MARAMMÉ, MARUMMÉ, SI’ MARUMMÉ e SIÉ MARAMMÉ
Anche questa volta è stato il caro amico A. M. (i consueti problemi di
riservatezza mi costringono ad indicare solo le iniziali di nome e cognome)
a chiedermi via e-mail di chiarirgli significato e portata delle voci/espressioni
partenopee in epigrafe. L’ò
accontentato rapidamente nel modo che segue:
Maramé o piú esattamente marammé è voce/locutiva
femminile che al maschile è marummé
che son collaterali del f.le nira me/niscia me e del
m.le niru me/nisciu me e valgono tutti
povera/o me, me misera/o, me
tapina/a; etimologicamente marammé e marumme
è l’agglutinazione di (a)mara/u + me con raddoppiamento espressivo della
bilabiale (M); si’ marummé e sié marammé (rispettivamente signor povero me e signora
povera me) sono voci locutive usate a dileggio di chi,uomo o donna,
volendosi far commiserare quale derelitta/o, si lamenti sempre – anche a
sproposito ed ingiustificatamente – della propria condizione. A margine ti
rammento che si’ è l’apocope di si(gnore)→si’ e pertanto esige il segno
diacritico dell’apostrofo finale; viene
usato per solito davanti ad un sostantivo comune o davanti a nome proprio di
persona (ad es.: ‘o si’ prevete= il signor prete, ‘o si’ Giuanne = il signor
Giovanni.) L’etimo del lemma signore da cui l’apocope a margine si’
è dal francese seigneur forgiato sul latino seniore(m) comparativo
di senex=vecchio,anziano.
Ricordo che
càpita spesso che sulla
bocca del popolino, meno conscio o attento
del/al proprio idioma, (la qual cosa non fa meraviglia)ma –
inopinatamente – pure sulle labbra e sulla punta della penna di taluni pur grandi e grandissimi autori partenopei
accreditati d’essere esperti e/o studiosi della parlata napoletana la voce a margine è resa con la trasformazione del corretto si’
(che è di per sé – come ò sottolineato - è l’apocope di si(gnore)
) con uno scorretto zi’ (zio) apocope appunto di zio che è dal lat. thiu(m)
sié è
usato per indicare la voce signora; per il vero non si tratta dell’apocope di si(gnora) che se cosí fósse non sarebbe sié ma ancora si’ ed
esigerebbe il segno diacritico dell’apostrofo, ma, derivando – come qui di
sèguito vediamo - da altro gli si preferisce l’accento per evitare che
si possa leggere síe piuttosto che correttamente sié. Questa voce etimologicamente deriva da una voce francese
femminilizzata e metatetica di seigneur→seigneuse→ sie-(gneuse).
Purtroppo anche per il caso di questo sié càpita spesso che sulla
bocca del popolino, meno conscio o attento
della/alla propria lingua, (la qual cosa non fa meraviglia)ma –
inopinatamente – pure sulle labbra e sulla punta della penna di taluni pur grandi e grandissimi autori partenopei
accreditati d’essere esperti e/o studiosi della parlata napoletana la voce a margine è resa con la trasformazione del corretto sié= signora con uno scorretto
zi’=
zia;
mi è infatto occorso di lèggerlo recentemente
in una pubblicazione sui proverbi napoletani (di cui per carità di patria taccio il nome
del compilatore)! E qui penso di poter far punto convinto d’avere
esaurito l’argomento, soddisfatto l’amico A.M. ed interessato qualcun altro dei
miei ventiquattro lettori e piú genericamente
chi dovesse imbattersi in queste
due paginette.Satis est.
Raffaele Bracale
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