32 ICONICHE LOCUZIONI NAPOLETANE
1 FÀ ZITE E MMURTICIELLE E BBATTESIME BUNARIELLE.
Letteralmente: fare(partecipare a)matrimoni e funerali e battesimi abbastanza
buoni.Id est: non mancare mai, anche se non espressamente invitati, a
celebrazioni che comportino elargizioni di cibarie e libagioni, come accadeva
temporibus illis quando la maggior parte delle cerimonie si svolgevano in
casa, allorchè il parroco o prete del rione non mancava mai di rendersi
presente a battesimi o matrimoni, per presenziare alla tavolata che ne
seguiva. La cosa valeva anche per i funerali (murticielle) giacché, dopo la
sepoltura del morto, i vicini erano soliti offrire ai parenti del defunto un
pantagruelico pasto consolatorio spesso comportante gustose portate di pesce
fresco.
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2 VIESTE CICCONE, CA PARE BBARONE.
Letteralmente:vesti Ceccone e sembrerà un barone. La locuzione napoletana
stravolge completamente quella toscana che afferma: l'abito non fa il monaco.
Il detto partenopeo, al contrario, afferma che basta vestire accuratamente un
qualsiasi Ceccone (villano) per farlo apparire un barone...
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3. PIGLIARSE 'E PENZIERE D''O RUSSO.
Letteralmente: Prendersi i pensieri del Rosso. Id est: preoccuparsi di
faccende senza importanza, trascurandone altre ben più importanti.Il Rosso
della locuzione fu un famoso ladro, che condannato al capestro, invece di
preoccuparsi della propria sorte, si chiedeva chi sarebbe stato incaricato di
portare la scala necessaria all'esecuzione.
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4.JÍ FACENNO 'E SSETTE CHIESIELLE.
Letteralmente: Andar visitando le sette chiesine. Id est: andar perdendo
tempo occupato nella visita delle altrui abitazioni e non per una reale
necessità o incombenza, ma solo per il gusto di bighellonare, soffermandosi
nelle case di amici e conoscenti, magari per scroccare un caffè o un pasto
che a Napoli non si nega a nessuno! Le sette chiese indicate nella locuzione,
a Napoli sono ben note a tutti essendo quelle disseminate sulla famosa strada
di Toledo partendo da piazza Dante per giungere a piazza del plebiscito o
Largo di PALAZZO. Esse nell'ordine sono:Spirito santo - San Nicola alla
Carità - San Liborio - Santa Maria delle Grazie - Santa Brigida - San
Ferdinando - San Francesco di Paola e vengon visitate da tutti i napoletani
che nel pomeriggio del giovedì santo si recano a fare il tradizionale
"struscio" ossia la passeggiata rituale che comporta la visita (da
farsi in numero dispari)dei così detti Sepolcri ossia delle solenni
esposizioni del SS. Sacremento, che si tiene in tutte le chiese cattoliche
per ricordare l'istituzione del sacramento dell' Eucarestia.
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5. VESTIRSE 'A FESSO.
Letteralmente: indossare l'abito dello stupido. Id est: comportarsi in
maniera volutamente sciocca, fare lo gnorri, tenere un comportamento da
stupido nella speranza che così facendo si possa indurre una ipotetica
controparte a non calcar la mano con pretese e richieste e raggiungere cosí
il fine sperato con poca fatica e minimo impegno.È l'atteggiamento che
temporibus illis tenevano taluni chiamati alle armi per evitare la partenza
per il fronte.Il fatto era compendiato nella frase: fà 'o fesso pe nun gghí â
guerra(fare lo sciocco per non andare in battaglia; spesso si raggiungeva lo
scopo, giacché non erano graditi soldati stupidi.
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6.FÀ 'NU SIZZIA-SIZZIA.
Letteralmente: fare un sitio- sitio Id est: richiedere ripetutamente e
lamentosamente qualcosa con ossessiva petulanza. La locuzione nasce prendendo
spunto dal Sitio! pronunciato da Cristo sulla croce. Alla richiesta del
Signore i soldati risposero offrendogli dell'aceto misto ad acqua e non per vilipenderlo
ancóra di piú, ma perché l’aceto misto ad acqua è la bevanda piú adatta a
spegnere l'arsura.
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7.ESSERE 'NA PIMMICE 'E CANAPÉ.
Letteralmente: essere una cimice annidata in un divano. Id est: essere
inaffidabile, subdolo e perfido come una cimice che - secondo la credenza
popolare - è pronta a tradire il proprio simile o colui che abbia la sventura
di tenerla nascosta nel proprio divano; il primo ad essere morsicato sarà
proprio il padrone del divano.
8. MA TENISSE 'E GGHIORDE?
Letteralmente: “Fossi affetto da giarda?” Domanda retorica che con aria
insolente, viene rivolta a Napoli, a qualcuno che appaia pigro, indolente,
scansafatiche, che non si muove, nè fa alcunché, quasi fosse affetto da
giarda la malattia che colpisce le giunture ed in ispecie il collo della
zampa (piede) dei cavalli producendo eccessiva enfiagione delle zampe delle
bestie, impossibilitate, per ciò a procedere speditamente.
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9. JÍ CERCANNO 'MBRUOGLIO, AIUTAME!
Letteralmente: andare alla ricerca di un imbroglio che possa aiutare. Id
est: quando ci si trovi in situazioni o circostanze tali che non lascino
intravedere vie d’uscita, l’unico mezzo di trarsi d’impaccio è quello di
rifugiarsi in un non meglio identificato ‘mbruoglio (imbroglio,astuzia,
inganno, moto di destrezza) che in un modo o in un altro consenta di
risolver la faccenda. La locuzione a Napoli è usata a salace commento delle
azioni di chi, per abitudine, non è avvezzo ad agire con rettitudine o
chiarezza e per habitus mentale si rifugia nell’imbroglio, pescando nel
torbido.
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10. APPÍLA CA ESCE FECCIA!
Letteralmente: tura che esce feccia.
Questo è il comando imperioso dato dall'oste al garzone che stia
aiutandolo a travasare il vino affinché ponga lo stoppaccio o zipolo alla
botte quando, oramai vuotata, questa comincia a metter fuori la feccia o
(in gergo) la mamma del vino; per traslato è il caustico ed imperioso
comando che a Napoli si suole dare a chi - colloquiando - cominci a metter
fuori sciocchezze o, peggio ancora, offese gratuite.
11. Â PPRIMMA ENTRATURA, GUARDÀTEVE 'E SSACCHE!
Letteralmente: entrando per la prima volta, in qualche sito sconosciuto,
badate alle tasche; id est: state attenti alle nuove frequentazioni
specie di sconosciuti che possono derubarvi o procurare altri danni.
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12. MEGLIO SCUMMUNICATO, CA CUMMUNICATO 'E PRESSA.
Letteralmente: meglio scomunicato che comunicato di fretta.Id est: il
danno morale è da preferirsi al danno fisico, soprattutto quando questo
sia il danno ultimo:la morte; communicato 'e pressa significa: ricevere
il Viatico.
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13.DOPPO MAGNATO E VÍPPETO
"Â SALUTE
VOSTA".
Letteralmente: Dopo d'aver mangiato e bevuto:"alla vostra
salute". L'espressione in epigrafe si usa a Napoli, per commentare
sarcasticamente il comportamento di chi approfitta di una situazione
proficua e posticipa gli atteggiamenti augurali, dopo di aver goduto di
benefici per i quali la buona norma vorrebbe che gli auguri venissero
fatti antecedentemente prima cioè di godere dei frutti di azioni comuni;
a mo' d'es.: un brindisi va fatto prima, non dopo una bevuta corale.
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14. METTERSE 'E CASA E DE PUTECA.
Letteralmente: porsi di casa e di bottega.
Id est:accingersi ad un lavoro con massima attenzione ed attaccamento
puntiglioso come chi dura la propria vita in quella che sia
contemporaneamente casa e sede del proprio operare cui potersi dedicare
senza soluzione di continuità e senza perdite di tempo che invece ci
sarebbero qualora ci si dovesse spostare dalla bottega alla casa e
viceversa.
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15.FÀ 'O SCRUPOLO D''O RICUTTARO.
Letteralmente: fare lo scrupolo del magnaccia. Id est: scandalizzarsi
grandemente al cospetto di altrui veniali mancanze, alla stregua di un
lenone abituato a compiere gravi mancanze che si scandalizzasse di
piccoli reati compiuti da altre persone.La locuzione è usata a Napoli appunto
per bollare il comportamento chiaramente falso di chi abitualmente
incline a delinquere mostri di scandalizzarsi davanti a piccole mancanze
altrui...
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16.PURTÀ P''E VICHE.
Letteralmente: menare per i vicoli. Id est: comportarsi truffaldinamente
nei confronti di qualcuno, imbrogliandolo, confondendolo, rimandando sine
die il compimento di promesse formulategli, conducendolo per tortuosi e
dispersivi vicoli in luogo della retta e più breve via maestra.
L'espressione è normalmente intesa in senso figurato, ma potrebbe esserlo
anche in senso concreto nel deprecato caso del furbo tassista che,invece
di andare diritto alla meta, porti il povero passeggero in giro per la
città prima di depositarlo a destinazione.
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17.'A RAGGIONE S''A PIGLIANO 'E FESSE.
Letteralmente: la ragione se la prendono gli sciocchi. La locuzione con
aria risentita viene profferita da chi si vede tacitato con vuote
chiacchiere, in luogo delle attese concrete opere.
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18. SE SO' STUTATE 'E LLAMPIUNCELLE.
Letteralmente: si sono spente le luminarie. Id est: siamo alla fine, la
festa è finita; non c'è più
rimedio, non c'è più tempo per porre rimedio ad alcunché.
Da notare che con il termine femminile lampiuncelle si
intendono le vaste luminarie usate in occasioni delle feste popolari, mentre
il s.vo m.le lampiuncielle indica i piccoli lampioncini usati per
agghindare a festa i domicilii privati.
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19. TRÒVATE CHIUSO E PIÉRDETE CHISTO ACCUNTO.
Letteralmente: Trovati chiuso e perditi questo cliente.La divertita
locuzione viene usata in senso ironico a commento della situazione
antipatica in cui qualcuno abbia a che fare con persona pronta ad
infastidire o a richiedere i maggior vantaggi da un quid senza voler
conferire il giusto corrispettivo, come nel caso ad es. di un cliente che
pretenda di accaparrarsi la miglior merce, ma sia restio a pagare il
giusto prezzo dovuto.L'accunto deriva dal latino: accognitus=cliente
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20. FÀ TRE FICHE NOVE ROTELE.
Letteralmente: fare con tre fichi nove rotoli. Con l'espressione in
epigrafe, a Napoli si è soliti bollare i comportamenti o - meglio - il
vaniloquio di chi esagera con le parole e si ammanta di meriti che non
possiede, né può possedere. Per intendere appieno la valenza della
locuzione occorre sapere che il rotolo (in napoletano ruotolo ed al pl. rotele) era una unità di peso del
Regno delle Due Sicilie e corrispondeva in Sicilia a gr.790 mentre a
Napoli e suo circondario,ad 890 grammi per cui nove rotole
corrispondevano a Napoli a circa 8 kg. ed è impossibile che tre fichi
(frutto, non albero) possano arrivare a pesare 8 kg. Per curiosità
storica rammentiamo che il rotolo, come unità di peso, è in uso ancora
oggi a Malta che, prima di divenire colonia inglese, apparteneva al Regno
delle Due Sicilie. Ancora ricordiamo che il rotolo deriva la sua origine
dalla misura araba RATE,trasformazione a sua volta della parola greca
LITRA, che originariamente indicava sia una misura monetaria che di peso;
la LITRA divenne poi in epoca romana LIBRA (libbra)che vive ancora in
Inghilterra col nome di pound che indica sia la moneta che un peso e come
tale corrisponde a circa 453,6 grammi, pressappoco la metà dell'antico
rotolo napoletano.
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21. 'A DISGRAZZIA D''O 'MBRELLO È QUANNO CHIOVE FINO FINO.
Letteralmente: la malasorte dell'ombrello è quando pioviggina lentamente. Va
da sè che l'ombrello corre i maggiori rischi di rompersi allorché debba
essere aperto e chiuso continuamente, non quando debba sopportare un unico,
sia pure violento, scroscio temporalesco; così l'uomo(che nel proverbio è
adombrato sotto il termine di 'mbrello) soffre di più nel sopportare
continuate piccole prove che non un solo , anche se pesante danno.
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22. AVIMMO FATTO: CUPÍNTE, CUPÍNTE: 'E CAVÉRE 'A FORA E 'E
FRIDDE 'A DINTO.
Letteralmente: abbiamo fatto cúpidi, cúpidi: i caldi (son restati) di fuori
ed i freddi(sono entrati) dentro. Icastica espressione napoletana che
fotografa una realtà nella quale, stravolgendo la logica e l'attesa, si dà
via libera a chi non è all'altezza della situazione e si lascia a bocca
asciutta chi meriterebbe la priorità nel godimento di un quid (che - nella
fattispecie - sono i favori di una donna).
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23. 'A PECORA S'À DDA TUSÀ, NUN S'À DDA SCURTECÀ.
Letteralmente: la pecora va tosata, ma non scorticata. Id est: est modus in
rebus: non bisogna mai esagerare; nel caso : è giusto che una pecora venga
tosata, non è corretto però scarnificarla; come è giusto pagare i tributi, ma
questi non devono essere esosi.
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24.- SI' PRE' 'O CAPPIELLO VA STUORTO!... - ACCUSSÍ À DDA JÍ!
- Signor prete, il cappello va storto - Così deve andare. Simpatico duettare
tra un gruppetto di monelli che - pensando di porre in ridicolo un prete -
gli significavano che egli aveva indossato il suo cappello di sgimbescio, e
si sentirono rispondere che quella era l'esatta maniera di portare il
suddetto copricapo. La locuzione viene usata quando si voglia fare intendere
che non si accettano consigli non richiesti soprattutto quando chi dovrebbe
riceverli ha - per sua autorità - sufficiente autonomia di giudizio.
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25. DICETTE ‘A SIÉ NUNZIATA: CE PONNO CCHIÚ LL'UOCCHIE CA 'E
SCUPPETTATE!
Letteralmente: Disse la signora Nunziata: Ànno piú
potenza gli occhi (il malocchio) che le schioppettate.Il napoletano teme piú
il danno che gli possa derivare dagli sguardi malevoli di taluno, che il
danno che possono arrecargli colpi di fucile: dalle ferite da arma da fuoco
si può guarire, piú difficile sfuggire alla iettatura ed ai suoi deleterei
effetti!
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26. Â NNOTTE SE 'NZURAJE CATIELLO.
Letteralmente: Catello (inguaribile scapolo) prese moglie di notte. La
locuzione fotografa una situazione che in italiano è resa con: MEGLIO TARDI
CHE MAI, il Catello, infatti procrastinò tanto il suo matrimonio che quando
fu celebrato era oramai notte. Nella locuzione partenopea si tenga presente
la geminazione iniziale della lettera N nella parola notte che lascia capire
che la A iniziale non è l'articolo femminile ('A) ma una preposizione
articolata â = a + ‘a = alla che introduce un concetto temporale reso con la
doppia N di notte; se la A fosse stato un articolo la successiva parola notte
sarebbe stata scritta in maniera scempia con una sola N.
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27. 'E MACCARUNE SE MAGNANO TENIÉNTE, TENIÉNTE.
Letteralmente: i maccheroni vanno mangiati molto al dente. La locuzione a
Napoli oltre a compendiare un consiglio gastronomico ineludibile, viene usata
anche per significare che gli affari devono esser conclusi sollecitamente,
senza por troppe remore in mezzo.
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28. QUANNO SIENTE 'O LLATINO DÊ
FESSE, È SIGNO 'E MAL' ANNATA.
Letteralmente: quando senti che gli sciocchi parlano latino, è segno di un cattivo
periodo.Id est: l'ostentazione di cultura da parte degli stupidi ed
ignoranti, prelude a tempi brutti, per cui son da temere gli sciocchi che si
paludano da sapienti...
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29. PARE 'O SORICE 'NFUSO 'A LL'UOGLIO.
Letteralmente: sembra un topolino bagnato da l'olio. La locuzione viene usata
a Napoli nei confronti di taluni bellimbusti che vanno in giro tirati a
lucido ed impomatati che in napoletantano suona: alliffati (dal greco
aleiphar=olio); tali soggetti vengon paragonati ad un topolino che per ventura
sia cascato nell'orcio dell'olio e ne sia riemerso completamente unto e
luccicante.
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