domenica 6 aprile 2008

M’HÊ DATO ‘O LLARDO ‘INT’Â FIJIURA

M’HÊ DATO ‘O LLARDO ‘INT’Â FIJIURA


Letteralmente:Mi hai dato il lardo nel santino. L'espressione si usa nei confronti di chi usi eccessiva parsimonia nel conferire qualcosa a qualcuno e prende l'avvio dall'uso che avevano i monaci di Sant' Antonio Abate a Napoli che gestivano, annesso alla omonima Chiesa, fondata nel 1370 per volere di Giovanna I d’Angiò, dedicata al santo cenobita egiziano, e sita alla confluenza della via Foria e dell’omonimo Borgo di sant’Antonio abate con la piazza Carlo III un piccolo ospedale per cure dermatologiche ed usavano il lardo dei maiali con il quale producevano unguenti curativi. Allorché poi dimettevano un infermo erano soliti consegnare al medesimo, per il mantenimento della cura, una piccolissima quantità di lardo benedetto, avvolto in un santino raffigurante Sant'Antonio abate.
Pur se benedetto la quantità del lardo era veramente irrisoria e non bastevole ad alcuna bisogna. Da ciò l’espressione in epigrafe
Rammenterò a margine di quanto ricordato che i maiali, in quanto destinati ai monaci dell’ospedale ricordato, furono allevati, temporibus illis in gran copia ed in libertà assoluta in tutta la città antica ed era permesso loro di scorrazzare impunemente, devastando persino abitazioni e giardini, e nessuno si permetteva di toccarli essendo essi maiali dedicati al santo cenobita di cui i napoletani erano grandemente devoti; e la iconografia popolare finíper raffigurare sant’Antonio sempre accompagnato da un porcello ( porcello nel quale poi (nell’intento di salvaguardare la sacertà della raffigurazione) le autorità ecclesiali dissero che era rappresentato il Demonio (tenuto a bada dal santo eremita piú volte inutilmente tentato da Satana); inoltre nelle successive rappresentazioni grafiche di sant’Antonio oltre ad accompagnato da un porcello, fu accompagnato da altri animali domestici: cavallo, cane, gatto etc. e cosí il santo eremita divenne oltre che il protettore del fuoco anche di tutti gli animali domestici che nella ricorrenza della sua festività (17 gennaio) erano condotti sul sagrato della Chiesa summenzionata per esser benedetti dall’abate della medesima mentre nelle strade adiacenti venivano accesi grossi falò sui quali ardevano tutte le masserizie vecchie raccolte in giro nei giorni precedenti la festività da frotte di monelli.
Oltre all’espressione in epigrafe ne fu coniata un’altra che asseriva ed ancóra asserisce : Sant’Antuono s’annammuraje d’’o puorco… e io ‘e te che tradotta suona: sant’Antonio abate (sant’Antuono è infatti sant’Antonio abate, detto Antuono, per distinguerlo da sant’Antonio che è Antonio da Padova, il santo predicatore portoghese ritenuto capace di impetrare ben tredici grazie al giorno… )si invaghì del maiale ed io di te espressione giocosa ed irridente con la quale le ragazze erano solite prendersi gioco di innamorati non troppo avvenenti o di carattere difficile; talvolta per ritorsione la medesima espressione era usata dai ragazzi con le stesse finalità nei confronti delle proprie innamorate.
Raffaele Bracale

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