mercoledì 10 novembre 2010

4 PROVERBI

4 PROVERBI

1.A CCHIÀGNERE 'O MUORTO SO' LLÀCREME PÈRZE.
2. Â CASA D''O JUCATORE NUN C'È ÀUTRO CA DELORE.
3. 'A COLLERA È FFATTA A CCUÓPPO E CHI S''A PIGLIA SCHIATTA 'NCUÓRPO.
4. 'A CUNFERENZA È MMAMMA/PATRONA D''A MALA CRIÀNZA.
1. Ad litteram: A piangere un morto son lacrime perdute. Id est: Le persone si curano e/o si rispettano quando sono vive, a rimpiangerle da morte non giova a nessuno né al vivo, né al morto!
2. Ad litteram: A casa del giocatore non v’è altro che dolore. Id est: in casa di chi è dedito al giuoco regnano solo disagio per i debiti accumulati e fastidio per le umiliazioni provate nel dover rimandare la soddisfazione di quei debiti.
3. Ad litteram: La collera è fatta a cartoccio conico e chi la prova crepa nel corpo id est: l’ira, la collera, spesso si ritorcono su chi ne è affetto,danneggiandoli.
4.Ad litteram:La familiarità è mamma/padrona della scostumatezza.Id est:In ogni caso, non bisogna eccedere nel familiarizzare con le persone: v’è chi ne potrebbe profittare.
Aspetti semantico-etimologici:
chiagnere: verbo trans. piangere ma anche dolersi soffrire, patire, penare Etimologia: dal latino plangere con normale metaplasmo del pl latino nel chi napoletano (cfr. i normali sviluppi di pl→chj→chi ad es.: chino ←plenum, cchiú←plus, chiaja←plaga,platea→chiazza, chiummo←plumbeum etc.) e metatesi ng→gn.
muorto: sostantivo/agg.vo m.le; è il participio pass. di murí; dal dep. latino morior, da cui, il participio mŏrtu(us)→muorto
autro/auto/ato: agg.vo e sost.vo, altro. Etimologia: dall‟acc. latino alt(e)rum, con doppia sincope: in primis della “r”, e successivamente della “u”; la seconda sincope si rese necessaria per evitare confusione con l’omografo auto= alto che ad ogni buon conto era stata adottata una epentesi eufonica di una consonante fricativa labiodentale sonora (v) ottenendosi aveto ; normale nel napoletano il metaplasmo di al in au.
cuoppo: sostantivo maschile, ma a volte, usato anche metaforicamente come apposizione dispregiativa,
cartoccio di forma conica,
contenitore per qualcosa ( derrate alimentari qualipesce, castagne, noccioline,olive, ma anche altri oggetti d’uso comune come chiodi e/o altre minutaglie) etc..Piú precisamente dirò che il s.vo m.le napoletano cuoppo può indicare:
una rete da pesca, un embrice semicilindrico, un piatto di bilancia ed un cartoccio conico; quanto all’etimo cuoppo è da un lat. *cŏppu(m)→cuoppo forma resa maschile e dittongata del tardo lat. f.le *cŏppa(m)→cupa(m) per il class. cupa(m)= botte,semanticamente raccostati per la comunanza funzionale, sebbene non di forma, del concetto di capienza e ricezione;al proposito rammento che nel napoletano un oggetto (o cosa quale che sia) è inteso se maschile piú piccolo o contenuto del corrispondente femminile; abbiamo ad . es. ‘a tavula (piú grande rispetto a ‘o tavulo piú piccolo ),‘a tammorra (piú grande rispetto a ‘o tammurro piú piccolo ), ‘a cucchiara(piú grande rispetto a ‘o cucchiaro piú piccolo), ‘a carretta (piú grande rispetto a ‘o carretto piú piccolo ); fanno eccezione ‘o tiano che è piú grande de ‘a tiana e ‘o caccavo piú grande de ‘a caccavella. Nella fattispecie la cuppa(m) è certamente piú grande d’un cartoccio per cui cŏppa(m)f.le deve divenire *cŏppu(m)→cuoppo maschile.
A margine di tutto quanto fin qui détto mi piace rammentare alcune icastiche espressioni del napoletano dove la fa da protagonista il s.vo cuoppo; e comincio con l’epiteto
cuoppo ‘allesse! (cartoccio di castagne lesse!); inteso tale cartoccio bagnato e macchiato (la buccia interna delle castagne lesse tinge di scuro la carta con cui si confeziona il cartoccio!) lo si pensa quindi lercio, sporco e tali sono ritenute le donnaccole cui è riferito l’epiteto; allesse plur. di allessa= castagna privata della dura scorza esterna e bollita in acqua con aggiunta di foglie d’alloro e semi di finocchio derivata dal part. pass. femm. del tardo lat. elixare 'far cuocere nell'acqua, sebbene qualcuno proponga un tardo lat. *ad-lessa(m) ma non ne vedo la necessità; e rammentiamo l’espressione
cuoppo d’acene ‘e pepe anzi piú precisamente cuppetiello d’acene ‘e pepe (cartoccetto di pepe) espressione usata in riferimento ad uomini di statura eccessivamente minuta e di corporatura esile, come piccoli e contenuti erano i cartoccetti usati dai droghieri per vendere al minuto le piccole bacche sferiche, nere, di forte aroma,della pianta del pepe, bacche usate intere o macinate come condimento; trattandosi di una spezie d’importazione ed abbastanza costosa, non erano ipotizzabili – per la sua vendita al minuto – cartocci grossi, cuoppi voluminosi (come quelli usati per vendere castagne lesse o altre merci commestibili quali frutta, pesce fresco etc.), ma solo cartoccetti piccoli; per cui non cuoppi, ma cuppetielle! Rammento adesso un significativo proverbio/scioglilingua che è: A cuoppo cupo pocu ppepe cape.che tradotto è: Nel cartoccetto conico stretto entra poco pepe. in realtà piú che di un proverbio si tratta di uno scioglilingua giocato sulle assonanze delle varie parole, ma che nasconde un’osservazione disincantata della realtà e cioè che chi è stretto perché pieno, sazio non può riempirsi di piú(e ciò sia in senso positivo che negativo posto che chi sia già tanto pieno, saziato di doti positive morali e/o di cultura, difficilmente potrà migliorarsi, come per converso chi sia cosí tanto sprovvisto di moralità e/o cultura difficilmente potrà aver modo di evolversi in meglio stante le ristrettezze morali del suo io che non gli consentiranno l’aggiunta d’alcunché);
l’agg.vo m.le napoletano cupo non corrisponde all’italiano cupo che vale 1 profondo, molto incassato: pozzo cupo; valle cupa ' (region.) fondo, concavo: piatto cupo
2 (fig.) riferito a stati d'animo o sentimenti negativi, profondo, radicato: odio, rancore cupo; un cupo dolore | impenetrabile, tetro, malinconico: carattere, volto cupo | sinistramente ambiguo, misterioso: cupe minacce; ma in napoletano vale in primis: stretto, angusto, limitato e solo estensivamente buio, tenebroso, e detto di suono: cupo, basso, sordo. Ed in chiusura rammento un’altra icastica locuzione partenopea che suona: Piglià ‘o cuoppo ‘aulive p’’o campanaro ‘o Carmene (confondere il cartoccio conico contenente le olive con il campanile del Carmine Maggiore),locuzione usata per prendersi sarcasticamente beffe di qualcuno incorso in un madornale quiproquò, la medesima d’un non meglio identificato individuo macchiatosi della confusione iperbolica ed impensabile di scambiare un contenuto cartoccio con un campanile, non potendosi mai paragonare un piccolo cartocetto, sia pure conico con lo svettante e massiccio campanile del Carmine Maggiore campanile adiacente l’omonima basilica napoletana fatta erigere a partire dal 1301 con le elargizioni di Elisabetta di Baviera (Landshut, 1227 –† Greifenburg, 9 ottobre 1273), madre di Corradino di Svevia e con le sovvenzioni di Margherita di Borgogna (Eudes di Borgogna 1250 - †Tonnere 4 settembre 1308) , seconda moglie di Carlo I d’Angiò (21 marzo 1226 –† Foggia, 7 gennaio 1285); il campanile tirato su dall’architetto Giovan Giacomo di Conforto (Napoli, 1569 – †Napoli, 1630) e dal frate domenicano fra’Vincenzo Nuvolo(al secolo Giuseppe Nuvolo:Napoli, 70– †Napoli,43) che lo coronò con la cella ottagonale e la cuspide a pera carmosina, è uno dei monumenti piú famosi e riconoscibili della città partenopea.
schiatta: voce verbale (3ª p. sg. ind. pr. dell’infinito schiattà =scoppiare, rodersi, soffrire per invidia, ma anche morire. Etim.:
denominale da chiatto(s.vo ed agg.vo= grasso dal lat. plattu(m)) + protesi di una s distrattiva .
‘ncuorpo: loc.avv.le di luogo =in corpo, dentro, nel profondo. Voce dal latino in→’n + cŏrpu(s) con evoluzione della o intesa breve dittongata (cfr. ad es.: stuorto, muorto etc.).
cunfidenza/ cunferenza: s.vo f.le = confidenza, familiarità, intimità, dimestichezza, amicizia;
etimologicamente dal lat. confidentia(m); tipica nella variante morfologica la rotacizzazione osco-mediterranea della d in r .
crianza: s.vo f.le = creanza, buona educazione, urbanità,compitezza, gentilezza
Voce dallo sp. crianza, deriv. di criar 'allevare, educare', che è dal lat. creare 'creare').
Brak

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