CAZZIBOCCHIO/CAZZIMBOCCHIO/CAZZIBÒ
Mi scrive da Bologna
il gentilissimo dr. Salvatore C. (al
solito, per questioni di riservatezza mi
tocca evitare di indicare per esteso nome e cognome) per chiedermi cosa ne pensi
della sua idea che la voce napoletana cazzibò/cazzibocchio/cazzimbocchio possa avere una derivazione dal tedesco KATZENKOPF"(cioè a dire: ciottoli
lavorati a testa di gatto). Gli ò
risposto che, sulle prime, quella sua idea per
un attimo à fatto traballare le mie precedenti certezze semantiche-etimologiche;
ma il dubbio è durato poco e si è
dileguato allorché ò preso in considerazione le due cose che qui di sèguito indico:
1) la forma del cazzibocchio/cazzimbocchio/cazzibò;
2) la morfologia della parola.
Vediamo:
1) il napoletano cazzibocchio/cazzimbocchio/cazzibò, quanto alla forma, non è
un ciottolo semisferico come il katzenkopf, né – d’altra parte – à forma di
cubo (chiamandolo perciò erroneamente cubetto o quadruccio) come sbrigativamente si
afferma di quel tal elemento lapideo di leucitite, che non è cubico, ma
a tronco di piramide a base quadrata, usato a Roma ed in molte altre città per la pavimentazione di varie strade urbane
e, fra l’altro, della piazza S. Pietro (donde il nome sampietrino). , manufatto
di porfido o basalto usato per pavimentare le strade, chiamandolo cubetto o
quadruccio ; in realtà il cazzibocchio/cazzimbocchio/cazzibò, come ò détto, à forma di tronco di piramide con base e
vertice quadrati, forma che consente ai lastricatori di acconciamente infiggere tali manufatti su
di uno spesso letto di sabbia e terriccio, seguendo esattamente l’andamento
curvato a schiena d’asino o a botte del
piano stradale, facendo accostare i lati delle basi nei cui interstizî vien
fatta colare poi della pece liquida per assicurare tenuta ed una sorta di impermeabilità alla strada cosí
lastricata. Come si vede nulla che, per forma, possa
appaiare il tronco di piramide
del cazzibocchio/cazzimbocchio/cazzibò
napoletano con il ciottolo semisferico
del katzenkopf tedesco.
2) altro importante
ragione che mi spinge a non lasciare la via vecchia per la nuova è quella che
investe la morfologia della parola in esame; in realtà morfologicamente, se si esclude una tenue assonanza tra cazzibò
e katzenkopf non esistono chiari e documentabili passaggi linguistici per pervenire a cazzibò partendo
da katzenkopf; ricorderò che la
originaria voce espressiva, nata nell’àmbito dei lastricatori fu cazzibocchio
(nata da cazzi + occhio con epitesi, per evitare lo iato, di una consonante eufonica
(b) ottenendosi cazziocchio→cazzibocchio) poi a mano a mano trasformatasi per
evidente aggiustamento fonetico in cazzimbocchio
ed infine semplificata in cazzibò, ma in tutte e tre le forme (cazzibocchio –
cazzimbocchio – cazzibò) è riconoscibile il richiamo osceno d’attacco (cazzo→cazzi) con riferimento
vuoi alla forma (il tronco di piramide richiama – sia pure con molta buona volontà -
l’organo maschile in erezione) del
manufatto di pietra lavica, vuoi al fatto che allorché d’un oggetto non si conosca
o non sovvenga con precisione il nome,nel
parlato popolare, si adotta quello generico di cazzo (cfr. damme ‘stu cazzo lloco = dammi codesto oggetto di cui mi sfugge il
nome!): ed è probabile che ciò sia avvenuto anche nel gergo dei
lastricatori; è altresí riconoscibile nelle forme cazzibocchio – cazzimbocchio
il suffisso diminutivo latino uculus→occhio suffisso che non è in
alcun modo leggibile nel tedesco katzenkopf.
Mi auguro d’essere
stato esauriente e d’aver convinto, sia l’amico S.C. che chiunque altro dovesse
leggermi ad abbadonare, per ciò che
riguarda i termini in epigrafe, pericolose
strade... etimologiche!
raffaele bracale
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