giovedì 10 agosto 2017

VARIE 17/808



1.'A CARNE SE JETTA I 'E CANE S'ARRAGGIANO.
Letteralmente: la carne si butta ed i cani s'arrabbiano. Id est: c'è abbondanza di carne, ma mancanza di danaro per acquistarla e ciò determina profonda rabbia in chi, non avendo pecunia, non può approfittare dell'abbondanza delle merci. Per traslato, il proverbio è usato in tutte le situazioni in cui una qualsiasi forma di indigenza è ostativa al raggiungimento di un fine che parrebbe invece a portata di mano; ciò vale anche nei rapporti tra i due sessi: per es. allorchè la donna si offra apertamente e l'uomo non abbia il coraggio di cogliere l'occasione; un terzo - spettatore, magari concupiscente, commenta la situazione con le parole in epigrafe.
2.'A CARNE SE VENNE Â CHIANCA
La carne viene venduta in macelleria.
Id est: per acquistare qualcosa bisogna rivolgersi al suo commerciante o per ottenere alcunché bisogna necessariamente rivolgersi a chi ne sia esperto;
insomma per ottenere qualcosa, non si può improvvisare, ma bisogna rivolgersi sempre al competente.
Di per sé la voce chianca (dal lat. planca) come significato primo varrebbe asse di legno; il significato di macelleria gli viene dal fatto che anticamente la carne venduta al minuto era esposta e sezionata su di un asse di legno; linguisticamente è normale in napoletano il passaggio di pl a chi (cfr. ad es. plus→cchiú, platea→chiazza, plumbeum→chiummo, clavum→chiuovo, plattu-m→chiatto etc.).
3.'A CARTA VÈNE E 'O JUCATORE S'AVANTA.
Il giocatore si vanta  delle buone carte  che riceve.
Il proverbio si cita a mo' di rimbrotto allorché qualcuno inopportunamente si glori di un qualche risultato positivo otte­ nuto, e voglia far credere che il fatto sia dipeso dalla sua abi­ lità e non dalle sopravvenute, fortunose circostanze favore­ voli; e tale è l'atteggiamento tipico di taluni spocchiosi gioca­ tori di carte non particolarmente abili, ma eccezionalmente fortunati, quelli che vengon detti pigliatori di carte, quelli cioè che - favoriti dalla sorte - vengono, nella distribuzione delle carte fomiti di un numero eccessivo di carte di per sé vincenti.
4. CASA CA NUN SÎ 'MMITATO NUN CE JÍ
Non andare nella casa dove non sei invitato..
...correresti il rischio di essere messo alla porta come fastidioso ed indesiderato.
5. CASA D' 'O FERRARO, 'O SPITO 'E LIGNAMMO...
Letteralmente: In casa del ferraio, lo spiedo è di legno. La locuzione è usata a commento sapido allorché ci si imbatta in persone dalle quali con le loro azioni (per la loro supposta, vantata professionalità) ci si attenderebbero, risultati adeguati ben diversi da quelli che invece sono sotto gli occhi di tutti.  Locuzione usata ad ironico commento di tutte quelle situazioni nelle quali, per accidia o insipienza dei prota­ gonisti vengono a mancare elementi che invece si pre­ supponeva non potessero mancare e ci si deve ac­ contentare di succedanei spesso non confacenti. Il proverbio consiglia di non meravigliarsi del fatto che spesso chi dovrebbe, per il suo status, essere in possesso di confacenti ferri del mestiere o adeguati arnesi, deve invece accontentarsi  di vili succedanei. Talvolta il proverbio non è usato come tale, ma - nel­ l'identica formulazione - come locuzione a sarcastico commento dei risibili risultati ottenuti da chi faceva le viste di fare mirabilie ed invece, per sua insipienza e dappocaggine,  con la sua erronea azione à prodotto scadenti risultati.
6. CASA D''O JUCATORE NUN C'È ÀUTRO CA DELORE.
Ad litteram: A casa del giocatore non v’è altro che dolore. Id est: in casa di chi è dedito al giuoco regnano solo disagio per i debiti accumulati e fastidio per le umiliazioni provate nel dover rimandare la soddisfazione di quei debiti.
Brak

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