1. Dicette Pulicenella: I' nun so' ffesso, ma aggi' 'a fà 'o fesso, pecché facenno 'o fesso, ve pozzo fà fesse!
Letteralmente: Disse Pulcinella: Io non sono stupido, ma devo fare lo stupido, perché facendo lo stupido, vi posso gabbare (e posso ottenere ciò che voglio, cosa che, se non mi comportassi da stupido, non potrei ottenere). La locuzione in epigrafe è uno dei cardini comportamentali della filosofia popolare napoletana che parte da un principio assiomatico che, un po’ presuntuosamente, afferma: Cca nisciuno è ffesso! Id est: Qui (fra i napoletani) non v'è alcuno stupido!E coloro che lo sembrano, lo fanno per ottenere un tornaconto…
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2.’O Conte Mmerda 'a Puceriale
Letteralmente:Il conte Merda da Poggioreale. Così, per dileggio vien definito dal popolo napoletano colui che vanti falsamente illustri progenitori, o colui che si dia arie da nobiluomo incedendo con sussiego ed alterigia. Per la verità il personaggio in epigrafe esistette veramente in Napoli e tale nomignolo fu affibbiato dal popolo al patriarca di una famiglia napoletana che aveva il possesso di una villa nella zona di Poggioreale. Tale signore ebbe, sul finire del 1800, in appalto la gestione delle latrine comunali e si meritò ipso facto il sapido soprannome.
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3. Dicette 'o si' nutaro: Sulo 'o muorto à fatto 'o malo guadagno.
Disse il signor notaio: Solo il morto ha fatto un cattivo guadagno (avendoci rimesso la vita)... tutti gli altri, diventandone eredi, ànno lucrato qualcosa!
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4. Hê 'a murì rusecato da 'e zzoccole e 'o primmo muorzo te ll'à da dà mammèta.
Che possa morire rosicchiato dai grossi topi di fogna ed il primo morso lo devi avere da tua madre. Icastica maledizione partenopea giocata sulla doppia valenza del termine zoccola che, a Napoli, identifica sia il topo di fogna che la donna di malaffare.
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