lunedì 30 marzo 2020

PAVà ‘A CAMPAGNA



PAVà ‘A CAMPAGNA
 Con questo articolo, questa  volta  rispondo al  caro amico R. C. (i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad indicare solo le iniziali di nome e cognome) che mi à   chiesto, via e-mail, di chiarirgli  significato e portata della espressione partenopea   in epigrafe.
Gli rispondo súbito e spero di essere esauriente!
La parola  campagna nell'uso di cui all’espressione in epigrafe vale: soprassoldo,mancia competente e sta per  compenso ad libitum o in base ad un pattuito  dato al custode che apra il portone del casamento  a notte inoltrata permettendo cosí l’accesso ai nottambuli casigliani.
Tale comportamento  si riallaccia all'abitudine entrata in uso nel tardo ottocento allorché le famiglie borghesi napoletane piú o meno facoltose concedevano, per graziosità, alla loro servitú che restava di guardia all'abitazione, un soprassoldo quando la famiglia si recava in "campagna" a trascorrere i mesi estivi. Successivamente (primi novecento) la faccenda divenne norma comportamentale di ogni proprietario e/o inquilino, affittuario  che rientrando in un palazzo a notte fonda e trovando il pesate  portone di quercia  sbarrato, non esistendo portoncini da aprire con chiavini yale [di là da venire]erano costretti a bussare al portone azionando i pesanti e rumorosi mazzapicchi/batocchi dell’uscio per modo che il portiere/custode, destato dal fracasso aprisse il pesante portone e consentisse l’accesso al palazzo, ricevendo – in cambio – una ricompensa ad libitum o una statuita "campagna".
Qui il verbo pavà  vale  pagare [che dal lat. pacare 'pacificare'e cioè porre in pace cioè mettere in   parità prestazione e controprestazione] cioè
corrispondere una somma di denaro per beni acquistati, servizi ricevuti, obbligazioni contratte e sim.: alibi, es.: pavà ‘e peracotte  può anche valere  in senso estensivo e figurato  temere, scontare, espiare. Da notare che  la consonante etimologica c, occlusiva velare sorda,come la corrispondente occlusiva velare sonora g,  nel napoletano divengono spesso  (sia pure non sempre)  v (come in fravula che è da fragula(m) con consueta alternanza partenopea   della  c o della  g con la v  o altrove al contrario della v con la  g come ad es in guappo  che è dal latino vappa; cfr.anche  volpe/golpe, vunnella/gunnella,vulio/gulio, vongola←concula etc. ;) quella v  che è invece la consonante fricativa labiodentale sonora  che nel napoletano di solito si alterna con la b consonante occlusiva bilabiale sonora).
campagna s.vo f.le  [lat. tardo campanea, campania, propr. agg. neutro pl., der. di campus «campo»]. 

1.
a. Estesa superficie di un terreno aperto, fuori del centro urbano; il termine è correntemente riferito a territorî di pianura o di bassa collina, corrispondenti in genere all’antico contado, occupati da colture o anche da pascoli o boscaglia, con case sparse: campagna coltivata, incolta, verde, brulla; la campagna napoletana; la città e la campagna; aria di campagna; essere in aperta campagna; fare una passeggiata in campagna; abitare in campagna; gente di campagna (contrapp. agli abitanti dei centri urbani); andare, recarsi, essere in campagna, anche, in particolare, come luogo di villeggiatura. Locuzioni: darsi, buttarsi alla campagna, darsi alla latitanza o al brigantaggio; battere la campagna, fare delle scorrerie (in questo sign. anche scorrere la campagna), oppure perlustrare una zona, andare in ricognizione; in senso fig., divagare, uscire dall’argomento.

b. Terra coltivata: quest’anno la campagna promette bene; i frutti della campagna; anche proprietà terriera: avere molta campagna; la campagna  rende poco.
c. per estensione come nel caso che ci occupa soprassoldo,mancia competente  per  compensare ad libitum o in base ad un pattuito il custode che apra il portone a notte inoltrata.

2.

a. Luogo aperto, che si presta al rapido movimento di truppe e di mezzi guerreschi: Re Carlo era attendato alla campagna (Ariosto); artiglieria da campagna. Di qui l’uso della parola come sinon. di guerra (fare una campagna; entrare in campagna, incominciare la guerra; finire la campagna, eccampagna), o per indicare il periodo di tempo in cui è possibile compiere operazioni militari attive. Oggi il termine indica un ciclo di operazioni che dal punto di vista strategico si presenta con una certa compiutezza d’insieme, indipendentemente dalla sua durata: la campagna di Russia, di Napoleone; le campagna d’Africa; fig., scherz., à fatto le sue campagna, di chi (uomo o donna) à condotto una vita libera ed à avuto parecchie avventure amorose.

b. estens. Lunga navigazione compiuta per ragioni di studio (spedizioni oceanografiche, idrografiche, eccampagna), di esercitazioni (viaggi d’istruzione), di divertimento (viaggi di piacere).

c. nell’uso figurato: Insieme di azioni volte a un determinato fine, economico, igienico, politico, scientifico: campagna pubblicitaria e campagna di vendita; campagna giornalistica; campagna antimalarica; campagna elettorale; campagna di scavi. Nel gioco del calcio, campagna acquisti, complesso delle trattative condotte dalle varie società per assicurarsi nuovi giocatori.
3. Periodo di tempo nell’anno (detto anche stagione) durante il quale à luogo il raccolto di un prodotto agricolo o si provvede all’approvvigionamento di materie prime per determinate industrie o alla loro lavorazione: campagna olearia, granaria, delle bietole, conserviera, eccampagna
4. Analogam., nella tecnica, campagna dei forni, il periodo di funzionamento dall’accensione allo spegnimento.
5. In araldica, pezza onorevole che occupa il terzo inferiore dello scudo
E qui penso di poter far punto convinto d’avere esaurito l’argomento, soddisfatto l’amico R.C. ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e piú genericamente  chi dovesse imbattersi in queste paginette.Satis est.
 Raffaele Bracale

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