venerdì 9 aprile 2010

VARIE 599

1. ‘A capa ‘e si’ Vicienzo
Ad litteram: la testa del sig. Vincenzo
A Napoli quando una persona voglia comunicare all’universo mondo che egli è privo di qualsivoglia sostanza o beni di sussistenza, suole affermare: - Nun tengo manco ‘a capa ‘e si’ Vicienzo; l’espressione tradotta letteralmente starebbe a significare: “Non ò nemmeno la testa del sig. Vincenzo”; ma si intende che tradotta in tal guisa non significherebbe niente, laddove l’espressione à invece una sua precisa valenza quando si pensi che essa altro non è che una corruzione dell’espressione latina: caput sine censu che si riferiva alla classificazione di tutti coloro che non avendo beni di sorta erano censiti sulla base della sola persona fisica divenendo solo un numero ed un caput sine censu (una persona priva di censo) ; dall’espressione latina è stato facile per i napoletani pervenire per assonanza a capa ‘e si’ Vicienzo.
Da ricordare che spesso invece di si’ Vicienzo si sente dire zi’ Vicienzo che una frettolosa ed inesperta traduzione rende con zio Vincenzo, laddove in napoletano la parola si’ è l’apocope di signore e spesso per bollare di nullità assoluta qualcuno si suole apostrofarlo : “Sî ‘o si’ Nisciuno” id est: “Sei il signor Nessuno...

2. Abbaccà cu chi vence
variante Abbaccà addò vence
Ad litteram: Andare con chi vince variante andare dove si vince
Locuzione che stigmatizza il vile comportamento di chi per opportunismo pratico o morale è solito balzare sul carro del vincitore e colludere con lui; tale sport è - da sempre - lo sport tipico dell’italiano medio.
Abbaccà = andar con - colludere (con) deriva da un latino medioevale ad + vadicare frequentativo di vadere.

3. Arrassusia
Ad litteram:Lontano sia Non accada mai Esclamazione accorata che si suole pronunciare spesso accompagnata da un gesto scaramantico, nella temuta evenienza di un pericolo, o - peggio - di un danno.
La locuzione divenuta termine unico in realtà è formata dal vocabolo arrasso (lontano) con discendenza dall'arabo àrasa di identico significato, e dal congiuntivo ottativo sia.
4. Abballo ‘e pezziente
ad litteram: ballo di pezzenti.
È detto abballo ‘e pezziente quell’indecifrabile tramestío che talvolta si può notare all’angolo di una strada dei quartieri popolari o nel bel mezzo di una piazza; di lontano non si riesce a capire di cosa si tratta,
mentre da vicino ci si accorge che si tratta solo di una piccola discussione tra popolani o piú spesso popolane, discussione che non degenera in alterco , ma che viene definita eufemisticamente: ballo di povera gente ballo che non à nulla da spartire con la danza, ma che di questa conserva il concitato agitarsi dei partecipanti.

5. Abbuffà 'a guallera nella locuzione me staje abbuffanno 'a guallera
Ad litteram: enfiare l'ernia nella locuzione mi stai gonfiando l'ernia id est: mi stai tediando, mi stai oltremodo infastidendo, procurandomi una figurata enfiagione dell'ernia; locuzione che si ritrova con gran risentimento sulla bocca di chi, già tediato di suo, veda aumentare a dismisura il proprio fastidio, per l'azione di un rompiscatole che insista nel suo disdicevole atteggiamento. Ricorderò che il termine guallera (ernia) è mutuato dall'arabo wadara di pari significato e con esso termine il napoletano indica la vera e propria affezione erniale dove che sia ubicata, ma anche per traslato, il sacco scrotale ed è a quest'ultimo che con ogni probabilità si riferisce la locuzione, prestandosi, data la sua sfericità, ad essere sia pure figuratamente gonfiato. Segnalo ora, qui di sèguito altre icastiche locuzioni di medesima portata di quella in epigrafe, locuzioni che vengono usate a secondo il grado del tedio che si prova; la prima, mutuata dall'àmbito culinario, proclama: me staje facenno oppure m’ hê fatto ‘a guallera â pezzaiuola(mi stai facendo oppure mi ài fatto l'ernia alla pizzaiola) quasi che l'ernia fosse possibile cucinarla con olio, pomodoro, aglio e origano a mo' di una fettina di carne; altra locuzione usata è quella che mutuata dal linguaggio del lavoro d'ebanisteria, proclama: me staje scartavetranno 'a guallera ( mi stai levigando l'ernia con la carta vetrata) infine esisite una locuzione che- mutuata dall'ambito sartoriale -nella sua espressività barocca, se non rococò, afferma: me staje facenno 'a guallera a plissé (mi stai facendo l'ernia plissettata) quasi che fosse possibile trattare l'ernia come una gonna, pieghettandola longitudinalmente in modo minutissimo.
6. A gghí a gghí
letteralmente: ad andare ad andare;detto a commento di tutte quelle azioni condotte a termine per un pelo ed i cui risultati siano stati raggiunti risicatamente.Locuzione di caratterte temporale.
7. A nnomme ‘e Ddio
letteralmente: nel nome di Dio Espressione quasi religiosa che si usa nel principiare alcunché, segnandosi, e chiamando il nome di Dio nella speranza che presti il suo soccorso nell’opera intrapresa.
8. Â bbona ‘e Ddio
letteralmente: con il benvolere di Dio espressione che si discosta molto dalla precedente, in quanto questa pur avendo un suo sostrato fideistico, è meno permeata di religiosita, anzi è quasi scaramantica e riproducendo ad litteram il saluto che i naviganti iberici si scambiavano nel salpare: a la buena de Dios significa: vada come vada, purché vada...
9. All’ anema d’’a palla!
Letteralmente: All’anima della palla! Espressione esclamativa con cui si usa commentare allorché ci vengono riferiti accadimenti o cose cosí incredibili o palesamente falsi da farli ritenere essere la quintessenza delle sciocchezze, paragonabili solo ad un sesquipedale contenitore sferico fatto di aria e contenente aria...
10. A stracce e petacce
Ad litteram: A stracci e brandelli; locuzione usata per significare tutte le azioni fatte in modo discontinuo, con scarsa applicazione, a morsi e bocconi, azioni che lasciano presagire risultati pessimi.
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