lunedì 23 febbraio 2009

VARIE 110

1 -Te pareva!
Locuzione esclamativa che non va tradotta pedissequamente ad litteram: ti sembrava!, non avendo cosí alcun significato, ma che deve intendersi nel senso di: Siamo alle solite!, Me lo aspettavo!, Ci risiamo!, Non poteva mancare! e viene usata con un senso di risentito rammarico o da chi sia inopinatamente coinvolto in faccende temute che à cercato invano di evitare; o anche da chi debba, con dispiacere, notare che il comportamento tenuto da qualcuno nei suoi riguardi sia monotonamente , reiteratamente, prevaricante e deleterio e non si discosti mai da tale pessima linea di condotta.
2 -Te sî ffatto ‘e sorde?!
Ad litteram: ài fatto soldi?! Id est: ti sei arricchito?! Domanda retorica pronunciata nei confronti di chi, normalmente sodale con qualcuno, abbia fatto perdere le proprie tracce e si sia fatto rivedere solo dopo lungo tempo, facendo quasi sospettare di essere stato baciato dalla fortuna, ma non volendola condividere con i vecchi amici si sia reso irreperibile per parecchio tempo.
3 -Tieneme ca me tengo
Ad litteram: Règgimi, ché mi reggerò Locuzione usata per sarcasticamente descrivere il pessimo stato di salute di qualcuno, cosí debole e male in arnese che solo se retto da un soccorritore potrà reggersi in piedi.
4 - Tinco tinco specie nella locuzione venirsene tinco tinco
Modo di dire che è impossibile tradurre ad litteram, non esistendo un vocabolo preciso in italiano che ne indichi il significato.
Rammenterò qui che il napoletano non conosce il superlativo assoluto e lo rende con l'iterazione dell'aggettivo di grado positivo; ciò premesso dirò che la locuzione è usata per descrivere il comportamento pronto e sollecito, sebbene imperturbabile di chi, senza darlo a vedere o ad intendere persegue scaltramente uno scopo che si sia prefissato .
5 -Tirà 'o capo 'nterra
Ad litteram: tirare il capo a terra Detto con riferimento alla decisa attività di chi riesca a portare al termine positivamente un affare, a chi solertemente consegua un risultato, con linguaggio mutuato dai fabbricanti di cordame che per saggiare la consistenza di una fune fabbricata dovevano legarne un capo al muro ed ispezionare la corda procedendo a mo' di gambero; è chiaro che per potere fare tutto ciò dovevano prima reperire il capo della matassa .
6 -Tirà 'a recchia
Ad litteram: tirare l'orecchio ma il padiglione auricolare non c'entra nulla; la locuzione è un simpatico modo di dire per intendere: giocare a carte, con riferimento al noto tipico movimento che compiono le mani per spizzicare le carte tenute con una mano, mentre con l'altra si stropicciano l'una contro l'altra stringendone l'angolo superiore , per solito, destro e soffregandolo contro il similare di un' altra carta, tenuta sotto, per scoprire lentamente il seme ed il valore della carta nascosta; la posizione dell'angolo fa pensare quasi che si tratti di un metaforico orecchio della carta da giuoco.
7 -Tira a campà!
Ad litteram: continua a vivere! Invito perentorio ad andare avanti, senza mollare, procedendo per la strada intrapresa, senza lasciarsi condizionare né dalle persone, né da imprevisti accadimenti ostativi, senza dar peso a nulla e non ostante tutto, senza fermarsi.
8 -Tirarse 'a cazetta
Ad litteram: tirar su la calza Id est: estraniarsi da una vicenda, star sulle proprie, disinteressandosi di ciò che avviene attorno; ma anche: lasciarsi molto pregare o attendere prima di concedere alcunché; la locuzione richiama l'abitudine che avevano le iberiche persone di medio-alto rango che negli anni del 17° secolo, erano usi indossare lunghe calze di seta, e per distinguersi da quelli di piú basso ceto, che indossavano calze corte o cadenti, usavano tirarle continuamente verso il ginocchio. Tali altolocati personaggi erano quelli che, per abitudine evitavano di interessarsi a ciò che accedeva intorno a loro sia per non lasciarsi coinvolgere sia per non esser fatti destinatari di richieste o aiuti ai quali - comunque - avrebbero provveduto solo dopo molte preghiere.
9 -Trica e vene pesante
Ad litteram: Ritarda, ma giungerà pesante; ottimistica locuzione usata per rincuorare o assicurare qualcuno impegnato in un'operazione apparentemente lunga ed inconferente, rammentandogli che, sí: l'attesa sarà lunga e sofferta, ma - quasi certamente - il risultato sarà importante e sostanzioso, per cui non bisogna perdersi d'animo ed insistere nell'operato.
10 -Trasí 'e spichetto
Ad litteram: entrare di straforo; id est: entrare alla chetichella, per il rotto della cuffia, obliquamente; per estensione: godere immeritatamente di un qualche beneficio; lo spichetto in realtà è un ritaglio di stoffa tagliato obliquamente in forma triangolare ed inserito nei margini di un taglio per consentire uno slargamento dell'indumento cui venga applicato;per traslato sta ad indicare lo straforo della traduzione.
11 -Truvà 'a forma d''a scarpa soja
Ad litteram: trovare la forma della (propria) scarpa id est: imbattersi in qualcuno fatto come noi e perciò capace di contrastarci adeguatamente, rendendoci pan per focaccia, mettendoci un freno e magari riducendoci al silenzio atteso che costui abbia la nostra medesima conformazione, anzi iperbolicamente sia titolare di quella forma su cui è stata impiantata la nostra scarpa, ossia il nostro modo di essere.
12 -Trasí dint' â scazzetta d''o parrucchiano
Ad litteram:entrare nello zucchetto del prevosto; id est: ficcare il naso in faccende altrui che non dovrebbero riguardare, tentare di por bocca nelle questioni riservate degli affari non di nostra competenza, come non ci dovrebbe riguardare cosa nasconda lo zucchetto del sacerdote.
13 -Tu me cieche e i' te foco nella locuzione facimmo tu me cieche e io te foco.
Ad litteram: Tu mi accechi ed io ti strangolo nella locuzione facciamotu mi accechi ed io ti strangolo.
Espressione usata, in ispecie con la locuzione indicata, per indicare che si intende rispondere per le rime ad ogni azione ricevuta, ricambiando male con male, cattiveria con cattiveria, al segno che i rapporti derivanti saranno di lotta perenne, atteso che nessuno dei contendenti à in animo di voler recedere e di sopportare un torto subíto ; la locuzione un tempo era normalmente usata a sapido commento dei rapporti turbolenti dei ragazzi di casa in perenne contrasto tra di loro.
14 -Turnà a coppe
Ad litteram: tornare a coppe id est: ribadire continuamente ed ostinatamente i medesimi concetti, ritornare impudentemente sui medesimi argomenti, già abbondandemente trattati e sceverati e farlo quindi inutilmente se non irritantemente. Modo di dire richiamante una ipotetica fase del giuoco del tressette, allorché un cattivo giocatore, contravvenendo i desideri del compagno, ritornasse erroneamente a mettere in tavola il seme di coppe.Difficile, se non impossibile stabilire perché, dei quattro possibili: denari, spade, coppe e bastoni, per il modo di dire in epigrafe si sia scelto il seme di coppe; azzardo l'ipotesi, sulla quale però non son disposto a giurare, che sia avvenuto per un inconscio richiamo al manuale del giuoco del tressette scritto in latino maccheronico e napoletano arcaico da un giocatore del 1700, tale Chitarrella, il quale ebbe a scrivere: si nun tiene che ghiucà, joca coppe(se non ài di che giocare, gioca coppe) ammantando di immeritata importanza il seme ricordato; ma è solo un'ipotesi che per quanto probabile, non è avvalorata da alcun riscontro storico.
15 -Tu nun cuse, nun file e nun tiesse: tanta gliuommere 'a do' t''e ccacce?
Ad litteram: Tu non cuci, non fili, né tessi, tanti gomitili da dove li tiri fuori?
E' questa l'ironica e chiaramente retorica domanda che si suole rivolgere a chi, notoriamente non occupato a fare oneste attività produttive, sia improvvisamente ed inspiegabilmente pervenuto ad accumulare ingenti quantità di danaro; lo gliummero della locuzione, normalmente - con derivazione dal lat. glomere(m) - significa gomitolo , ma talvolta sta per peculio, ed in particolare per una somma pari a ca. cento ducati d'argento che poteva esser messa insieme, senza lavorare , solo truffaldinamente.
16 -Tutto a Giesú e niente a Maria
Ad litteram: Tutto a Gesú e niente a Maria Cosí si suole stigmatizzare l'errato comportamento di chi, per mere simpatie, non supportate - per altro - da alcuna ragione, prediliga e privilegi qualcuno, a discapito di altri ugualmenti meritevoli di stima ed attenzione. Con la frase in epigrafe un anziano prevosto ebbe a redarguire il suo sacrista che, comandato ad addobbare gli altari dedicati al Cristo ed alla Vergine, riempí di fiori e ceri quello del Salvatore e lesinò gli addobbi a quello di Maria Ss.
17 -Tròvate chiuso e pierdete chist'accunto
Ad litteram:tròvati ad esser chiuso e perditi questo cliente.
Sarcastica locuzione che viene usata per significare la deprecabile situazione in cui si venga a trovare chi debba contrattare con cose o piú spesso persone fastidiose, noiose se non cattive e prevaricanti comeironicamente si afferma di un commerciante che inopinatamente si trovi a tener chiuso l'esercizio e non possa servire un avventore che in realtà risulta essere cattivo pagatore ed incontentabile, avventore che la locuzione lascia intendere che sarebbe piú opportuno perdere che trovare. Accunto = cliente (dal lat. ad-cognitu(m)→accognitu→accunto (conosciuto, noto come è ogni assiduo frequentatore di un esercizio commerciale).
18 -Tutt''o stuorto, s''o pporta 'a zappa
Ad litteram:Tutto l'irregolare viene portato via dalla zappa ; id est: il lavoro appiana le deformità, pone rimedio all'errato; per estensione: l'impegno attento e costante fa superare ogni difficoltà, come il taglio della zappa appiana le asperità del terreno.
19 -Tutte 'e cane pisciano 'nfacci' ô muro
Ad litteram: Tutti i cani mingono sul muro; id est: allorché un atteggiamento, anche se errato o riprovevole , sia tenuto da tutti quanti finisce per esser considerato giusto ed accettabile; locuzione che in maniera icastica rende a suo modo l'antico brocardo latino: error communis facit jus (l'errore comune diventa legge).
20 -Tomo tomo
Locuzione avverbiale che pur partendo da un aggettivo di grado positivo, nell'evidente iterazione non intende configurare, come invece nel caso di tinco tinco, un superlativo, ma solo ribadire fortemente un concetto e coè la subdola flemma di chi con apparente noncuranza e studiata seriosità mira ad un preciso scopo, senza volerlo far capire. Spesso la locuzione in epigrafe si accompagna allo scopo di aumentarne la portata a quella di cacchio, cacchio.
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