mercoledì 19 novembre 2008

MO’, MO ed altro.

MO’, MO ed altro.

Nel dialetto o lingua napoletana che sia, vuoi nei testi scritti che nel comune parlare si trova o si sente spessissimo il vocabolo in epigrafe usato per significare: ora, adesso e, talvolta esso vocabolo trasmigra addirittura nell’italiano con il medesimo significato.Ciò che voglio trattare è innanzitutto il suono da assegnare alla vocale (o) che nel dialetto cittadino è pronunciata e va pronunciata con timbro aperto (mò) mentre nella provincia scivola verso una pronuncia chiusa (mó).
Detto ciò passiamo ad un altro problema; come si scrive la parola in epigrafe?
Il problema non è di facilissima soluzione posto che non v’è identità di vedute circa l’etimologia della parola, unica strada da percorrere per poter addivenire – con buona approssimazione – ad una corretta soluzione;
vi sono infatti parecchi scrittori e/o studiosi partenopei e non che fanno discendere il termine dall’ avv. latino modo che accanto a molti altri significati à pure quello di ora, adesso; ebbene, qualora si scegliesse questa strada sarebbe opportuno scrivere mo’ tenendo presente il fatto che allorché una parola viene apocopata di un’intera sillaba, tale fatto deve essere opportunamente indicato dall’apposizione di un segno diacritico (‘).
Se invece si fa derivare la parola mo dall’avverbio latino mox ora, subito, come io reputo che sia, ecco che la faccenda diviene piú semplice e basterà scrivere mo senza alcun segno diacritico o accento atteso che quando un termine per motivi etimologici perde una sola lettera (consonante)in fin di parola e non per elisione allorché – come noto – a cadere è una vocale, non è previsto che ciò si debba indicare graficamente come avverrebbe invece se a cadere fosse una intera sillaba;
ecco dunque che ciò che accade per il mo derivante da mox uguale cosa accade in napoletano per la parola cu (con) derivante dal latino cum , per pe (per) dove cadendo una semplice consonante (r) e non una sillaba non è necessario usare il segno dell’apocope (‘) ed il farlo è inutile, pleonastico, in una parola errato!La stessa cosa succede per l’avverbio po/ppo (poi) che deriva dal lat. post e che in napoletano non va reso con po’ in quanto nel napoletano il po’ è già l’apocope di po(te)→po’ e significa può; pertanto sbagliano tutti i sedicenti scrittori o poeti partenopei quando rendono il poi con un incongruo po’ invece di usare le corrette forme po/ppo marcate sul lat. po(st) e non sull’italiano poi.
Raffaele Bracale

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