CUMPAGNE, FUOCO ‘E MUNTAGNA!
Questa volta è stato il
caro amico P. G. (i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad
indicare solo le iniziali di nome e cognome) a
chiedermi via e-mail di chiarirgli
significato e portata dell’ espressione partenopea in epigrafe.
Pur trattandosi di un’espressione che, nella sua
icasticità,non mi pare necessiti di
applicazione soverchia per venirne a capo stante la chiarezza dell’enunciato, ò
provveuto alla bisogna nel modo che segue:
Caro amico l’espressione di cui mi chiedi non necessita di
traduzione in italiano in quanto, nella
lingua nazionale non muta affatto nel suo significato di “Compagni, fuoco di montagna” ripete
causticamente ciò che l’esperienza insegna
e cioè che i compagni, (id est: gli amici, i colleghi,e/o piú in generale
gli alleati, i confidenti, i
conoscenti)sono fuoco di montagna! Ora, atteso che con l’espressione “fuoco di
montagna” si intende la lava vulcanica se ne deduce che come la lava,
icompagni, gli amici, i colleghi,e/o piú in generale gli alleati, i confidenti, i conoscenti sono
parimenti pericolosissimi e perciò da
evitare, tenendosene lontano.Insomma, caro amico l’espressione esaminata mette
in guardia dall’amicizia, dall’ affiatamento, dall’affinità, dalla confidenza, dalla
dimestichezza ed addirittura dalla fratellanza e dalla simpatia ritenute tutte
potenzialmente pericolose al pari del magma cioè del materiale fluido che
fuoriesce ad altissima temperatura alla superficie della crosta terrestre.
Rammento infine che il termine COMPAGNO, nei significati
ricordati, etimologicamente è dal
nominativo del lat. mediev. companio -onis, composto di cum «insieme con» e panis «pane»,
propriamente «colui che mangia il pane con un altro», mentre il sostantivo LAVA
( che indica sia il prodotto di un’eruzione vulcanica[ quello cui si fa
riferimento nell’espressione], sia anche una copiosa, quasi torrentizia caduta
di acqua, [quella cui ci si riferisce con l’espressione ‘A LAVA D’’E VIRGENE (cfr. alibi) che indicò quel tumultuoso torrente di acqua piovana che
a Napoli fino agli inizi degli anni ’60 del 1900, quando furono finalmente
adeguatamente sistemate le fogne cittadine, si precipitava dalla collina di
Capodimonte sulla sottostante via dei Vergini (cosí chiamata perché nella zona
esisteva un monastero di Verginisti antica congregazione religiosa di
predicatori) e percorrendo di gran carriera la via Foria si adagiava,
placandosi, in piazza Carlo III, trasportando seco masserizie,ceste di frutta e
verdura e tutto ciò che capitasse lungo il suo precipitoso percorso.] etimologicamente
è dal lat. labe(m) 'caduta, rovina',
deriv. di labi 'scivolare' ]. E qui penso di poter far punto convinto d’avere
esaurito l’argomento, soddisfatto l’amico P.G. ed interessato qualcun altro dei
miei ventiquattro lettori e piú genericamente
chi dovesse imbattersi in queste paginette.Satis est.
Raffaele Bracale
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