CARTA CANTA ‘NCANNUOLO!
Questa volta spendo qui di sèguito poche parole per
illustrare al caro amico P. G. (i
consueti problemi di riservatezza mi costringono ad indicare solo le iniziali
di nome e cognome) che me ne à richiesto,
significato e portata dell’ espressione partenopea in epigrafe che tradotta in lingua nazionale
vale: Carta canta nell’astuccio! Premetto che si tratta di un’antica e desueta
locuzione risalente addirittura al tempo di Giambattista Basile[Giugliano in
Campania, 15 febbraio 1566 - †ivi, 23 febbraio 1632) che la riportò anche nelle sue Muse
Napolitane. La locuzione esclamativa la si poteva cogliere sulle risentite
labbra di chi si sentisse ingiustamente accusato di non aver titolo di possesso
di un bene da lui detenuto. Infatti la
“carta” della locuzione altro non è che un documento, un atto per solito
notarile e non scrittura privata che comprovava un’avvenuta compravendita e
significava titolo di possesso. A quei tempi ogni atto redatto da un notaio
veniva consegnato al cliente avvolto a mo’ di rotolo inserito in un astuccio
metallico [détto cannuolo] che preservasse il documento dalle ingiurie del
tempo. Il proprietario di un bene avvalorato dall’atto d’acquisto poteva ben
usare la locuzione in epigrafe per protestare il suo buon diritto. E qui penso di poter far punto convinto
d’avere esaurito l’argomento, soddisfatto l’amico P.G. ed interessato qualcun
altro dei miei ventiquattro lettori e piú genericamente chi dovesse imbattersi in queste
paginette.Satis est.
Raffaele Bracale
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