SCROCCHE, SCROCCOLE, SCRUOCCHE, SCRUOCCOLE
Se non mi confondo, tutte le parole in epigrafe (le prime due femminili (con etimo di tipo onomatopeico), le altre due voci maschili (anche esse con etimo di tipo onomatopeico, sebbene per scruoccole si possa pensare ad una corruzione di tipo popolare della voce zuoccolo (dal lat. socculu(m), dim. di soccus sandalo, (zoccolo)) indicano appunto una sorta di zoccolo, un particolare tipo di calzatura con la suola (alta 2 o3 cm.) in legno, priva di tacco e con il tomaio in duro corame quando non in gomma ricavata da copertoni di ruote d’automobile, fissato alla lignea suola con tipici brevi chiodi a testa grossa, detti centrelle (dal greco kéntron= chiodo) il tomaio di dette scrocche o scroccole, scruocche o scruoccole era troncato in punta per modo che spesso le dita dei piedi facevano capolino dalla calzatura che non aderendo completamente ai piedi permetteva solo un’andatura insicura che produceva un suono vagamente somigliante ad un crocrò donde la voce femminile scrocche con il diminutivo scroccole (vedi suff. ole da olus/ola), o i maschili scruocche, scruoccole. Dette calzature furono usate un tempo a Napoli e provincia e furono di quasi esclusiva pertinenza di ortolani, e pescivendoli ed in genere del popolo minuto che le usava come calzature da lavoro portandole su pesanti calze di lana usate a proteggere soprattutto la parte posteriore del piede che risultava scoperta dagli scruoccoli privi di tomaio sul forte (la parte della scarpa che chiude il tomaio posteriormente) .
Raffaele Bracale
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