giovedì 5 marzo 2020

JÍ ‘E RENZA , JÍ o GGHÍ ‘E SGUINCIO E JÍ o GGHÍ ‘E RAZZAVIELLO


JÍ ‘E RENZA , JÍ o GGHÍ ‘E SGUINCIO E JÍ o GGHÍ ‘E RAZZAVIELLO
Le  locuzioni in epigrafe parrebbe, a prima vista,  dicano la medesima cosa riferendosi ambedue ad un modo strano, non corretto di camminare. Non è cosí. C’è una differenza sostanziale tra le tre locuzioni;infatti jí ‘e renza si riferisce  effettivamente ad un modo di camminare identificandolo nel procedere  in modo obliquo, quasi inclinati su di un lato; diverso il jí/gghí ‘e sguincio che attiene  ad un modo di camminare e propriamente a quel modo che comporta un’andatura di sghimbescio, tortuosa, e mentre la prima locuzione è usata solo in riferimento al modo di camminare, la seconda  è riferita  non solo ad un modo di procedere, ma anche ad un modo comportamentale che sia scorretto, subdolo, non lineare, in una parola: sleale; con  la terza locuzione jí ‘e razzaviello si ritorna nell’àmbito della deambulazione e solo in quello; la locuzione infatti (indicando precisamente il solo reale  procedere a sghimbescio, in maniera ballonzolante a mo’ di trottola per di piú scentrata)  non è mai usata in senso traslato come succede invece  per gghí ‘e sguincio; non semplicissima l’etimologia del termine razzaviello peraltro assente nella gran parte dei calepini della parlata napoletana; il D’Ascoli che con il D’Ambra fu l’unico a trattare il termine, non lo indicó né come s.vo. né come agg.vo, né lo definí con chiarezza e fantasiosamente lo collegò all’agg.vo razzapelluso= ruvido a sua volta fatto derivare (sempre piú fantasiosamente) da raspulento= ruvido, rugoso, grinzoso;  non si capisce proprio quale possa essere la strada semantica seguíta dal D’Ascoli  per collegare qualcosa di ruvido, rugoso, grinzoso con qualcosa che proceda di  sghimbescio o in maniera ballonzolante. No, non ci siamo! A mio avviso, restio come sono a trincerarmi dietro un pilatesco etimo incerto o sconosciuto, ipotizzo che razzaviello sia un s.vo usato peraltro solo nella locuzione avv.le indicata formato attraverso l’agglutinazione del sostantivo razza (variante locale di razzo=raggio di ruota) con un derivato della voce verbale *avellere collaterale di *e(x)vellere= strappare nel significato di raggio (di ruota)allentato o divelto e dunque scentrato e ballonzolante cosa che rimetterebbe a posto la questione semantica e metterebbe fine alle fantasie del D’Ascoli;proseguiamo: sguincio viene dal francese guenchir (procedere di sbieco) cui è premessa una S rafforzativa; il termine renza viene dal participio presente del  verbo latino àerere= aderire; in napoletano infatti si dice pure tirarse ‘na renza cioè prendere un’abitudine, aderire ad un modo di fare; parlo anche di = andare; infinito del verbo (dal lat. ire)  usato anche  nella forma ghí/gghí(cfr. a gghí a gghí) verbo derivato dal lat. ire.Rammento che è scorretto usare il détto infinito nella forma í  atteso che la j= gh fa parte integrante del tema del verbo e non può essere impunemente eliminata! È pertanto assolutamente errato (come purtroppo càpita con la stragrande maggioranza di sedicenti  scrittori napoletani noti o meno noti!) rendere in napoletano l’infinito di andare  con la sola vocale i  talvolta, come indicato,  accentata (í) talvolta, peggio ancóra!,  seguíta da uno scorretto segno d’apocope (i’);  la (i’) in napoletano è l’apocope del pronome io→i’ e non può essere anche l’apocope dell’infinito ire; l’infnito di andare in corretto napoletano è   oppure in talune esopressioni ghí/gghí  cosí come espressamente  sostenuto anche  dall’illustre  poeta Eduardo Nicolardi (Napoli 28/02/1878 -† ivi 26/02/1954)  che era solito  far coniugare per iscritto in napoletano il verbo andare (jí) a tutti coloro che gli sottoponevano i loro parti… poetici dialettali e quando errassero nello scrivere, vergando (í) oppure (i’) in luogo di oppure, ove del caso,  ghí,  li metteva decisamente alla porta consigliando loro di abbandonare il napoletano e la poesia! A margine rammento che il verbo jí/ghí  nella coniugazione dell’indicativo presente (1°,2° e 3° pers. sg.) si serve del basso latino *vadere/vadicare (con sincope dell’intera sillaba de/di) ed à: i’ vaco,tu vaje, isso va, mentre per 1° e 2°  pers. pl.usa il tema di ji –re  ed à nuje jammo, vuje jate  per tornare a *va(di)c-are per la 3° ps. pl che è  lloro vanno.
Raffaele Bracale

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