MARCOFFO ‘INT’Â
LUNA
Questa volta è stato il caro amico P. G. (i consueti problemi di
riservatezza mi costringono ad indicare solo le iniziali di nome e cognome)
a chiedermi via e-mail di chiarirgli significato e portata dell’ espressione
partenopea in epigrafe. Tento di
soddisfare la sua richiesta premettendo che trattasi di espressione
antichissima [risalente addirittura ai primi del 1500], ma non per questo
desueta che vale aggetivalmente sciocco,imbecille È infatti ancóra
in uso quale locuzione sarcastica riferita a chi balordo, tardo di
mente,sciocco,stolido,intontito,quando non
stordito, inebetito mostri
un’aria melensa tarda, lenta, ottusa, sciocca, stupíta,
inetta tal quale chi si perda ad osservare, (facendosene irretire, lusingare,
blandire, adescare e rapire) le macchie
lunari è piú segnatamente quelle cui il popolino attribuisce le
fattezze di un non meglio identificato Marcolfo corrotto nell’uso popolare il
Marcoffo con tipica assimilazione regressiva lf→ff . Interessante è
ricordare che il nome di Marcolfo fu mutuato non da quello della genitrice di Bertoldino e
moglie di Bertoldo, Marcolfa come nell’opera
omonima di Giulio Cesare Croce (San Giovanni in Persiceto, 1550 – †Bologna,
1609), ma da quello che fu del
protagonista de il Dialogus Salomonis
et Marcolphi, una novella medievale derivata dal ciclo salomonico contenente un dialogo satirico tipicamente
medievale, del genere che solitamente appartiene alla tradizione dei clerici vagantes; piú
precisamente si tratta di una novella [peraltro già citata tra i testi
proibiti nel Decretum Gelasianum del VI secolo,
dove appare come Scriptura quae appellatur Salomonis Interdictio ] nella quale un brutto ed astuto contadino di nome Marcolfo
incontra il re Salomone e dopo averne dileggiato la genealogia sacra (Ego
sum de duodecim generacionibus prophetarum...), contrapponendovi la propria
(Et ego sum de duodecim generacionibus rusticorum...) e quella della
moglie Politana (Uxor vero mea de duodecim generacionibus lupitanarum...),
inizia con lui una disputa durante la quale alla saggezza biblica di Salomone
contrappone la sua arguzia contadina fatta di parodie, saggezza popolare e
giochi di parole volgari. Atteso che il contadino Marcolfo era inteso brutto e
deforme, nulla osta che le sue fattezze fossero ravvisate in alcune macchie
lunari, capaci di attrarre con la loro stranezza l’attenzione degli sciocchi. E qui penso di poter far punto convinto
d’avere esaurito l’argomento, soddisfatto l’amico P.G. ed interessato qualcun
altro dei miei ventiquattro lettori e piú genericamente chi dovesse imbattersi in queste
paginette.Satis est.
Raffaele Bracale
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