martedì 28 gennaio 2014

VARIE 2841

1.'A VARCA CAMMINA E 'A FAVA SE COCE. Letteralmente: la barca cammina, e la fava si cuoce. Estensivamente: gli affari progrediscono ed il sostentamento è assicurato. La locuzione mette in relazione il cuocersi della fava (che indica, con il riferimento al cibo in cottura, la sopravvivenza,id est la continuata abbondanza di cibo) con il cammino della barca, ossia con il progredire delle attività economiche, per cui sarebbe piú opportuno tradurre: se la barca va, la fava cuoce. Il proverbio, che fa riferimento all’attività marinaresca-commerciale, nacque, quasi certamente in paesi della zona costiera lí dove parecchi traevano i loro guadagni o dalla pesca o dai commerci marinareschi. varca= barca ed estensivamente ogni natante più o meno grande adibito al lavoro o al diporto; sost. femm. derivato da un tardo latino barca(m) con consueta alternanza partenopea b/v. cammina = cammina, progredisce ma qui naviga, voce verbale (3° pers. sing. ind. pres.) dell’infinito cammenà= camminare muoversi, spostarsi da un punto a un altro a piedi; per estens., passeggiare muoversi, avanzare, detto di veicoli, imbarcazioni etc. denominale di cammino che è dal lat. volg. *camminu(m), di orig. celtica; fava = fava pianta erbacea con foglie paripennate, fiori bianchi macchiati di nero e legume a baccello contenente semi commestibili, di color verde e della forma di un grosso fagiolo appiattito (fam. Leguminose) (estens.) il seme commestibile della pianta; sost. femm. derivato dal at. faba(m); coce= cuoce, viene a cottura voce verbale (3° pers. sing. ind. pres.) dell’infinito còcere sottoporre al calore del fuoco gli alimenti per renderli mangiabili e digeribili, o sostanze quali vetro, argilla ecc. per renderle adatte a determinati usi: bruciare, ustionare; per estens., seccare, inaridire con derivazione da un basso latino cocere per il class. coquere. 2. ‘A VERITÀ È COMME A LL’UOGLIO ASSOMMA SEMPE! Ad litteram: La verità è come l’olio: viene sempre a galla! Affermazione popolare quasi assiomatica,tesa a ricordare che, nella vita,è inutile tentar di nasconderla, giacché per quanto si cerchi di celarla con bugie, falsità, bubbole, balle, sotterfugi, favole, fandonie, frottole, panzane, fole,volontarie o involontarie, la verità affiora sempre, appalesandosi quasi che avesse il medesimo leggero peso specifico dell’olio che versato in un bicchiere d’acqua rimane in superficie e non precipita mai. verità= verità, ciò che è conforme al vero (dal nom. lat. veritas piuttosto che dall’acc. veritate(m) dal quale invece scaturisce l’italiano verità che in origine fu appunto latinamente veritate, il tutto deriv. di vìrus 'vero'; comme= come, alla stessa maniera di, derivato del lat.quomo abbreviazione di quomodo 'in qual modo' con tipico raddoppiamento popolare della m (vedi alibi: ommo←homo,nomme←nomen etc.) e semplificazione del dittongo mobile uo→o cosí come capita nella lingua italiana: buono→bontà, suono→sonata etc.;altre volte invece tale dittongo si semplifica in u (muorto→murticiello, buono→bunariello etc.);rammenterò la particolarità della parlata napoletana che relativamente all’avverbio a margine e ad altri avverbi e preposizioni improprie quali ‘ncoppa (sopra), sotto, ‘mmiezo (in mezzo) richiede sempre l’aggiunta della preposizione semplice a (che comporta la geminazione della consonante iniziale della parola successiva) o delle sue composte â(alla), ô (allo) ê (a gli, alle) per cui si avrà in italiano come te ed in napoletano comme a tte (notasi, come detto la geminazione della consonante t), sopra te o sopra di te ed in napoletano ‘ncoppa a tte, ancóra: in italiano sotto il tavolo ed in napoletano sott’ô tavulo etc. ‘uoglio= olio; in napoletano il sostantivo a margine è neutro (si tratta di un alimento! cfr. Damme chest’uoglio= dammi quest’olio. fosse stato masch. avremmo avuto Damme chist’uoglio); etimo dal lat.tardo *oliu(m) per il classico oleu(m) che è dal gr. élaion con tipica dittongazione popolare d’avvio o>uo e consueto passaggio di l a gl come figlio. 3. 'A CHIERECA 'O PATE 'A LASSA Ê FIGLIE. Ad litteram: La tonsura il padre la lascia (in eredità ) ai figli. Id est: la professione, l'arte o mestiere esercitate da un genitore, solitamente passano dal padre ai figli che beneficiano anche della acquisita clientela del genitore, di talché quella professione, quell’arte o mestiere costituisce una vera e propria eredità, fonte di futuri guadagni. Di per sé la voce chierica (piccola rasatura tonda che i membri di alcuni ordini religiosi portano o meglio, portavano fino a poco tempo fa come segno del proprio stato in cima al capo) usata nel proverbio in epigrafe è la tonsura, ma qui adombra in quanto segno evidente una qualsiasi arte e/o mestiere, in ispecie quelle esercitate in piazza (barbieri, falegnami e simili) in bottega o, estensivamente, quelle professioni per le quali si conduce uno studio (medici, avvocati etc.); va da sé che la voce chiereca adombra qualsiasi altra professione, arte o mestiere esercitata non solo in proprio, ma anche alle dipendenze, specialmente quando un genitore riesce con i suoi buoni uffici ad indirizzare il proprio figliuolo sulla propria strada lavorativa (quante mezze cartucce di giornalisti imperversano nei e sui media solo perché figli di penne e/o microfoni!) Etimologicamente la voce chiereca deriva dal lat. eccl. clerica(m) (tonsionem) '(tonsura) dei chierici'; pate =padre, genitore ma estensivamente anche antenato etimologicamente dritto per dritto dal nominat. lat. pate(r); lassa =lascia, voce verbale (3° pers. sing. ind. pres.) dell’infinito lassà= lasciare, smettere di tenere, di sostenere, di stringere, dare in eredità, dal lat. laxare 'allargare, sciogliere', deriv. di laxus 'largo, allentato'; ê figlie = ai figli (maschi o maschi e femmine);in napoletano figlie è il plurale del masch. figlio; anche il femminile plurale della voce figlia è figlie,ma in unione all’articolo ‘e (le) o alla preposizione articolata ê (a+ ‘e= a+le=alle) comporta la geminazione della f iniziale dando ê ffiglie,(cosa che non avviene per il maschile ‘e/ ê figlie) per cui nella normale e tradizionale esposizione del proverbio in epigrafe si considerano ‘e figlie (i figli maschi o la totalità dei figliuoli, maschi e femmine); si fosse trovato scritto e detto ‘e ffiglie si sarebbe trattato esclusivamente delle figlie ( cioè delle femmine ); etimologicamente la voce figlio è dal lat. filiu(m), dalla stessa radice di fìmina 'femmina' e fecundus 'fecondo'. Raffaele Bracale

Nessun commento: