JÍ ‘E RENZA , JÍ o GGHÍ ‘E SGUINCIO E JÍ o GGHÍ ‘E
RAZZAVIELLO
Le locuzioni in epigrafe parrebbe, a prima
vista, dicano la medesima cosa
riferendosi ambedue ad un modo strano, non corretto di camminare. Non è cosí.
C’è una differenza sostanziale tra le tre locuzioni;infatti jí ‘e
renza si riferisce
effettivamente ad un modo di camminare identificandolo nel
procedere in modo obliquo, quasi
inclinati su di un lato; diverso il jí/gghí ‘e sguincio che attiene ad un modo di camminare e propriamente a quel
modo che comporta un’andatura di sghimbescio, tortuosa, e mentre la prima
locuzione è usata solo in riferimento al modo di camminare, la seconda è riferita
non solo ad un modo di procedere, ma anche ad un modo comportamentale
che sia scorretto, subdolo, non lineare, in una parola: sleale; con la terza locuzione jí ‘e
razzaviello si ritorna nell’àmbito della deambulazione e solo in
quello; la locuzione infatti (indicando precisamente il solo reale procedere a sghimbescio, in maniera
ballonzolante a mo’ di trottola per di piú scentrata) non è mai usata in senso traslato come succede
invece per gghí ‘e sguincio; non
semplicissima l’etimologia del termine razzaviello peraltro assente nella gran parte dei calepini della
parlata napoletana; il D’Ascoli che con il D’Ambra fu l’unico a trattare il
termine, non lo indicó né come s.vo. né come agg.vo, né lo definí con chiarezza
e fantasiosamente lo collegò all’agg.vo razzapelluso=
ruvido a sua volta fatto derivare (sempre piú fantasiosamente) da raspulento= ruvido, rugoso, grinzoso; non
si capisce proprio quale possa essere la strada semantica seguíta dal D’Ascoli per collegare qualcosa di ruvido, rugoso, grinzoso con qualcosa che proceda di sghimbescio o in maniera ballonzolante. No,
non ci siamo! A mio avviso, restio come sono a trincerarmi dietro un pilatesco
etimo incerto o sconosciuto, ipotizzo che razzaviello sia un s.vo usato peraltro solo nella locuzione avv.le
indicata formato attraverso l’agglutinazione del sostantivo razza (variante locale di razzo=raggio di ruota) con un derivato
della voce verbale *avellere collaterale
di *e(x)vellere= strappare nel
significato di raggio (di ruota)allentato
o divelto e dunque scentrato e ballonzolante cosa che rimetterebbe a posto
la questione semantica e metterebbe fine alle fantasie del
D’Ascoli;proseguiamo: sguincio
viene dal francese guenchir (procedere
di sbieco) cui è premessa una S rafforzativa; il termine renza viene dal participio presente del verbo latino àerere= aderire; in napoletano infatti si dice pure tirarse
‘na renza cioè prendere un’abitudine, aderire ad un modo di fare; parlo
anche di jí= andare; infinito del verbo jí (dal
lat. ire) usato anche
nella forma ghí/gghí(cfr. a gghí a gghí) verbo
derivato dal lat. ire.Rammento che è scorretto usare il détto infinito jí
nella forma í atteso che
la j= gh fa parte integrante del tema del verbo e non può essere
impunemente eliminata! È pertanto assolutamente errato (come purtroppo càpita
con la stragrande maggioranza di sedicenti
scrittori napoletani noti o meno noti!) rendere in napoletano l’infinito
di andare con la sola vocale i talvolta, come indicato, accentata (í) talvolta, peggio
ancóra!, seguíta da uno scorretto segno
d’apocope (i’); la (i’) in napoletano è l’apocope del
pronome io→i’ e non può essere anche l’apocope dell’infinito ire;
l’infnito di andare in corretto napoletano è jí oppure in talune esopressioni ghí/gghí cosí come espressamente sostenuto anche dall’illustre
poeta Eduardo Nicolardi (Napoli 28/02/1878 -† ivi 26/02/1954) che
era solito far coniugare per iscritto in
napoletano il verbo andare (jí) a tutti coloro che gli sottoponevano i loro
parti… poetici dialettali e quando errassero nello scrivere, vergando (í)
oppure (i’) in luogo di jí oppure, ove del caso, ghí,
li metteva decisamente alla porta consigliando loro di abbandonare il
napoletano e la poesia! A margine rammento che il verbo jí/ghí nella coniugazione dell’indicativo presente
(1°,2° e 3° pers. sg.) si serve del basso latino *vadere/vadicare (con
sincope dell’intera sillaba de/di) ed à: i’ vaco,tu vaje, isso
va, mentre per 1° e 2° pers. pl.usa il tema di ji –re ed à nuje jammo, vuje jate per tornare a *va(di)c-are per la 3° ps. pl che è
lloro vanno.
Raffaele Bracale
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