mercoledì 29 gennaio 2014

IL VERBO MENÀ/MENARSE E LA SUA FRASEOLOGIA

IL VERBO MENÀ/MENARSE E LA SUA FRASEOLOGIA Questa volta sollecitato dalla richiesta fattami dal caro amico N. C. (i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad indicare solo le iniziali di nome e cognome) di chiarirgli significato e portata di una delle espressioni partenopee qui di sèguito elencate, provvedo ad illustrare significato ed uso del verbo menà/menarse,nella sua abbondante fraseologia. Comincio dapprima a soffermarmi sul verbo menà che à la forma riflessiva in menarse ed è verbo transitivo che à un vasto ventaglio di accezioni: buttare, sospingere dentro o fuori ed anche, ma meno comunemente, trascorrere, passare, vivere ed estensivamente assestare, dare con forza, picchiare; In parecchie frasi à senso affine a fare, sollevare, produrre, manifestare e sim., determinato meglio dal complemento: menà rummore =far parlare di sé, essere sulla bocca di tutti; ; menà a uno p’ ‘o naso = raggirarlo, dargli a intendere, fargli fare o credere ciò che si vuole; l’etimo è dal tardo lat. minare, propr. 'spingere innanzi gli animali con grida e percosse', deriv. di minae 'minacce'. Vengo ora alla rapida elencazione delle espressioni costruite con menà/menarse per poi esaminarle nel dettaglio: 1) menà a scurdà. 2) menà ‘a culata ‘ncuollo a ll’ate 3) menà ‘a pretella e accuvà ‘a manella 4) menà cauce 5) menà ‘o rancio 6) menarse a ccapo e nnoce d’ ‘o cuollo 7) menarse ‘e fforme 8) menà ‘e mmane 9) menà fuoco pe ll’uocchie 10) menarse ‘a copp’abbascio 11) nenarse dint’ê vvrache 12) menarse dint’ê ccampane 13) menarse sott’â bbannera. E passiamo alla spiegazione analitica delle locuzioni: 1.Menà a scurdà Ad litteram: Buttare a dimenticare. Id est Comportarsi con studiata accidia, con voluta pigrizia, con deliberata indolenza, sfacciata poltroneria, spudorato ozio, insolente inerzia al palese scopo di tentare di far dimenticare di avere assunto degli impegni che invece non si intendono assolutamente mantenere; il verbo tr. scurdà = lasciar cadere dalla memoria è dal lat. re-cordari, deriv. di cor cordis 'cuore', perché il cuore era considerato sede della memoria, con sostituzione del prefisso re- con il prefisso distrattivo ex→(e)x→s. 2.Menà ‘a culata ‘ncuollo a ll’ate Ad litteram:Riversare l’acqua bollente del ranno addosso ad altri. Id est Agire truffaldinamente in modo da far ingiustamente ricadere le proprie colpe addosso ad altri, quasi come una malaccorta massaia che invece di versare l’acqua bollente per il ranno nella tinozza con la biancheria da sottoporre a bucato la versasse altrove addirittura sui i piedi di innocenti spettatori. culata s.vo f.le1 lavatura della biancheria fatta con acqua, sapone, liscivia o altri detersivi: fare il bucato | lenzuola di bucato, appena lavate, pulitissime 2 la biancheria già lavata. Deverbale di colare che è dal lat. colare deriv. di colum (filtro). ranno s.vo m.le miscuglio di cenere e acqua bollente usato in passato per lavare i panni; voce dal longob. rannja; cfr. il tedesco moderno rinnen 'grondare, gocciolare'. 3.Menà ‘a pretella e accuvà ‘a manella. Ad litteram:Lanciare la pietra e nasconder la mano Id est:Aizzare,ma defilarsi; provocare, sobillare, fomentare,ma farlo tenendosi in disparte, quasi nascosto;comportarsi come un bimbo che lanciata una pietra nasconda la mano per non farsi scoprire ed esser punito; azione tipica del vigliacco o di chi manchi di personalità. petrella s.vo f.le diminutivo di preta =pietruzza, sassolino voce metatesi del lat. . petra(m),addizionata del suff. dim. f.le ella; petra(m), è dal gr. pétra; manella s.vo f.le diminutivo di mana = piccola mano, mano di piccolo/a; mana è voce dal lat. volg. mana(m) per il cl. manu(m) qui addizionata del suff. dim. f.le ella; accuvà v.bo tr.vo = 1in primis ricoverare; 2 per traslato come nel caso che ci occupa nascondere, celare 3 (fig.) custodire, conservare gelosamente; voce dal lat. ad-cubare→accubare→accuvà; 4.Menà cauce(*) Ad litteram:Tirar calci Id est:Détto di chi si mostri recalcitrante, renitente, riottoso ed impuntandosi quasi scalci a mo’ di asino per sottrarsi a gli ordini ricevuti o a gli impegni presi e che non abbia piú intenzione di assolvere; cauce s.vo m.le pl. di caucio/cavucio = calcio, colpo dato con il piede o con la zampa; voce deriv. dal lat. calce(m) 'calcagno, calcio'; normale l’esito al + cons. →au (cfr. altu(m)→auto/aveto); 5.Menà ‘o rancio Ad litteram: Lanciare/gettare l’uncino (o l’arpione). Trattasi di unicastico sorridente traslato usato in riferimento a chi agisca in maniera subdola, ambigua quando non palesemente truffaldina al fine di assicurarsi un vantaggio, un’utilità rubacchiando, quasi alla maniera di un cacciatore o pescatore che usi un rampino, un uncino per catturare una preda; rancio/rangio s.vo m.le granchio, rampino voce dal lat. crancer→(c)rance(r) collaterale di cancer. Rammento che nel parlato comune, soprattutto della città bassa accanto all’espressione a margine si usano le analoghe jucà ‘e renza oppure jucà ‘e rancio nel significato di rubare con destrezza e rapidità. jucà = v. intr. giocare, 1 dedicarsi a un'attività piacevole per divertimento, per passatempo, per esercizio fisico o mentale o anche per trarne guadagno; trastullarsi, scherzare; usare parole equivoche per poterle poi interpretare a proprio modo; ingannare o prendere in giro; 2 dedicarsi al gioco d'azzardo; arrischiare il proprio denaro in scommesse e in altre attività dominate dalla sorte; 3 dare prova di abilità, servirsi di qualcosa con abilità;ed è in questa accezione che rientra il significato che ci occupa; 4 praticare un gioco sportivo; 5 essere in gioco: dinto a ‘sti fatte ce joca ‘a furtuna!(in queste cose gioca la fortuna), agire; mettere in gioco, a repentaglio; rischiare; 6 aver gioco, avere la possibilità di muoversi nell'insieme degli organi di un meccanismo; ‘a chiave joca bbuono dint’ â mascatura(la chiave gioca bene nella serratura); 7 detto di luce, aria, acqua ecc., creare particolari effetti; v. tr. [nei sign. 1, 2, 3 anche rafforzato con la particella pron.] 1 mettere in gioco, usare le proprie risorse; 2 scommettere, puntare al gioco; in espressioni iperb.: jucarse pure ‘a cammisa(giocarsi anche la camicia), (fig.) tutto ciò che si possiede; jucarse ‘a capa ‘ncoppa a quaccuno o quaccosa(giocarsi la testa su qualcuno, su qualcosa), (fig.) per dire che si è assolutamente sicuri di qualcuno o qualcosa; 3 arrischiare, mettere in pericolo; perdere qualcosa per averla messa a repentaglio; 4 ingannare, prendere in giro; vincere con astuzia: t’aggiu jucato (ti ò giocato!) 5 disputare una gara sportiva; come ò détto, qui il verbo è usato per estensione nel senso di rubare; la voce è dal lat. volg. *iocare, per il class. iocari, deriv. di iocus 'gioco'; renza s.vo f.le = uso, abitudine, mania; viene dal participio presente del verbo latino haerere= aderire; in napoletano infatti è usato nell’espressione jí ‘e renza oppure tirarse ‘na renza cioè prendere un’abitudine, aderire ad un modo di fare. 6.Menarse capa e nnoce d’ ‘o cuollo(*) Ad litteram:Gettarsi di capo e noce del collo Id est Gettarsi a capofitto, con il capo all’ingiú; dedicarsi a qualcosa con il massimo, serissimo impegno quasi con foga incurante addirittura della integrità del proprio collo e segnatamente della nuca; capa/o s.vo f.le =1in primis (= capo, testa dal lat. parlato *capa(m) per il class. caput); rammento che in napoletano il termine capo/a è usato2 per ampliamento semantico in altri significati e non solo per indicare la parte del corpo umano unita al torace dal collo e in cui ànno sede gli organi che governano le facoltà intellettive e la vita sensitiva ed in senso piú ristretto, la zona del cranio rivestita di capelli, ma anche per indicare chi esercita un comando o dirige imprese, attività sia ancóra (estens.) chi à un ruolo preminente o esercita una funzione direttiva, godendo di particolare prestigio e autorevolezza, ma è pure usato per indicare una gugliata di cotone,di spago, di filo, di refe o anche un rocchio di salsiccia (‘nu capo ‘e cuttone, ‘nu capo ‘e saciccia o ‘na capa ‘e saciccia) e viene usato in tale accezione perché allorché una gugliata di cotone,di spago, di filo venga staccata dal suo gomitolo o rocchetto di pertinenza, ecco che la successiva gugliata si troverà all’inizio, al capo del gomitolo o rocchetto; ugual cosa capita con la salsiccia che è un trito di carne di suina aromatizzato ed insaccato in un budello lungo tra i 40 ed i 50 cm.; tale lunga salsiccia viene poi divisa in porzioni (rocchi) mediante successive legature; poiché quando dalla salsiccia cosí suddivisa ne viene staccato un pezzo (rocchio) il successivo si troverà comunque sempre in testa, in capo alla salsiccia residua, ecco che in napoletano il rocchio italiano si dice capo o capa ‘e saciccia; nella fattispecie in esame il significato che si attaglia, si confà alla locuzione è quello sub 1. noce d’ ‘o cuollo = nodo del collo, nuca, la parte alta posteriore del collo, corrispondente al punto di passaggio tra base e volta craniche; il s.vo f.le noce qui in esame non à niente a che spartire con il frutto del noce, composto di una parte esterna verde (mallo), di un guscio bivalve e di una parte interna commestibile, ma è appunto la cervice, cioè la parte del collo situata posteriormente alla regione cervicale della colonna vertebrale (delimitata in alto dalla protuberanza occipitale esterna, in basso dall’apofisi spinosa della 7a vertebra cervicale) la voce napoletana è dall’arabo nukhā attraverso un lat. med. nucha, letto alla maniera iberica nucia donde noce; il s.vo m.le cuollo qui in esame è esattamente quella parte del corpo di forma generalmente cilindrica, che nell'uomo e in altri vertebrati unisce la testa al torace ed è voce dal lat. cŏllu(m)→cuollo con tipica dittongazione della vocale breve. 7.Menarse ‘e fforme Ad litteram:Scagliarsi le forme Id estRicambiarsi vicendevolmente gravi offese o pesanti contumelie che metaforicamente vengono appaiate ai massicci attrezzi di legno usati dai calzolai per modellare le scarpe e mantenerne la forma; forme s.vo f.le pl. di forma = modello di legno; voce dal lat. fōrma; 8.Menà ‘e mmane (*)Ad litteram:Muovere, agitar le mani Id estIcastica locuzione di duplice significato a seconda che sia coniugata con il verbo a margine menà o con quello alternativo vuttà; coniugata con menà vale picchiare, colpire, battere, percuotere, bastonare qualcuno a mani nude; coniugata invece con l’alternativo vuttà la locuzione assume tutt’altro significato e vale sbrigarsi, accelerare l’azione,agire con sollecitudine e rapidità muovedo le mani con sicurezza in modo svelto, pronto, spedito, , finalizzato alla conclusione sollecita dell’intrapreso. mane s.vo f.le pl. di mana = mano, estremità dell'arto superiore formata dal polso, dalla palma, dal dorso e dalle cinque dita; à funzione di organo prensile e tattile ; etimologicamente la voce mana, deriva da un accusativo latino manu(m) reso femminile *mana(m); anche nel toscano anticamente la mano fu mana. 9.Menà fuoco pe ll’uocchie(*) Ad litteram:Emettere fuoco da gli occhi; détto iperbolicamente di chi sia tanto irato, teso, ansioso, e si trovi perciò in uno stato di animosita, irritabilità, irrequietezza o isteria tale da sprigionare metaforico fuoco attraverso gli occhi. fuoco s.vo neutro 1 l'insieme degli effetti di calore e di luce che, nella combustione, si manifestano con la fiamma; 2 (fig.) calore intenso (di febbre, di passione, di sentimento), ardore; voce dal lat. fŏcu(m)→fuoco con tipica dittongazione della vocale breve. uocchie s.vo m.le pl. di uocchio = occhio, organo della vista, di costituzione e fisiologia diverse secondo il tipo di animale;voce dal lat. ŏcŭlu(m)→ ŏclu(m)→uocchio. 10.Menarse ‘a copp’abbascio(*) Ad litteram:Buttarsi giú dall’alto in basso Id est Suicidarsi precipitandosi dall’alto. ‘a coppa locuzione prepositiva ed avv.bio = da sopra/dall’alto formato dalla preposizione da→(d)a→’a e dal s.vo coppa che è da un acc.vo tardo lat. cuppa(m) per il cl. cupa(m) usato come parte invariabile. abbascio avverbio = abbasso,in giú, di sotto, in basso dalla loc. a basso, sul modello del fr. à bas; normale nel napoletano il fatto che la sibilante s scempia o doppia seguíta da vocale evolva nel gruppo palatale sci (cfr. súsia→sciúscia, coxa(m)→cossa(m)→coscia etc.) 11.Menarse dint’ê vvrache Ad litteram: buttarsi nelle imbracature. Id est rallentare il proprio ritmo lavorativo, lasciarsi prendere dalla pigrizia, procedendo a rilento, quando non addirittura con neghittosità.L'icastica espressione che suole riferirsi al lento agire soprattutto dei giovani, prende l'avvio dall'osservazione del modo di procedere di cavalli che quando sono stanchi, sogliono appoggiarsi con le natiche sui finimenti posteriori detti vrache s.vo f.le pl. di vraca =1 in primis braca, pantalone; 2per traslato imbracatura che serve ad imbracare le bestie segnatamente quelle da soma; voce dal lat. volg. braca(m)→vraca marcata su di una voce gallica. 12.Menarse dint’ê ccampane(*) Ad litteram:Gettarsi nelle campane Id est Far le viste di essere insordito,stordito, frastornato, chiamarsi fuori, dare ad intendere di non essere nelle condizioni di comprendere di cosa si stia parlando o che cosa occorra fare, evitare di farsi coinvolgere adducendo a scusante improvvisa debilitazione come chi gettatosi a ridosso di campane in funzione ne resti assordato, intontito e perciò fiaccato, stremato al segno di non poter esser chiamato in causa o all’azione. dint’ê preposizione articolata che riproduce l’italiano nelle, per formarla nel napoletano si fa ricorso alla preposizione impropria dinto (dentro – in dal lat. dí intro→dint(r)o→dinto 'da dentro'); come ò già détto alibi e qui ripeto: le locuzioni articolate formate con preposizioni improprie ànno nel napoletano tutte una forma scissa, mantenendo separati gli articoli dalle preposizioni e mentre nell’italiano s’usa far seguire alla preposizione impropria il solo articolo, nel napoletano occorre indefettibilmente aggiungere alla preposizione impropria non il solo articolo, ma la preposizione articolata formata con la preposizione semplice a ( ad es. nell’italiano si à: dentro la stanza, ma nel napoletano si esige dentro alla stanza e ciò per riprodurre correttamente il pensiero di chi mentalmente articola in napoletano e non in italiano) per cui le locuzioni articolate formate da dinto a e dagli articoli ‘o (lo/il), ‘a (la) ‘e (i/gli/le) saranno rispettivamente dint’ô dint’â, dint’ê che rendono rispettivamente nel/néllo,nélla,negli/nelle. campane s.vo f.le pl. di campana = campana, strumento a forma di vaso rovesciato, solitamente di bronzo, che viene percosso da un battaglio appeso nell'interno o da un martello esterno; voce dal lat. tardo campana(m), da (vasa) campana, propr. '(vasi di bronzo) della Campania' 13.Menarse sott’â bbannera. (*) Ad litteram:Porsi sotto la bandiera (vittoriosa) Id estSchierarsi con il piú forte, salire sul carro del vincitore; in senso piú esteso cercare il proprio tornaconto scegliendo lo schieramento piú favorevole che non richieda eccessivo impegno e/o coraggio, ma che prospetti, con poco dispendio di energie, ottimi frutti. La locuzione in esame è talora sostituita con l’analoga Abbaccà cu chi vence che à una variante in Abbaccà addó vencelocuzione che ad litteram vale : Andare con chi vince e nella variante andare dove si vince Tali locuzioni stigmatizzano piú di quella sub 13., il vile comportamento di chi per opportunismo pratico o morale è solito balzare sul carro del vincitore e colludere con lui; tale sport è - da sempre - lo sport tipico dell’italiano medio. sott’â = sotto la locuzione prepositiva articolata formata dalla preposizione impropria sotto (dal lat. subtus, deriv. di sub 'sotto') addizionata della preposizione articolata â che corrisponde all’italiano alla in quanto crasi (scrittura contratta/fusione) della preposizione a + l’articolo ‘a cosí come alibi l’ ô corrisponde all’italiano allo/al in quanto crasi (scrittura contratta/fusione) della preposizione a + l’articolo ‘o ed infine l’ ê corrisponde all’italiano alle/ a gli/ai in quanto crasi (scrittura contratta/fusione) della preposizione a + l’articolo ‘e. Il fatto è che solo pochissimi poeti e/o scrittori napoletani ànno o ebbero dimestichezza con le crasi o si rifiutano/rifiutarono di usarle ritenendole troppo eleganti, di competenza dei solo addetti ai lavori e/o poco popolari e di difficile fruizione per il pubblico medio. A mio avviso è invece giusto ed opportuno che chi à qualche piccola competenza piú degli altri faccia proseliti, tirando le orecchie (se occorre) anche a Di Giacomo, Eduardo e soci, con buona pace di taluni intellettuali iconoclasti delle regole grammaticali d’antan! Preciso che la necessità dell’uso della preposizione articolata dipende dal fatto che nel napoletano, cosí come nell’italiano, le locuzioni articolate formate con preposizioni improprie ànno tutte una forma scissa, mantenendo separati gli articoli dalle preposizioni e mentre nell’italiano s’usa far seguire alla preposizione impropria il solo articolo, nel napoletano occorre aggiungere alla preposizione impropria non il solo articolo, ma la preposizione articolata formata con la preposizione semplice a ( ad es. nell’italiano si à: sotto il tavolo, ma nel napoletano si esige sotto al tavolo e ciò per riprodurre correttamente il pensiero di chi mentalmente articola in napoletano e non in italiano). bannera s.vo f.le 1 in primis bandiera, drappo, insegna, vessillo, banda 2 per estensione schiera, schieramento, drappello, fila, truppa, colonna, falange; voce adattamento locale (nd→nn/ié→è) di un provenz. di origine germanica bandiéra→bannèra, abbaccà verbo intr.= andar con - colludere (con) deriva da un latino medioevale ad + vadicare frequentativo di vadere.secondo il seguente percorso morfologico ad-vadicare→ad-badicare→abba(di)care→abbaccare In chiusura rammento che tutte le espressioni che qui ò contraddistinte con (*) sono attestate oltre che con il verbo menà/menarse anche con il verbo vuttà/vuttarse e tale vuttà/vuttarse = buttare/buttarsi è analogo in tutte le accezioni al pregresso menà/menarse anche se il vuttà/vuttarse à un senso, un significato,un tono,un carattere piú marcatamente irruenti. Non mi pare ci sia altro da aggiungere per cui mi fermo qui, sperando d’avere accontentato l’amico N.C. ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e chi forte dovesse imbattersi in queste paginette. Satis est. Raffaele Bracale

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