mercoledì 14 settembre 2011

JÍ CU SSETTE PARME ‘E CAZZO

JÍ CU SSETTE PARME ‘E CAZZO
Anche questa volta su quesito dell’amico P.G. (al solito, motivi di riservatezza mi impongono di riportar solo le iniziali di nome e cognome di chi mi scrive per sollecitar ricerche) mi occuperò dell’espressione in epigrafe per metterne a fuoco portata, significato e valenza e mettere una volta per tutte in chiaro l’esatta morfologia della locuzione che spesso specie sulle labbra dei meno consci e/o preparati dello/sull’idioma e piú in generale della/sulla cultura partenopea vien colto erroneamente nella morfologia jí cu ssette pare ‘e cazze.
Tanto premesso entro súbito in medias res e rendo in italiano l’espressione in esame che sta per Andare con sette palmi di cazzo laddove l’espressione che s’usa erroneamente varrebbe Andare con sette paia di cazzi ed ognuno ne coglie d’acchito l’irrazionalità, atteso che per quanto si possa esser dotati, è sempre da escludere che vi possa esser qualcuno provvisto di ben quattordici (sette paia) membri, quantunque neppure sia ipotizzabile che uno sia provvisto di sette palmi di membro in erezione!
Tornando all’espressione che vale Andare con sette palmi di cazzo dico ch’essa pur nella sua formulazione becera à, o meglio avrebbe una valenza del tutto positiva, favorevole e dovrebbe essere usata per sottolineare che il fatto, la faccenda, l’azione cui venga riferita o a cui venga posta a commento,è veramente favorevole, opportuna, conveniente, di favore in quanto corredata di quella abbondanza di risultati buoni se non ottimi e commentando una situazione, una faccenda l’espressione in esame potrebbe essere sostituita in maniera meno colorita ed icasticamente becera con un semplice ed ovvio Si va bene, anzi benissimo! Gli è però, che la locuzione non viene usata nel suo significato con valenza positiva, ma è usata quasi sempre in senso ironico e perciò antifrastico da intendersi Si va male, anzi malissimo! Del resto un napoletano che tradisse l’icasticità del suo eloquio,per usarne uno piú contenuto e forbito, non sarebbe napoletano e mostrerebbe d’aver dimenticato che già presso Etruschi e antichi romani (Pompei docet) l’emblema della mentula eretta era usato come figurazione di abbondanza, di floridezza, benessere, agiatezza, ricchezza, prosperosità... figurarsi quanta fósse l’abbondanza o la prosperosità che potesse indicare una mentula iperbolicamente lunga ben sette palmi!Alla luce di quanto détto si comprende in quale sesquipedale errore incorra chi in luogo di usare la locuzione in epigrafe sia in senso letterale che in quello antifrastico, usasse la riportata erronea jí cu ssette pare ‘e cazze.è vero che trattandosi di iperbole ognuno può esagerare a proprio piacimento, ma noi non dobbiamo dimenticare la lezione dei nostri padri che usavano l’espressione in epigrafe, non quella scorretta in cui si fa confusione tra parme (palmi) e pare (paia)!
sette agg. num. card. invar. numero naturale corrispondente a sei unità più una; voce dal lat. septe(m)→sette
parme s.vo m.le pl. del sg. parmo = palmo, la distanza tra la punta del pollice e quella del mignolo, misurata con la mano aperta e le dita distese e divaricate al massimo; un tempo costituiva un'unità di misura corrispondente a circa 25 cm; va da sé che sette palmi è una misura iperbolica corrispondente a ca un metro e settantacinque cm. e nessuno, per quanto ben fornito, può vantarsi d’avere una mentula in erezione di siffatte misure! Voce dal lat. palmu(m)→parmu(m)→parmo, da palma 'palma della mano'
pare s.vo m.le pl. del sg. paro = paio (al pl. paia)
1 due cose della stessa specie che si considerano insieme in quanto complementari fra loro, o costituenti una unità funzionale;
2 oggetto formato da due parti non scindibili;
3 numero limitato non precisabile: ll’aggiu visto ‘nu paro ‘e vote(l'ò visto un paio di volte); voce tratta dal pl. paia, che è dal lat. paria, neutro pl. di par paris 'pari';
cazzo s.vo m.le membro virile, pene
testa di cazzo, (fig.) imbecille, minchione
2 (fig.) persona sciocca, minchiona.
3 (fig.) nulla, niente:
(voce del gergo marinaresco dal greco (a)kàtion = albero della nave);



E qui penso di poter far punto, convinto, se non di avere esaurito l’argomento, di averne détto a sufficienza contentando l’amico P.G., qualche altro dei miei abituali 24 lettori e chiunque altro dovesse leggermi.
Raffaele Bracale

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