sorta di prelati
abilitati,nell’amministrare il sacramento della confessione,ad assolvere anche
i piú gravi peccati, tali penitenzieri
maggiori inalberavano sul lato
destro del loro confessionale, dove sedevano ad ascoltare le confessioni dei
penitenti, una lunga canna con la quale solevano colpire sulla testa o le
spalle i penitenti a mo’ di suggello dell’avvenuta assoluzione.Poiché il piú
delle volte i penitenzieri maggiori nel congedare i penitenti, facevan recitar
loro il pater noster assestavano il
previsto colpo di canna sul finire della recita della preghiera, proprio in
coincidenza delle parole sicut nos e
da ciò il colpo ne trasse il nome di sicutennosse.
Struncone = altra parola desueta, ma ne parlo in quanto una delle poche che si
riferisce ed identifichi un colpo inferto
con gli arti inferiori e diretto ad essi, sorta di violento calcio portato in
senso circolare antiorario e diretto alle gambe di un malcapitato; il termine
(da non confondere con l’omofono ed omografo struncone che indica la
grossa sega, azionata da due persone contemporaneamente ed atta a recidere robusti tronchi) è un deverbale di struncare,
dal latino: truncare con consueta protesi di una S intensiva, che è mozzare,
recidere, mutilare di una parte quasi che il violento calcio, portato come détto, mirasse a mutilare il
ricevente dell’arto colpito ;
Varrata = pesante colpo portato al corpo, con due mani che stringono la varra (grosso bastone, randello); la
varra, da cui varrata etimologicamente è, con
tipica alternanza B/V dal basso latino barra che a sua volta è dal
celtico bar = ramo;
e chiudo
con Vertulina = generica e totalizzante bastonatura fatta a mani nude o
con l’ausilio di agevole corpo contundente: bastone, pertica o simili, percosse
reiterate e rapide; difficile stabilirne l’etimo; forse estensivamente da bertula (macchina usata per configgere in terra i pali
nelle vigne), ma non si può escludere una derivazione da vertula (da un basso latino: averta) sorta di bisaccia o zaino in
uso tra i pastori che la usavano, ruotandola vorticosamente, quale arma di
difesa delle pecore assalite da animali predatori; l’ipotesi che però piú mi
convince è che vertulina derivi
dallo spagnolo verduco (bastone
animato) attraverso una *verducolina che conduce a giungere a vertulina; ma siamo nel campo delle
ipotesi!
Satis
est.
Raffaele
Bracale
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