domenica 7 novembre 2010

‘E MMAZZATE

‘E MMAZZATE
Con il termine in epigrafe, in napoletano, non si indicano solamente, come a prima vista potrebbe sembrare i colpi inferti con la mazza, quanto piú estensivamente tutti i colpi, le battiture,etc. resi in italiano col generico termine di percosse che è participio passato dal latino per-cotere= scuotere intensamente e continuatamente; queste mazzate partenopee sono però identificate volta a volta con parole ben precise, a seconda del tipo di percosse o dei mezzi usati per conferirle, al segno che esistono in napoletano alla bisogna, numerosissimi vocaboli (taluno si è preso la briga di contarli e pare ne abbia potuto elencare addirittura sessanta!); qui di sèguito e senza alcuna pretesa di essere esauriente , tenterò di illustrarne qualcuno, tenendo da parte i piú desueti, per soffermarmi su quelli ancora in uso; naturalmente mi interesserò di illustrare soprattutto i colpi inferti con le mani, accennando appena a quelli inferti da sole o in concorrenza con altre parti del corpo: gomiti, piedi o testa.
E cominciamo:
Buffo/ Buffettone= schiaffo assestato sul viso con mano aperta e distesa; etimologicamente dal suono onomatopeico buff prodotto appunto dal colpo assestato sul viso; il buffettone che è il potente schiaffo o ceffone, accrescitivo attraverso i suff.ett ed one del precedente buffo, etimologicamente, pur partendo dalla medesima radice onomatopeica buff, deriva dallo spagnolo bofetòn di medesimo significato;
Cagliosa= colpo duro e violento diretto verso qualsivoglia parte del corpo ed assestato indifferentemente con le mani o con i piedi, colpo cosí violento da indurre chi lo riceve a zittire subito; etimologicamente dallo spagnolo callar = zittire.
Carocchia = nocchino, colpo secco e doloroso assestato al capo e portato con movimento veloce dall’alto verso il basso con le nocche maggiori delle dita serrate a pugno. Etimologicamente non dal lat. crotalum che indica la nacchera, strumento musicale e non tipo di percossa…,ma dal greco karà=testa attraverso un lat. regionale *caròclu(m) ed il plurale reso femm. caròcla (tipica la mutazione cl in ch come in clausu(m) che diventa chiuso).
Cauciata = non si tratta (come pure il vocabolo potrebbe far pensare) di una lunga e variata serie di calci, ma di una totalizzante bastonatura cui concorrono mani, piedi (prevalentemente) e tutte le altre parti del corpo atte a colpire; il termine però è chiaramente forgiato sulla parola caucio (calcio) che è dal basso latino calcius forma aggettivale sostantivata di calx - calcis
Cepolla = colpo radente assestato con la mano aperta e diretto alla testa etimologicamente richiamata nella caepa d’avvio;infatti in latino caepulla da cui la nostra cepolla ma pure l’italiana cipolla, è il diminutivo di caepa= testa.
Chianetta = veloce colpo assestato sul centro del cranio a mano aperta, derivante dal latino: planus addizionato del suff. diminutivo etta; con il medesimo termine chianetta si indica in napoletano un piccolo cappelluccio appena sufficiente a coprire il cranio; talvolta il medesimo veloce colpo è detto pure carcacoppola id est: pigia-coppola dove la coppola è il classico berretto basso con visiera dalla forma concava, etimologicamente forgiato sul latino cuppa(m);
Cutogna = generico violento e doloroso colpo inferto con le mani e diretto a qualsivoglia parte del corpo, colpo cosí violento da poter provocare sul corpo enfiagioni paragonabili per la forma e gli effetti ai grossi ed aspri frutti del melo cotogno (dal lat. cotonium). Rammento qui, per sottolineare l’asprezza e la violenza della percossa detta cutogna, un’espressione idiomatica che un tempo si poteva spesso udire a mo’ di consiglio:
Quanno siente ‘o fieto d’’e cutogne, a fují nun è vriogna! che si può rendere: Quando avverti avvisaglie di dure percosse, non è vergognoso scappare!;
Cunessa= breve, ma intenso colpo inferto a mo’ di taglio con la mano tesa ed aperta , e diretto con precisione alla nuca, tra testa e collo; non univoca l’etimologia che qualcuno vorrebbe agganciare al greco kopto (batto), ma altri forse piú opportunamente al latino cuneus (cuneo) e dico piú opportunamente stante la genericità del battere greco, mentre il cuneo latino mi pare riproduca piú esattamente la precisione della cunessa che a mo’ di cuneo si insinua tra capo e collo.
Crisceto = bastonatura totalizzante diretta ovunque ed operata con varie parti del corpo: mani, piedi, gomiti, testa, bastonatura cosí violenta da procurare enfiagioni sul corpo di chi ne è fatto segno, cosí come il panetto di pasta acida detto crisceto,che immesso nell’impasto di acqua e farina ne determina la crescita.
Non ò preso in considerazione il termine cazzotto che è il colpo violento dato col pugno chiuso, forgiato probabilmente sul termine cazzo colto nel momento dell’erezione, se non su di una forma latina capitium variante di caput nella pretesa che il cazzotto sia colpo da assestare al capo quasi sinonimo di scapaccione, ma è idea che poco mi convince; dicevo che non ò preso in considerazione il termine cazzotto in quanto parola che sebbene usata non è napoletana,ma (pur se ritenuta parola volgare) della lingua nazionale; passo dunque ad illustrare altri tipi di percosse e termini ancora in uso;
Mascone= violento schiaffo diretto al volto e segnatamente alla zona mascellare, tale da procurare l’enfiagione della masca (mascella); la masca da cui mascone riproduce la voce mediterranea maska dai molteplici significati, tra cui: lato della nave, maschera, mascella ed addirittura bozzolo doppio che – a ben pensare – riproduce la forma delle gote enfiate; quando il violento schiaffo non sia solo, ma reiterato e quasi ritmato si ànno i c.d. mascune a tarantella;
‘Ntosa = duro colpo assestato nella parte frontale della testa con la mano chiusa a pugno; etimologicamente dal latino intusus p.pass. del verbo intundere (colpire);
Pàccaro o Pàcchero =schiaffo a mano aperta e tesa indirizzato al volto, colpo che quando sia cosí violento da lasciare il segno è detto paccaro a ‘ntorzafaccia; percossa violenta in tutto simile al mascone esaminato dianzi; da non confondere con la pacca della lingua toscana che è un colpo amichevole assestato solitamente sulle spalle, colpo che – contrariamente al pàccaro – non connota intenzioni proditorie e/o aggressive; va da sé che il pàccaro napoletano non possa etimologicamente derivare dalla suddetta pacca toscana attesa la gran diversità delle funzioni e scopi dei due colpi; infatti mentre la pacca toscana à una derivazione probabilmente onomatopeica, il pàccaro napoletano è da collegarsi al termine pacca (natica) addizionato del suffisso di pertinenza arius: la pacca di riferimento non è ovviamente quella onomatopeica toscana, bensí quella che viene da un basso latino pacca(m) forgiato su di un longobardo pakka che indica appunto la natica, ma pure la quarta parte ricavata in senso longitudinale di una mela o pera; con ogni probabilità, originariamente il pàccaro/pàcchero fu la sberla con cui si colpivano le natiche, una sorta di sculacciata cioè e da ciò ne derivò il nome che fu mantenuto, accanto ad altri, quando il colpo, lo schiaffo mutò destinazione; una gran copia di pàccari assestati in veloce combinazione prende il nome di paccariàta che oltre a sostanziare un’offesa è da intendersi anche quale forma di dileggio;
Palïata ed il suo accrescitivo Palïatone sono la bastonatura o la pesante bastonatura generica, che posson comportare l’uso di un po’ tutti i colpi fin qui illustrati; i termini palïata e palïatone derivano il loro nome dal fatto che originariamente designarono la bastonatura inferta con il palo e probabilmente ci si sarebbero attesi i termini palata (colpo di palo/a) e palatone( gran colpo di palo/a), ma poiché in napoletano già esistevano le voci palata e palatone con tutt’altro significato (vedi oltre) ecco che per distinguere le voci, le nuove subirono una sorta di anaptissi della vocale i(che servisse a far chiarezza e distinguere) e probabilmente per evitare di dover ricorrere anche alla epentesi di una consonante eufonica (n, v?) si preferí fornire di dieresi la i evitando cosí il fastidioso dittongo ia e si ottennero palïata e palïatone per indicare le percosse, mantenendo palata e palatone per indicare due diverse pezzature di pane; etimologicamente palïata e palïatone sono deverbali dell’iberico palehar= bastonare ;va da sé che la voce palïata non va confusa, come ò detto (e come purtroppo inopinatamente fanno un po’ tutti i vocabolaristi) con palàta che è un’altra cosa e cioè un filone di pane da un kg. e qui ne parlo facendo una breve digressione; il pane: insostituibile alimento che è una delle figure piú comuni e piú ricorrenti nei sogni del popolino partenopeo e cioè quell’imprescindibile,sacro alimento (trasformato da Cristo nel Suo Corpo!) dell’uomo; tale alimento ricorre nei sogni nelle piú varie forme o pezzature, corrispondenti a quelle normalmente in uso a Napoli e si avrà perciò ‘o paniello o ‘a panella (etimologicamente dal latino panis + i suffissi di genere iello o ella ): ampia pagnotta rotondeggiante di ca 1 kg.; avremo altresí ‘o palatone (grosso filone di ca 2 kg., bastevole al fabbisogno giornaliero di una famiglia numerosa, il suo nome gli deriva dal fatto che al momento di infornarlo, detto filone occupa per intero la lunga pala usata alla bisogna; la palata è invece il filone il cui peso non eccede 1 kg. ed occupa la metà della pala per infornare; un quarto o meno della pala occupano le c.d. palatelle (piccoli filoncini da 500 o 250 gr.); tornando all’àmbito propriamente linguistico rammenterò che ‘o ppane (etimologicamente dal latino pane(m) ) è un alimento e come tale di genere neutro, ciò che comporta una grafia con la geminazione della consonante d’avvio: ‘o ppane e non ‘o pane.

Panesiglio = è l’intenso ceffone, la pesante percossa, il duro manrovescio diretto al volto, che produce, d’un súbito, il rigonfiarsi (a mo’ di pagnottella) della gota su cui si abbatte; etimologicamente, messa da parte la tentazione greca cui potrebbe indurre il pan d’avvio, dirò che il termine è l’esatta riproduzione dello spagnolo panecillo (panino),ma non gli è estraneo un basso latino: panesculus id est: parvus panis(pagnottina);
Papagno = pesante schiaffo inferto a mano aperta ed indirizzato al volto, tale da stordire chi lo riceve, cosí come stordisce l’oppio contenuto nel papavero che in napoletano è appunto ‘o papagno (dal lat. papaver si va ad un derivato papaveaneus da cui papa(va)nju con successiva sincope di (va) e passaggio di nj a gn (cfr. il basso lat. companjo = nap. Cumpagno);
Perepessa = colpo quasi simile alla precedente cunessa,da cui si differenzia perché la cunessa è uncolpo inferto a mo’ di taglio con la mano tesa ed aperta , e diretto con precisione alla nuca, tra testa e collo, mentre questo a margine colpo inferto, muovendo rapidamente l’arto dall’alto in basso con la mano tesa ed aperta , e diretto con precisione alla sommità e centro della testa; dubbia la derivazione: o dal sost. latino: perpessio = sofferenza o dal part. pass.f.le perpressa→perep(r)essa= stretta, calcata dell’infinito perprimere= stringere o calcare con violenza oppure, ma meno probabilmente dal greco peripeteia = accidenti inopinato;ricordo a margine l’esistenza nel napoletano di una sorta di maschile della voce a margine e cioè piripisso (che è dal p.p.m.le latino) perpressus= calcato, con chiusura in i della e intesa lunga, assimilazione regressiva alla ricavata i della seconda e ed anaptissi eufonica della seconda i; la voce piripisso però non indica una percossa, ma un piccolo cappelluccio di panno di colore blu o nero , in uso per solito tra gli uomini, cappelluccio di forma circolare simile ad un baschetto che si porta calcato al centro della sommità della testa; al centro di tale cappelluccio esiste una piccola appendice cilindrica che per metonimia prende pur’essa il nome di piripisso.
Perucculata = originariamente colpo inferto al capo o al corpo con la peroccola (bastone) ed estensivamente colpi portati con gli arti superiori induriti e tesi a mo’ di bastone; peroccola etimologicamente o dal basso lat.: parocca e il suo diminutivo paroccola propriamente: stanga o sempre da un basso latino: pedruncola che è ramo; propendo per paroccola;
Scerevecchia ed il suo accrescitivo Scerevecchione che son propriamente lo scapaccione o scapezzone (forma antica del precedente), colpo tale da far temere, per eccesso, di far saltare il capo che lo subisce; l’etimo è pacificamente latino forgiato sul verbo ex-cervicare che propriamente è capitozzare;
Sciacquamola violentissimo ceffone a mano aperta diretto al volto tra mento e guancia, schiaffo tanto forte da poter (per iperbole) determinare la caduta di alcuni molari cosa che genererebbe la necessità di sciacquare la bocca con acqua fredda per arrestare un probabile versamento di sangue conseguenza della caduta dei molari saltati via per il ceffone; etimologicamente la voce a margine è il risultato dell’unione della voce verbale sciacqua (3° persona sg. ind. pres. dell’infinito sciacquare/à=sciacquare (la bocca), fare sciacqui con acqua o con una soluzione medicamentosa; per estens., bere una piccola quantità di qualcosa;il verbo sciacquare è dal lat. tardo exaquare, deriv. di aqua 'acqua')+ il s.vo f.le mola= molare, ciascuno dei denti che, nell'uomo e in altri mammiferi, ànno la funzione di masticare il cibo; nell'uomo, gli ultimi tre denti situati in ognuno dei due lati dell'arcata superiore e inferiore; l’etimo del napoletano mola è dal lat. mola(rem) 'grossa pietra' e '(dente) molare', deriv. di mola 'mola, macina'. A margine della voce sciacquamola rammenterò che nella parlata napoletana l’espressione sciacquarse ‘na mola vale: andare incontro ad ingenti spese quali son quelle necessarie per servirsi dell’opera d’un medico dentista che ponga riparo ai deleterei effetti causati da qualche violento sciacquamola.
Scoppola ed il suo accrescitivo Scuppulone che propriamente sono i colpi piú o meno pesanti inferti in modo da far saltar via il cappello (la coppola vd. sopra);
Scusuta = letteralmente scucita che vale generica e totale bastonatura tanto grave da determinare, in chi ne è fatto segno, ampie ferite (eufemisticamente détte scuciture); etimologicamente scusuta come l’italiano scucita è p.p. del basso latino ex-cosire per il classico ex-consuere;
Sicutennosse = per il vero questa parola è abbondantemente desueta ed, a stretto rigore, dovrei disinteressarmene, ma è parola cosí interessante e presente sebbene con piccole varianti, ma analogo significato, nelle lingue regionali calabre: zicutnose, zichitinos che mi pare opportuno di parlarne brevemente; il sicutennosse è il colpo assestato con una verga sulla testa o sulle spalle; etimologicamente la parola è una chiara, scherzosa deformazione del latino: sicut nos (come noi) che si incontra nella parte finale della preghiera pater noster ;
un tempo nelle cattedrali o nelle basiliche cattoliche esistevano i c.d. penitenzieri maggiori, sorta di prelati abilitati,nell’amministrare il sacramento della confessione,ad assolvere anche i piú gravi peccati, tali penitenzieri maggiori inalberavano sul lato destro del loro confessionale, dove sedevano ad ascoltare le confessioni dei penitenti, una lunga canna con la quale solevano colpire sulla testa o le spalle i penitenti a mo’ di suggello dell’avvenuta assoluzione.Poiché il piú delle volte i penitenzieri maggiori nel congedare i penitenti, facevan recitar loro il pater noster assestavano il previsto colpo di canna sul finire della recita della preghiera, proprio in coincidenza delle parole sicut nos e da ciò il colpo ne trasse il nome di sicutennosse.
Struncone = altra parola desueta, ma ne parlo in quanto una delle poche che si riferisce ed identifichi un colpo inferto con gli arti inferiori e diretto ad essi, sorta di violento calcio portato in senso circolare antiorario e diretto alle gambe di un malcapitato; il termine (da non confondere con l’omofono che indica la grossa sega, azionata da due persone contemporaneamente ed atta a recidere robusti tronchi) è un deverbale di struncare, dal latino: truncare con consueta protesi di una S intensiva, che è quasi mozzare, recidere, mutilare di una parte quasi che il violento calcio, portato come détto, mirasse a mutilare il ricevente dell’arto colpito ;
Varrata = pesante colpo portato al corpo, con due mani che stringono la varra (grosso bastone, randello); la varra, da cui varrata etimologicamente è, con tipica alternanza B/V dal basso latino barra che a sua volta è dal celtico bar = ramo;
e chiudo con Vertulina = generica e totalizzante bastonatura fatta a mani nude o con l’ausilio di agevole corpo contundente: bastone, pertica o simili, percosse reiterate e rapide; difficile stabilirne l’etimo; forse estensivamente da bertula (macchina usata per configgere in terra i pali nelle vigne), ma non si può escludere una derivazione da vertula (da un basso latino: averta) sorta di bisaccia o zaino in uso tra i pastori che la usavano, ruotandola vorticosamente, quale arma di difesa delle pecore assalite da animali predatori; l’ipotesi che però piú mi convince è che vertulina derivi dallo spagnolo verduco (bastone animato) attraverso una *verducolina che conduce a giungere a vertulina; ma siamo nel campo delle ipotesi!
Raffaele Bracale

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